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 2022  maggio 24 Martedì calendario

A Kiev e Mosca la guerra si combatte anche al museo

I musei di guerra vengono generalmente creati anni o decenni dopo la fine di un conflitto: il Churchill War Rooms, nei sotterranei autentici in cui il premier britannico lavorava nel 1941 per sfuggire ai bombardamenti del blitz nazista, è stato inaugurato soltanto nel 1984. Ma in Ucraina e in Russia li hanno aperti con la guerra in corso: la riprova che le due parti combattono anche sul fronte culturale, ciascuna nel tentativo di fare prevalere la propria narrazione. A Kiev, sul marciapiede della via Kriposnyi, pochi isolati di distanza dal quartier generale governativo su cui il 24 febbraio scorso si lanciò un commando di parà russi per tentare di assassinare il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, sorge il museo ucraino: «Abbiamo fatto in fretta perché è importante mostrare cosa succede quando la lezione della storia non viene appresa », dice Dmytro Hainetdinov, direttore del Museo di storia militare dell’Ucraina, situato accanto all’installazione all’aria aperta. A Tula, la città a due ore d’auto a sud di Mosca famosa per la sua fabbrica di samovar e per la casa-museo di Lev Tolstoj, il locale Museo delle armi ospita una mostra sulla “operazione militare speciale”, come si ostina a definirla il Cremlino.
L’iniziativa di Kiev fa più impressione. Lungo un percorso guidato, una visitatrice scatta un selfie di fronte alla carcassa bruciacchiata di un mezzo blindato russo, un bambino lecca un gelato davanti alla torretta divelta di un carro armato di Mosca, un pensionato scatta fotografie dei resti diun cacciabombardiere Su-25 abbattuto dalla contraerea ucraina. I passanti sostano curiosi, non c’è bisogno di entrare né di pagare il biglietto.
Una mostra con reperti analoghi, intitolata Ucraina crocefissa ,ha aperto dentro al Museo della Seconda guerra mondiale. Tre giorni dopo l’inizio dell’intervento militare russo, i responsabili dei due musei di storia militare della capitale ucraina hanno cominciato a ricevere testimonianze della guerra da soldati e civili di ritorno dal fronte. Più tardi, gli stessi curatori delle mostre si sono recati in prima linea, accompagnati da personale dell’esercito, per raccogliere altre prove in grado di documentare l’invasione sofferta dal proprio Paese. Alcuni degli allestimenti sembrano autentiche opere d’arte: come più di un centinaio di paia di stivali di soldati russi, di forme e misure differenti, sistemati all’interno di una stella rossa, simbolo delle forze armate dell’Urss comunista e della Russia di Vladimir Putin. Calzature tolte a soldati morti, si presume, o a militari che se le sono tolte per non essere riconosciuti prima di fuggire.
Altri pezzi dell’esibizione includono cupole di chiese bombardate, un’icona religiosa trafitta dal foro di un proiettile, passaporti e documenti di riconoscimento di soldati russi. Nei sotterranei del museo i curatori hanno ricostruito un rifugio usato dai residenti della città di Hostomel, che hanno passato un mese sottoterra per ripararsi dalle bombe: tutti i contenuti sono originali. E al piano di sopra un televisore trasmette immagini della propaganda del Cremlino, secondo cui la guerra non è una guerra, ma solo “un’operazione speciale”, e sta andando benissimo per Mosca. Da un lato, l’apertura di una mostra simile indica la convinzione o almeno la speranza dell’Ucraina che il peggio del conflitto sia passato, che Kiev non rischi più di venire conquistata: insomma che la vita stia lentamente tornando, perlomeno nella parte occidentale del Paese. Dall’altro, il “museo dell’invasione” serve a infondere coraggio a chi torna, a fare capire che la guerra contro un aggressore infinitamente più grande e potente si può vincere e che gli invasori hanno spesso fatto una brutta fine. «Riceviamo ogni giorno nuovi reperti dal fronte», afferma Hainetdinov.
La mostra analoga che ha aperto a Tula è più limitata: esibisce armi e uniformi usate dalle forze speciali russe nel Donbass, “liberato”, non occupato, come spiega il foglietto illustrativo. A Mosca intanto ha aperto una mostra sul nazismo, in cui l’Ucraina viene paragonata al Terzo Reich, e una sulla Nato, un peana anti-Occidente. La guerra si combatte anche così, acolpi di installazioni culturali.