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 2022  maggio 23 Lunedì calendario

Intervista a Kateryna Levchenko. Parla degli stupri di guerra

Kateryna Levchenko è militante femminista da quando aveva 25 anni. Adesso, trent’anni dopo, consiglia il governo ucraino sulle questioni di genere, dopo aver fondato e diretto per tanto tempo l’associazione La Strada, che lotta contro le violenze sulle donne e si occupa della protezione dell’infanzia. Passata dal militanza alla politica, Kateryna Levchenko ha portato avanti diverse battaglie legislative. È candidata il prossimo giugno al Comitato delle Nazioni Unite per l’eliminazione della discriminazione contro le donne. La sua priorità oggi è la protezione delle vittime di violenze sessuali da parte dei soldati russi: la giustizia ucraina ha censito finora più di 8.000 presunti crimini di guerra, tra cui numerosi stupri. Secondo lei “violentando le donne ucraine, i militari russi violentano tutto un popolo”.
Esistono dati su quante violenze sessuali sono state commesse dai soldati russi dal 24 febbraio?
Non abbiamo statistiche dettagliate per tipo di crimine. È ancora troppo presto. Polizia, servizi segreti e governo ci stanno lavorando attivamente. A questo stadio abbiamo documentato forse non più del 5% dei crimini sessuali commessi. Non è molto, ma è abbastanza per affermare che lo stupro è una delle armi di guerra che la Russia sta usando contro l’Ucraina.
Cosa glielo fa dire?
I russi hanno cominciato a ricorrere allo stupro nel 2014, all’inizio della guerra nel Donbass, ma non in modo così sistematico, come fanno oggi. Dal 24 febbraio, lo stupro è diventato un’arma quotidiana, come tante altre. Un’arma che non costa nulla, silenziosa, poiché le vittime non parlano, oltre che un’arma di massa che distrugge non solo chi ne è vittima ma anche i loro cari, spesso costretti ad assistere alle violenze. Stuprando le donne ucraine, è come se l’esercito russo violentasse tutta la società ucraina e il suo popolo. L’obiettivo è umiliare, dominare attraverso il terrore, ma anche minare la capacità di una nazione di riprodursi.
Come il presidente ucraino, pensa che si possa parlare di genocidio?
Saranno le inchieste a stabilirlo. Sul piano giuridico è molto complicato. Ma da diverse denunce è emerso che molti soldati russi promettono alle loro vittime che non potranno più mettere al mondo dei “nazisti”. Alcune donne violentate vengono uccise, altre subiscono traumi tali che ne porteranno le cicatrici per sempre, o non avranno più una vita sessuale normale o diventano sterili. È proprio la riproduzione di un popolo ad essere presa di mira. Ed è così in tutte le città occupate dai russi, Kiev, Cherson, Kharkiv, Chernihiv. Questi reati sono commessi con l’autorizzazione di chi comanda. Per esempio i soldati russi della 64esima Brigata, responsabili delle atrocità di Boutcha e Irpin, una volta rientrati in Russia hanno ricevuto onori e medaglie direttamente da Putin. I nostri servizi hanno avuto accesso alle telefonate di molti soldati alle loro famiglie e ai loro scambi sui social network: le persone si congratulano con loro per aver violentato, torturato, assassinato. I soldati sono quelli che, anche con armi vietate come gli stupri, mettono in atto gli appelli dei politici a radere al suolo l’Ucraina.
Come analizza questa violenze di genere così estreme?
È una specificità russa che va oltre i conflitti armati, un’ideologia di violenza estrema e indistinta. I soldati violentano le donne ma anche i bambini e gli uomini. Esiste una cultura dello stupro. I soldati russi si comportano così per diversi motivi. Il primo è l’impunità ereditata dal regime sovietico, che ha torturato e messo a morte migliaia di persone. Le nuove generazioni vivono con l’idea che non c’è alcuna responsabilità nell’essere violenti. Anche il fatto che la violenza domestica sia stata depenalizzata in Russia è un esempio di questa ideologia. La violenza contro le donne, in particolare, è tollerata, anzi incoraggiata, attraverso un fortissimo culto della virilità. L’ideologia della Russia, del “mondo russo”, è in opposizione a tutti i valori dei diritti umani, del rispetto dei diritti delle donne e delle minoranze. In Russia, le donne sono viste solo come uno strumento di riproduzione, una macchina per fare figli in un mondo patriarcale. Questa ideologia basata su una violenza senza limiti e la visione del mondo che relega le donne in secondo piano sono molto pericolose, non solo per l’Ucraina ma anche per il resto del mondo.
Con la guerra è complicato raccogliere prove. Come portare avanti un’indagine efficace in un contesto del genere?
È una missione molto difficile, ma non impossibile. Attualmente stiamo lavorando per armonizzare le procedure per la documentazione dei reati con la polizia nazionale e i servizi di intelligence. Siamo in stretto contatto con diversi esperti non governativi, specialisti di violenza sessuale, in particolare con l’associazione La Strada e l’associazione delle donne avvocato. Stiamo anche predisponendo un protocollo per i medici e gli ospedali, poiché purtroppo non tutti gli operatori sanitari hanno i riflessi giusti di fronte a una vittima di violenza sessuale. Ci informiamo anche sulle misure che hanno funzionato in Sierra Leone, Bosnia, Colombia, Sud Africa. Nel 2020 abbiamo adottato una risoluzione contro i crimini sessuali, ma era solo su carta. È necessario ora aggiornarla in modo da adeguarla esattamente alla realtà. Abbiamo bisogno dell’aiuto delle organizzazioni internazionali, dobbiamo fare in fretta, siamo travolti dagli eventi.
In Ucraina non esiste ancora un sistema nazionale di protezione contro la violenza sulle donne. Gli abusi commessi dai russi possono accelerare le riforme?
Non possiamo dire che non sia stato fatto nulla, ma non abbiamo avuto il tempo di applicare pienamente le nostre riforme. Malgrado ciò, quanto è stato fatto, anche se non è abbastanza, ci aiuta già molto nella situazione attuale. Avere per esempio più donne nella polizia, nella questura e nei servizi segreti ci permette di parlare alle vittime in modo più adeguato rispetto a quanto possano fare i colleghi uomini. Diversi milioni di dollari, 10 milioni l’anno scorso e altri 15 previsti quest’anno, sono stati stanziati per costruire centri di accoglienza e di aiuto alle vittime di violenza domestica. Sfortunatamente, molti sono stati distrutti nei bombardamenti e bisognerà ricostruirli. Dobbiamo poi migliorare la legislazione, ancora insufficiente in termini di stupri e violenze sessuali. La mia missione è aiutare a migliorare la legislazione e le politiche governative per adattarle alle misure internazionali più efficaci.
Molte vittime e i loro cari preferiscono non parlare per non ritrovarsi discriminati in una società dove lo stupro è un tabù. Come sfondare il muro del silenzio?
È davvero un grande problema. Il silenzio non è dovuto solo al tabù e alla vergogna, è anche dovuto al trauma subito, all’immenso dolore personale che fa sì che la vittima si chiuda su se stessa. È essenziale riuscire a mettere su un dispositivo in grado di fornire il giusto supporto alle vittime, in modo che queste ultime si sentano al sicuro e accettino di aprirsi. Significa anche offrire assistenza medica, psicologica e legale e disporre di una rete di persone a livello locale che sappiano come rivolgersi alle vittime, che parlino la loro lingua e possano convincerle e accompagnarle nel percorso doloroso che si deve fare per abbattere il muro del silenzio. È essenziale inoltre che in ogni località le autorità siano formate alla problematica della violenza sessuale per incoraggiare le donne a parlare.
Come garantire che venga fatta giustizia, sapendo che i processi sono complessi e lunghi a livello nazionale e internazionale?
È importante aiutare le vittime nella loro ricerca di giustizia davanti ai tribunali nazionali e internazionali, ma anche all’interno della nostra società, che deve riconoscerle e rispettarle. Ciò si può ottenere attraverso un processo di riparazione morale e materiale, ma anche favorendo l’emergere, in Ucraina e nel mondo, di un sentimento benevolo, di comprensione e empatia, verso le vittime di violenze sessuali, che innanzi tutto bisogna vedere come delle sopravvissute a violenze estreme.