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 2022  maggio 26 Giovedì calendario

Il nuovo mondo: un risiko di regioni

Persino al World Economic Forum in corso a Davos ci si è resi conto che la globalizzazione si sta frammentando. Purtroppo, sono l’invasione russa dell’Ucraina e la crescente assertività della Cina ad avere scosso leader politici e d’impresa, banchieri e accademici dal torpore spesso retorico dei dibattiti degli anni passati. Che il mondo stia alzando nuovi muri e creando nuovi blocchi di Paesi – nei commerci, nella tecnologia, nella scienza, nell’Internet, nel flusso delle informazioni – è una pessima notizia per la libertà e per il business. La tendenza, però, non è affatto nuova. Nei giorni scorsi, il presidente americano Biden ha proposto a 11 Paesi asiatici un nuovo accordo commerciale, l’Ipef, Indo-Pacific Economic Framework. È solo l’ultimo degli accordi del genere che sono stati creati nel mondo negli scorsi decenni. Secondo la Wto, l’Organizzazione Mondiale del Commercio, gli accordi sugli scambi tra un numero limitato di Paesi o tra due Paesi in passato erano pochi: nel 1970 ce n’erano in essere cinque, nel 1980 solo 12, nel 1990 in tutto 22. Oggi, 2022, sono 354, ai quali corrispondono 579 notifiche che i Paesi comunicano alla Wto quando entrano in un accordo bilaterale o plurilaterale. Solo nel 2021, le notifiche sono state 44 per gli scambi di merci e 23 per gli scambi di servizi. È una rete di norme e vincoli che negli anni si è sovrapposta a quella globalizzazione che pensavamo fosse sostanzialmente un libero mercato. In realtà, i trattati regionali o bilaterali creano regole e facilitazioni che favoriscono i Paesi che fanno parte dell’accordo ma escludono gli altri. In alcuni casi, sono utili perché fanno cadere barriere storiche. Ma in altri casi dividono, a maggior ragione quando sono pensati anche in funzione geopolitica. Alla base del libero commercio e della Wto (164 membri) c’è l’idea della liberalizzazione multilaterale aperta a tutti, – anche per evitare che si creino tensioni tra Paesi – fondata sulla clausola della Nazione più favorita, cioè sul concetto che i termini commerciali più favorevoli che un Paese offre a un altro automaticamente valgono per tutti. La Wto, che si basa su questa clausola non discriminatoria, prevede deroghe delle quali la Ue è l’esempio più consistente. Ma 354 deroghe al principio cardine della globalizzazione avrebbero dovuto fare riflettere. Anche al famoso Davos- Man.