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 2022  maggio 26 Giovedì calendario

La dottrina Zuppi per la Cei

Non una Chiesa di una parte, ma per tutti e di tutti. E insieme con una voce che torna a farsi sentire sui temi più delicati della società italiana. Potrebbe essere questo lo slogan che va a contraddistinguere il programma della Chiesa italiana con Matteo Zuppi presidente dell’episcopato. Non ci sono più progressisti e conservatori, tutti hanno diritto di voce e di ascolto. Nella Bologna dove Wojtyla e Ratzinger mandarono vescovi “di destra” per controbilanciare la presenza “a sinistra” della scuola dossettiana, Zuppi ha saputo unire le sensibilità più diverse e lontane accreditandosi come interlocutore affidabile di ognuno ed anche autorevole: quando c’è stata necessità di parlare non si è tirato indietro. Se una stagione può finire con lui presidente è quella delle contrapposizioni ideologiche, gli schieramenti anche all’interno della comunità ecclesiale. Ed anche quella di una Chiesa che teme di intervenire sui temi più divisivi della società.
Sinodalità significa anche conduzione comunitaria e più democratica della comunità ecclesiale, nell’ascolto di tutti, anche dei laici che devono guadagnare più peso e di chi è ai margini. Questo stile, del resto, era stato un’esplicita richiesta messa nero su bianco da Papa Francesco nel convegno ecclesiale di Firenze del 2015, in parte tuttavia disattesa. «La missione è quella di sempre – ha invece detto l’altro ieri Zuppi —: la Chiesa che parla a tutti e parla con tutti. La Chiesa che sta per strada e che cammina, la Chiesa che parla un’unica lingua, quella dell’amore, nella babele di questo mondo».
Le urgenze non sono solo interne ma anche di politica estera. Zuppi, come la Chiesa nei suoi rami diplomatici, lavora per la pace e ancora per unire dove regnano odio e divisione. «Quanto dolore in questi anni, prima con la pandemia del Covid e adesso con quella della guerra, inaccettabile, alla quale non possiamo mai abituarci», ha detto ieri in un saluto inviato dall’assemblea della Cei per la benedizione della Madonna di San Luca a Bologna. E ancora: «Dobbiamo sconfiggere l’odio, la violenza nelle parole e nellemani, il pregiudizio, le prese in giro, l’indifferenza che generano tanta divisione e favoriscono la guerra».
Le emergenze sono anche italiane, con una pandemia ancora attiva e che ha portato diverse persone a perdere il lavoro.Zuppi a Bologna ha donato i dividendi della Faac, multinazionale ereditata dalla diocesi al tempo di Caffarra, in opere di bene e in aiuti per gli indigenti. Da presidente della Cei senz’altro continuerà a spingere la Chiesa nel sostegno fattivo agli ultimi come già hanno fatto i suoi predecessori.
Un banco di prova delicato riguarda il tema della pedofilia del clero. La Chiesa italiana non ha ancora affrontato del tutto le sue colpe. Altre Chiese nel mondo hanno agito con più tempismo. In Italia una parte di vescovi non vuole un’indagine esterna sul modello di quanto fatto dalla Chiesa di Francia. Sulla carta anche Zuppi non sembra essere del tutto favorevole. Nei prossimi mesi su questo punto la Chiesa si giocherà parte della sua credibilità, il lavoro del mettersi dalla parte delle vittime ascoltando la voce di tutti.
Zuppi come Francesco ha sempre messo in campo un ascolto reale verso le persone Lgbt e, fra queste, verso le persone Lgbt credenti che per anni si sono sentite escluse dalla Chiesa. La Chiesa di Zuppi è la Chiesa del Vangelo, e cioè aperta a tutti. Sull’ascolto e l’accoglienza non si faranno sconti. Saranno due esercizi reali, che rimetteranno al centro l’idea di una comunità che è madre di tutti i suoi figli, nessuno escluso.
Ci sono sfide che attraversano la società e sulle quali la Chiesa italiana ha le sue idee. Fra queste, ad esempio, il fine vita. Zuppi non si è mai sottratto all’ascolto e al dialogo. Recentemente sull’eutanasia ha dialogato con Paolo Flores D’Arcais. Qui ha detto che una discussione in merito è utile perché serve per aiutarsi «a vivere insieme» pur fra «visioni diverse». A suo parere è «la politica che dovrebbe trovare soluzioni per tutti». Ma quando la politica fallisce ci si affida a un referendum lasciando che siano altri a decidere. Per Zuppi la legge sul testamento biologico lascia già una libertà, mentre, ha spiegato, il diritto all’eutanasia «è altra cosa».