il Fatto Quotidiano, 26 maggio 2022
Gli aspiranti prof. senza carta
“Roma, niente carta e penna, eravamo in sei, tutti bocciati”. “Palermo, no carta e penna. Sei presenti. Tutti bocciati”. “Avellino, no carta e penna, un promosso su quindici”. E ancora: “Todi, no carta e penna, nessun promosso”; “Genova, no carta e penna, sette partecipanti tutti bocciati!”.
Sono solo alcune delle testimonianze degli aspiranti docenti che a inizio maggio hanno affrontato il concorso ordinario per prendere finalmente una cattedra a scuola. Ce ne sono tantissime, il tenore è lo stesso. Secondo i calcoli delle sigle sindacali e degli avvocati, sia per lo Stem – il concorso che riguarda le materie scientifiche e matematiche – sia per il concorso ordinario di altre classi, circa nove candidati su dieci sono stati bocciati subito.
Con questo dato, insieme alla disparità di trattamento sull’uso di carta e penna e ai casi di domande errate, la scuola perpetua la sua tradizione di fornire appigli per i ricorsi che rischiano di trasformare il concorso in un boomerang per il ministero dell’Istruzione. Si tratta infatti di un concorso molto atteso: indetto nel 2019, ha attraversato la caduta di un governo, le dimissioni di un ministro (Fioramonti) e la pandemia di Covid. “Eppure di questo passo si arriverà a settembre senza insegnanti – spiegano gli avvocati Simona Fell, Francesco Leone e Tiziana De Pasquale – Ci sono tutti i requisiti per annullare questi concorsi”. Le doglianze di chi ha partecipato iniziano proprio da carta e penna. “A Rionero in Vulture è stata vietata la carta ma non la penna” racconta un candidato. In un altro plesso è stata invece concessa anche la carta. Ma perché è così importante?
I candidati sono stati chiamati a rispondere a 50 domande in cento minuti. L’opinione dei tecnici del ministero è che non ci fosse bisogno di questi supporti, ma secondo molte testimonianze in alcuni casi erano richiesti calcoli e operazioni complessi e proprio la loro assenza avrebbe contribuito all’orda di bocciati. Inoltre, la regola pare non essere applicata in tutte le sedi d’Italia. Gli avvocati raccolgono testimonianze da tutte le provincie. C’è chi si è ritrovato a fare calcoli scrivendo sul banco o su parti del corpo: braccia, mani, ecc. (come si può vedere dalla foto a corredo dell’articolo, che arriva da un candidato per la classe di concorso A050, scienze naturali). “Nella mia sede abbiamo chiesto se potevamo avere carta e penna. Ci è stato risposto che l’Ufficio scolastico ha vietato di scrivere sui fogli. Chiedo: ‘E la penna? Si può avere?’. Risposta: ‘La penna sì. Loro hanno detto che non potete scrivere sui fogli. Ma se vuole può scrivere su tutto il banco. Oppure anche tatuarsi tutto il corpo di calcoli. Importante è non usare fogli’. Gli esercizi erano tanti, troppi”. Formule da ricavare, calcoli da fare. “Così ho preso la penna e ho cominciato a scrivermi sulle braccia. Con i primi cinque esercizi ho riempito le braccia, poi non avevo più parti del corpo scoperte da segnare”. Bocciata, come tanti altri. “Il presidente di commissione era basito: ‘Non mi è mai capitato di presiedere il concorso di una classe in cui in due giorni ci sono zero candidati che lo superano’”.
Proviamo a ricostruire il cortocircuito sulle indicazioni per l’uso di questi supporti: il ministero, per le classi di concorso Stem, ha emesso una circolare in seguito alle “numerose richieste di chiarimento formulate dai candidati” che specifica che “non sarà possibile l’uso di fogli di carta e penne”. La commissione nazionale, si legge, ha “reso noto che i quesiti oggetto delle suddette prove sono stati redatti in modo tale da non rendere necessario il loro utilizzo”. La circolare viene redatta perché l’anno scorso la procedura prevedeva espressamente che si potessero usare. Ma cosa accade per le altre classi di concorso? La linea seguita come approccio generale da parte degli Uffici è che in assenza di espressa indicazione da parte dei programmi o da parte della commissione nazionale non siano previsti supporti nello svolgimento delle prove. Non si potevano usare. Ma evidentemente non era chiaro a tutti.
A ogni modo, carta e penna non sono l’unica anomalia di questi concorsi. C’è anche la questione delle domande errate. Pure in questo caso le doglianze sono state raccolte dallo studio Leone-Fell&C. che ha presentato un ricorso al Tar incassando, il 18 maggio, un’ordinanza favorevole. Al Tribunale amministrativo infatti si era rivolta, tramite lo studio legale, una dei partecipanti al concorso ordinario per i posti comuni e di sostegno della secondaria. Tra i diversi rilievi c’era anche un quesito errato, una domanda su Francesco Petrarca e la collocazione della figura retorica sinestesia nella poesia più famosa del Canzoniere, “Chiare, fresche e dolci acque”. “L’errore era nella collocazione di questa figura retorica”, spiegano gli avvocati Fell, Leone e De Pasquale. E il Tar su questo aspetto del ricorso gli ha dato ragione. “Ma non è finita. Perché ci sarà un’udienza di merito e lì ai giudici amministrativi chiederemo proprio l’annullamento del concorso”, aggiungono. Anche perché è una recidiva: già ad aprile, il ministero ha dovuto annullare in autotutela due quesiti perché erano errati, uno sull’articolo 34 della Costituzione e un altro sulla densità di un solido immerso in un liquido. La correzione ha comportato una piccola rivoluzione delle graduatorie già pubblicate e l’ammissione alla prova orale di chi non aveva superato il quizzone per pochissimi punti. Ora si punta a capovolgere tutto.