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 2022  maggio 28 Sabato calendario

Criptovalute, sognare è pericoloso

Potremmo chiamarla la resistibile leggerezza delle cripto-valute. La leggerezza è quella dell’intangibilità. Il fascino è quello delle miniere tecnologiche che ricordano la corsa all’oro nella California del 1849. Ma tutto è diventato resistibile (sarebbe ingenuo dire improvvisamente) ora che sono andati in fumo 40 miliardi, più del crac Parmalat ed Enron messi insieme. In Corea del Sud la crisi ha scatenato una caccia all’uomo nei confronti di Do Know, il fondatore di TerraLuna, una delle piattaforme che aveva venduto il miraggio del cambio alla pari con il dollaro. I risparmiatori sono rimasti con il cerino in mano, ma come mai si sono fidati consegnando da tutto il mondo 40 miliardi a una valuta che non esiste ed è intangibile? La storia della moneta può dare qualche spunto: il termine viene dal latino monere , ammonire grazie alle oche del Campidoglio, dove risiedeva la zecca, che con il loro starnazzare salvarono Roma. La tradizione vuole che la moneta sia nata con Creso, re di Lidia, nel VII secolo a.C. Nel secolo successivo l’uso di coniare monete si diffuse nell’Impero persiano e in Grecia. Vennero così introdotte nel Mediterraneo occidentale e nell’Impero romano. Dopo l’era dei grandi regni e delle monarchie, nei secoli successivi iniziarono a battere moneta anche le Città-Stato come Genova e Firenze: i signori feudali divennero dei piccoli Re. 
In epoca più moderna il controllo della moneta è passato in capo a zecche e banche centrali. Tutte queste fasi storiche hanno avuto la stessa caratteristica: il diritto di «produrre» la moneta era alieno alle persone a meno di non nascere monarca o Gonzaga. I bitcoin e le altre e-monete sono invece emersi come strumenti liberi da qualunque potere centralizzato. Il fascino deriva anche dal fatto che chiunque può partecipare alla «stampa» con il proprio computer. «Io Banca Centrale lillipuziana» è il vero sogno che vende la criptomoneta. Peccato che sia un po’ come vendere la Luna.