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 2022  maggio 23 Lunedì calendario

I tatuaggi degli Azov

I tatuaggi dei combattenti del battaglione Azov raccontano qualcosa che già tutti conoscevamo: il gruppo ha idee politiche molto chiare. Svastiche, aquile imperiali, ritratti di Hitler, soli neri, frasi dei gerarchi nazisti, teschi delle SS e una miriade di simboli celtici. La questione dei tatuaggi era nota da tempo. Nel 2017 The Guardian pubblicò un video sui campi estivi per adolescenti organizzati dal battaglione Azov. Sulle gambe di una ragazzina, appena sotto il risvolto dei pantaloncini, si legge White Pride (orgoglio bianco). Un tatuaggio lungo oltre 30 centimetri. Da quando hanno occupato Mariupol i soldati russi, ai posti di blocco, chiedono agli uomini di alzare la maglietta. Da una parte c’è il controllo per il possesso di armi, ma sempre più importante è diventata la ricerca di tatuaggi per identificare combattenti che non si trovavano nell’acciaieria.
Nei video diffusi dai media del Cremlino si vedono i combattenti di Azov spogliarsi dopo essersi arresi. Non c’è modo di verificare le immagini, né il montaggio. Ma i corpi tappezzati di disegni nazisti sono semplicemente troppi per essere casi isolati. Tra croci uncinate e simboli del Terzo Reich si vede il braccio destro di un militare con il ritratto di Maxim Martsinkevich, un neonazi russo. Martsinkevich, conosciuto con il nome di Tesak (mannaia in russo), era il leader di Format 18 un gruppo di skinhead. La loro principale attività era la diffusione dell’ideologia di estrema destra tra i giovani e l’incitamento all’odio razziale. Per queste azioni il naziskin venne condannato diverse volte. Il primo arresto nel 2007 quando a un convegno dichiarò che tutti i democratici russi dovevano essere uccisi e poi a braccio teso urlò “Seig Heil”. Tra le altre attività che hanno dato a Martsinkevich un eco internazionale c’è la produzione di video. In uno di questi, 20 persone vestite come membri del Ku Klux Klan mettevano in scena l’esecuzione di uno spacciatore tagiko. Ed è proprio la violenza sui pusher che lo ha mandato ai lavori forzati per 10 anni. Martsinkevich attaccava, picchiava e derubava chi riteneva vendesse droga. Accusato dalla polizia di diverse aggressioni venne condannato e inviato in una colonia in Siberia. Nel 2020 è stato trovato morto con segni di tortura sul corpo. Per i neonazisti è diventato un simbolo da tatuarsi addosso.
Sui social le immagini sono diventate virali. In molti si interrogano come sia stato possibile che un gruppo con una così forte componente ideologica sia stato integrato nell’esercito ucraino e poi trasformato questi militari negli eroi di Azovstal. “È semplicemente incredibile che la stampa occidentale che ha trascorso un intero decennio chiamando all’unisono il battaglione Azov fanatici neonazisti – scrive il premio Pulitzer Glenn Greenwald – ora ne parli con ammirazione e dica solo che il loro nazismo è una pretesa russa”. Martedì scorso, tre giorni prima della capitolazione dell’acciaieria, il media ucraino ZooNewsTv pubblicava una foto di tre giovani militari a petto nudo “usano un’iconografia simile a quella nazista e tatuaggi solo come guerra psicologica contro gli occupanti russi”.