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 2022  maggio 25 Mercoledì calendario

Intervista a Zdenek Zeman

Nemmeno Nils Liedholm ci era riuscito. Il veterano degli allenatori della serie A rimase in panchina fino a 74 anni e 236 giorni. Zdenek Zeman è andato oltre: ha festeggiato lo scorso 12 maggio il 75esimo compleanno sul campo. E non ha intenzione di smettere, almeno fino a quando continuerà a divertirsi – e a far divertire – con il pallone. Come ha fatto quest’anno, sia da allenatore del Foggia – ricostruito da zero e portato ai play off nazionali di serie C a raffica di gol – sia da spettatore di uno dei campionati di serie A più avvincenti del terzo millennio. «Vinto meritatamente dal Milan, perché chi fa più punti ha sempre ragione». E miglior sintesi – tra le immancabili sigarette fumate al bar, lo stesso che frequenta da 35 anni quando è a Foggia, con i soliti quattro amici – non poteva esserci per chi ha sempre misurato le parole. 
Maestro, così come la chiamano i suoi ragazzi, si è divertito da spettatore di questa serie A decisa negli ultimi 90 minuti? 
«Dopo tanti anni si è vissuto un campionato incerto. A un certo punto sembrava che non lo volesse vincere nessuno». 
Alla fine ha vinto la squadra che lo ha meritato di più? 
«Chi fa più punti ha sempre ragione. Il Milan è uscito meglio alla distanza». 
Non pensa che l’Inter lo abbia buttato al vento nel recupero di Bologna? 
«Risultati come Bologna-Inter li hanno avuti anche Milan e Napoli. Penso che debba rammaricarsi più il Napoli che l’Inter per l’occasione persa». 
Perché? 
«Era la squadra favorita. Di partite come quella che ha fatto l’Inter a Bologna il Napoli ne ha sbagliate tre, in casa e consecutivamente (Atalanta, Empoli e Spezia, ndr)». 
Dopo dieci anni la Juventus ha chiuso senza titoli… 
«Ha pesato la falsa partenza. Se non investi poi è difficile raccogliere». 
Ora ha liberato Dybala. Il Napoli potrebbe vendere Osimhen, come fece un anno fa l’Inter con Lukaku. Dove sta andando il calcio italiano? 
«Il calcio ha grossi problemi economici. E le società vendono i migliori giocatori». 
Così, però, aumenta la distanza con il calcio inglese e spagnolo. 
«Con la Premier League la serie A non può competere, sia per le entrate che per gli azionisti delle società inglesi. Ma la Spagna ha gli stessi problemi dell’Italia». 
A volte, però, anche i soci forti non bastano: il Manchester City di Guardiola vedrà in tv la finale di Champions Real-Liverpool. 
«Nella sfide secche può capitare di essere eliminati pur giocando meglio. Ma Guardiola resta il miglior allenatore d’Europa». 
E che cosa pensa di Mancini che dall’altare degli Europei vinti è passato alla polvere dell’eliminazione mondiale in pochi mesi? 
«Ha cominciato molto bene la sua avventura in Nazionale, culminata con la vittoria agli Europei. Certo, pesa la mancata qualificazione ai Mondiali che, però, è legata a due rigori sbagliati, non dimentichiamolo». 
Anche agli Europei ha vinto ai rigori.
«Infatti il giudizio positivo su Mancini va oltre la vittoria: ha fatto un buon lavoro e lanciato molti giovani». 
La vittoria azzurra di Wembley è arrivata inattesa: fra quanti anni una squadra italiana potrà tornare a vincere la Champions? 
«La speranza c’è: l’Inter quest’anno ha vinto a Liverpool. Nelle partite secche non è come in campionato, conta anche la fortuna». 
Vuole dire che sarebbe favorevole a un torneo tra grandi d’Europa, la Superlega? 
«No, perché alla gente non piacerebbe. Alla gente continuano a piacere i campionati nazionali, come dimostrano anche gli stadi di nuovo pieni». 
E torniamo al nostro campionato, allora. Tra Pioli e Inzaghi chi preferisce? 
«L’allenatore che mi piace di più in serie A, come mentalità, è Italiano della Fiorentina». 
Che non ha lottato per lo scudetto. Come succedeva a lei quando non c’era la Var. Adesso che c’è, lei è in C e la Var si ferma alla B. Le piacerebbe allenare senza errori arbitrali? 
«Tendenzialmente dovrei essere contrario alla Var, perché a me piace un calcio più umano dove sbagliano sia i calciatori che gli arbitri. Però c’è stato un periodo in cui il calcio non era umano, perché gli errori arbitrali non erano per tutti. E allora dico benvenuta alla Var». 
Si chiede mai che carriera avrebbe fatto se non avesse criticato per primo il «sistema» che poi venne certificato da Calciopoli? 
«Rifarei tutto, per il bene del calcio. Non so quale sarebbe stata la mia carriera se non lo avessi fatto; so, però, che nel mio secondo anno alla Roma arrivammo quinti con 21 punti sottratti per errori arbitrali». 
Avrebbe vinto lo scudetto? 
«Non lo so, faccia i calcoli...». 
Sì, 75 punti contro i 70 del Milan. Si spiega così che Lazio e Roma hanno vinto lo scudetto solo dopo aver cambiato tecnico? 
«All’epoca non ero accettato dal sistema. Per lo meno in Italia. In quegli anni mi cercarono Real Madrid e Barcellona ma avevo un impegno morale con la Roma». 
Si sente più legato alla Lazio o alla Roma? 
«Sono stato bene sia alla Lazio che alla Roma. Però la tifoseria della Roma è più numerosa, calda e vicina alla squadra». 
Signori o Totti? 
«Signori l’ho visto nascere calcisticamente a Foggia ed esplodere alla Lazio, Totti l’ho visto prima esplodere e poi rinascere alla Roma, quando qualcuno avrebbe voluto venderlo. Tra i due non posso scegliere». 
Ci spiega la sua recente polemica con Mourinho? 
«Nessuna polemica, semplici constatazioni: prima del derby ho detto solo che la Lazio era più in forma. E poi che la Conference è un torneo nuovo al quale partecipano squadre di minore importanza». 
Il suo obiettivo è tornare in A per diventare il tecnico più anziano ad aver mai allenato nel campionato principale ? 
«Non inseguo questo record, il mio obiettivo è allenare finché continuerò a divertirmi». 
Resterà a Foggia, città che calcisticamente è conosciuta come Zemanlandia? 
«Non dipende da me ma dalla società».