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 2022  maggio 27 Venerdì calendario

Come fare pace secondo Kissinger

«I negoziati di pace devono iniziare entro i prossimi due mesi, prima che si creino sconvolgimenti e tensioni che non potranno essere superate facilmente. La soluzione ideale sarebbe il ritorno allo status quo ante (ossia Crimea alla Russia e influenza di Mosca su Donbass e Luhansk, ndr). Proseguire la guerra oltre questo punto non sarebbe difendere la libertà dell’Ucraina, ma una nuova guerra contro la Russia». «Ha parlato il cagasotto di Davos».
Questo, in breve, il riassunto delle parole pronunciate da Henry Kissinger, 99 anni e una mente più che lucida, in quel di Davos il 24 maggio a proposito della guerra in Ucraina, e la risposta che è stata inviata a stretto giro di Twitter da Mykhailo Podolyak, adviser del presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Podolyak non si è fatto pregare: ha postato una foto dell’ex segretario di Stato Usa con Vladimir Putin e ha vergato il seguente commento: «Con la stessa facilità con cui Mister #Kissinger propone di dare alla Russia parte dell’Ucraina per fermare la guerra, così un domani potrebbe essere d’accordo sul dar via la Polonia o la Lituania». Quindi l’affondo: «È un bene che gli ucraini in trincea non abbiano tempo per ascoltate i ’Cagasotto di Davos’ (panickers= i cagasotto, in inglese, ndr.). Sono leggermente occupati nella difesa della Libertà e Democrazia». Con le maiuscole.

Sono gli imprevisti del mestiere, e l’uomo che con Richard Nixon pose fine alla guerra del Vietnam per poi dedicarsi alla distensione coi russi con Gerald Ford non si sarà certo scomposto per la definizione che gli è stata appioppata. Perché Kissinger, già che c’era, prima di suggerire a Kiev di sedersi al tavolo con Mosca, ha anche osservato che la Russia è stata parte importante dell’Europa per almeno 400 anni ed è stata: «Garante della struttura di bilanciamento dei poteri in Europa nei momenti più critici». Parliamo del ruolo della Russia nelle due guerre mondiali, specie quando l’Armata Rossa marciò su Berlino nel 1945. Poi, ancora, l’osservazione: I«I leader europei non dovrebbero perdere di vista la relazione a lungo termine con Mosca, né tantomeno dovrebbero rischiare di spingere la Russia tra le braccia di un’alleanza duratura con la Cina» (tema sul quale abbiamo scritto su ItaliaOggi poco prima dello scoppio della guerra) Kissinger si mantiene coerente. La Russia deve restare nel concerto delle nazioni occidentali, non diventare junior partner della Cina, quello che l’Addormentato della Casa Bianca e la guerrafondaia (con i soldati degli altri) Ursula von der Leyen non hanno capito.

Anzi, nel caso dell’inconsistente (politicamente parlando) leader della Commissione europea, è peggio che andar di notte: perché malgrado le lungimiranti parole di Kissinger, lei è salita sul palco strappando l’applauso e dicendo che «Kiev deve vincere». Invece il vecchio Henry, che questi nani politici se li potrebbe mettere in giardino per poterli comodamente deridere ogni giorno, oltre a essere coerente sul tema della Russia che è e deve restare nazione occidentale, precisa quello che già sappiamo: «Spero che gli ucraini riescano a coniugare l’eroismo che hanno mostrato sinora in guerra con la saggezza (…). Il ruolo adatto all’Ucraina è essere uno stato cuscinetto neutrale anziché la frontiera dell’Europa». In altre parole: Kiev deve finlandizzarsi ed essere un ponte tra Oriente e occidente, quello che Kissinger sosteneva già otto anni fa preavvisando che, in mancanza di tale soluzione, ci sarebbe stata guerra (e c’è infatti stata). Altro, in questo momento, non è possibile ipotizzare.

Il bello è che, malgrado l’accusa di essere un cagasotto beccatasi da Podolyak, l’ex segretario di Stato americano e Zelensky sono in linea di principio d’accordo: l’uomo di Kiev, infatti, ha già detto che la precondizione per sedersi a negoziare con Putin è quella di un’Ucraina restituita ai suoi confini prebellici. Solo che, mentre Kissinger vuole conservare lo status quo e dunque lasciare la Crimea definitivamente alla Russia (penisola annessa nel 2014, la cui annessione è stata «consacrata» da un referendum riconosciuto solo dai russi), Zelensky rivuole anche quella e l’Occidente è convinto di infliggere a Mosca un’umiliante sconfitta. Una cosa che il Metternich di Washington sconsiglia vivamente proprio per le implicazioni a lungo termine.
Quando nel 1973 Israele si trovò a respingere l’assalto degli egiziani nella guerra del Kippur, l’ultimo giorno di guerra prima del cessate il fuoco le truppe di Gerusalemme erano a 96 km dal Cairo. Avevano vinto ma non stravinto, come Kissinger aveva voluto: questo per garantire un minimo di spazio di manovra agli egiziani ed evitare loro una sconfitta totale. Perché le sconfitte cocenti alimentano il revanscismo: e nel caso di un paese con 5mila testate atomiche, il revanscismo è da evitare.
Meglio, molto meglio, far capire ai russi che prendersela con l’Ucraina non è il caso e procedere, poi, alla creazione di uno spazio che possa essere un punto d’incontro. Lo schema di Henry non è diverso da quello applicato cinquant’anni fa: sicuri che non possa funzionare?