la Repubblica, 24 maggio 2022
A Cannes il futuro di Cronenberg tra mutanti e sintetici
Nella Londra ottocentesca, agli albori della chirurgia moderna, gli interventi erano uno spettacolo. Al centro del teatro il luminare e il paziente sul tavolo operatorio, intorno un pubblico di studiosi e morbosi. Nella società futura che David Cronenberg porta al Festival inCrimes of the future , l’umanità si adatta a un ambiente sintetico, il corpo subisce mutazioni biologiche e chirurgiche. Viggo Mortensen, Saul Tenser, è un celebre artista che mette in mostra quella che chiamano «bellezza interiore», che in realtà è piuttosto quella delle interiora: il corpo squarciato dal bisturi in un sarcofago tecnologico, mentre la partner Caprice (Léa Seydoux) asporta durante le performance artistico- voyeuristiche i nuovi organi che crescono di notte quando l’uomo dorme accudito da un letto-utero. L’autore canadese, 79 anni, torna a frequentare il body horror, sottogenere di cui è considerato pioniere, che esplora il terrore dell’uomo di fronte alla mutazione, ma anche la fascinazione. «La chirugia è il nuovo sesso», sussurra l’ambigua burocrate Kristen Stewart, e i personaggi traggono piacere dalla mutilazione, dal reciproco squarcio dei corpi, estrazione degli organi. Deludendo le aspettative di scene insostenibilie fughe dalla sala, Crimes of the future non è un horror e nemmeno uno scandalo. Piuttosto, «l’evoluzione dei temi affrontati nel suo cinema, la tecnologia come estensione di potenzialità che il corpo umano possiede già. — ragiona Cronenberg — Può, in questo momento epocale può il corpo umano evolvere per risolvere i problemi che abbiamo creato? Rendersi capace di digerire la plastica non solo come parte della crisi climatica ma anche un modo per crescere e sopravvivere?». Il titolo è mutuato da un suo film girato nel 1970, a 27 anni «in comune tra i due c’è solo il tema: i crimini del futuro. La tecnologia cambia la società e crea cose nuove che vengono considerate pericolose ed eliminate».
Premiato alla carriera Cronenberg ha sfiorato nel 1996 la Palma conCrash si oppose solo il presidente di giuria, Francis Ford Coppola, che detestava il film.
L’horror, a lungo relegato nelle sezioni collaterali dei festival, da anni è sempre più strumento d’autore, e lo scorso anno Julia Ducourneau conTitane e la sua killer in fuga con una placca di titanio in testa e un bimbo-macchina in grembo, ha vinto il Festival ed è subito stata incasellata come discepola di Cronenberg. Ma in questo festival il film più perturbante e difficile da digerire èMendi Alex Garland, l’autore diEx Machina eAnnihilation , alla Quinzaine. Un horror sofisticato e allegorico, protagonista una donna, Jessie Buckey, che si reca in un villaggio remoto in cui tutti gli uomini — il proprietario e il barista, il poliziotto e il vicino esibizionista, lo sgradevole prete e il ragazzino petulante — hanno tutti la stessa faccia, quella dell’inglese Rory Kinnear. «Un viaggio nei meandri del dolore e del senso di colpa», racconta l’attrice, quello per il suicidio del soffocante marito. Ma il flm è anche una rappresentazione plastica di mascolinità tossica, tra ricatti e allusioni e prepotenza maschile, prima che il finale ci trasporti in un crescendo di (body) horror, in pieno territorio cronenberghiano.
Che uno degli orrori odierni sia la misoginia lo ricorda anche il regista iraniano naturalizzato danese Ali Abbasi, il suo Holy Spider è ispirato alla storia vera del serial killer — veterano di guerra e padre di famiglia, che nella città religiosa di Mashhad strangolò 16 prostitute, una incinta, altre con figli piccoli, drogate, disperate. Ancor più degli assalti brutali, colpisce la misoginia sintomatica della società, le donne viste come creature inferiori, il disinteresse delle autorità rispetto alla loro sorte.