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 2022  maggio 25 Mercoledì calendario

Perché il vaiolo delle scimmie non deve preoccupare

Con il passare dei giorni e con l’arrivo dei primi dati, si fa più chiaro il quadro relativo alla diffusione del virus del vaiolo delle scimmie. E il quadro è rassicurante.
Mentre scrivo, i casi segnalati sono 261, quelli accertati 171 e i Paesi interessati dai contagi sono 19. Fortunatamente, la maggior parte dei Paesi ha segnalato pochi casi, probabilmente però destinati a salire di qualche unità nei prossimi giorni. La Spagna è il Paese con più contagi, ben 102, seguita da Regno Unito con 56 casi e Portogallo e Canada e con 37 e 23 segnalazioni, rispettivamente. In Italia il numero di casi è salito a 5. Leggendo solo questi numeri, si potrebbe pensare all’inizio di una nuova pandemia ma, fortunatamente, ci sono ulteriori informazioni che ci spingono a ridimensionare l’allarme.
La prima – e forse la più importante – viene dall’analisi molecolare del virus. Il virus del vaiolo delle scimmie è endemico nell’Africa centrale e occidentale, dove circola tra i roditori, le scimmie, e spesso infetta anche gli esseri umani. Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, in Nigeria, nei primi 4 mesi del 2022 sono stati accertati 46 casi, mentre nella Repubblica Democratica del Congo, sempre nello stesso periodo, 1238. Il virus dell’Africa occidentale ha una mortalità intorno al 3,6% mentre quello che circola in Congo è responsabile di una malattia più severa che uccide il 10,6% dei contagiati. Negli anni passati, c’erano già stati dei contagi fuori dall’Africa, come nel focolaio del 2003 negli USA. Tuttavia, i casi erano sempre riconducibili a viaggi in Africa o a contatto diretto con animali infetti. Quello che questa volta ha colpito non solo l’opinione pubblica ma anche gli scienziati è l’ampia diffusione di un virus che è conosciuto per essere poco contagioso.
In questi anni abbiamo imparato il significato dell’indice di trasmissibilità R0, che indica il numero di infezioni causate da un soggetto infetto. Ebbene, per fare un confronto, mentre le nuove varianti Omicron del SARS-CoV-2 hanno un R0 superiore a 12, il virus del vaiolo delle scimmie ha un R0 inferiore a 1. Per dirla in maniera semplice, il timore degli scienziati era che la diffusione del vaiolo in così tanti Paesi potesse dipendere da un cambiamento del virus, una mutazione in grado di renderlo più trasmissibile. Questo, naturalmente, avrebbe rappresentato una reale emergenza sanitaria mondiale. Tuttavia, perché un virus cambi le sue caratteristiche di contagiosità o aggressività, è necessario che presenti delle mutazioni nella sua sequenza di DNA o RNA (il SARS-CoV-2 è un virus a RNA, mentre il virus del vaiolo delle scimmie ha un genoma a DNA). Il dato che quindi tutti abbiamo atteso era il sequenziamento del DNA virale per confrontarlo con i campioni degli anni passati. L’ottima notizia è che le prime sequenze, provenienti da Portogallo, Belgio (da confermare), USA e Germania, non mostrano segni di cambiamento significativo rispetto alle sequenze del 2018: il virus sembra essere più o meno lo stesso e quindi ci si aspetta che anche le sue caratteristiche di scarsa trasmissibilità siano immutate. E, altra ottima notizia, si tratta del ceppo occidentale, meno aggressivo anche da un punto di vista clinico.
Il secondo aspetto che ci fa pensare a un contagio di comunità e non a una epidemia è dato dalle caratteristiche dei positivi. Non abbiamo i dati per tutti i soggetti positivi al virus ma, per quello che sappiamo, al momento tra essi c’è solo una donna. Questo dimostra che il virus sta circolando quasi esclusivamente tra giovani uomini, per lo più tra i 20 e i 40 anni di età. Poiché la contagiosità del virus è indipendente dal genere, se il virus si stesse diffondendo per una sua aumentata trasmissibilità dovremmo avere un numero di contagi paragonabile tra uomini e donne. Questa anomalia ci deve far riflettere. In Spagna, la maggior parte dei casi si è potuta ricondurre alla frequentazione di una sauna utilizzata dalla comunità gay. Altri casi in vari Paesi, tra cui almeno tre in Italia, sono legati a recenti viaggi alle Canarie, dove si è da poco concluso un Gay Pride festival a cui hanno partecipato oltre 80.000 persone da varie parti del mondo. Anche i casi del Regno Unito si sono verificati nella comunità gay o bisessuale. Cosa significa tutto ciò? Semplicemente che non siamo di fronte a un’ epidemia ma ad un ingresso del virus in una comunità che viaggia, ha frequenti contatti a rischio ed è giovane – e quindi non vaccinata contro il vaiolo umano e non protetta nei confronti del vaiolo delle scimmie.
L’allarme può quindi rientrare, nel senso che il salto non c’è stato e il virus sembra essere più o meno sempre lo stesso patogeno poco trasmissibile che conosciamo da molti anni. Per i cittadini non c’è dunque nulla di nuovo se non la raccomandazione di rivolgersi al medico se si pensa di aver avuto dei contatti con persone infette o se compaiono i sintomi tipici: rash cutaneo associato a mal di testa, febbre alta, dolori muscolari o linfonodi ingrossati. Per chi si occupa di salute globale, invece, questi casi sono un importante campanello d’allarme perché confermano quanto la comunità scientifica sostiene da tempo: col calo dell’immunità anti-vaiolo umano, il vaiolo delle scimmie rappresenta una zoonosi pericolosa che bisogna assolutamente prevenire. La pericolosità di un virus per la collettività dipende infatti dallo stato di immunità di gregge presente nella popolazione, oltre che da una serie di fattori biologici ed epidemiologici. E l’esperienza col COVID-19 ci ha mostrato quanto sia fragile una comunità senza difese e quanto sia difficile correre ai ripari quando il virus è già mutato.