Corriere della Sera, 23 maggio 2022
Biografia di Evelina Christillin raccontata da lei stessa
A Torino gironzolava Mark Zuckerberg assieme a John Elkann, ma lei era a Napoli. Aveva ordinato riservatezza sulla visita al Museo Egizio di Mister Metaverso: nessuna domanda, nessuna foto. «Invece ne hanno parlato tutti: siamo gli unici a non avere immagini sue. E io, come se fossi snob – eppure non lo sono —, ero altrove». Scherzi della «piemontesità». Ora però è sul ponte di comando del Museo e lì ci riceve: «Sesto piano: troverete la Faraona». Evelina Christillin ha il dono della simpatia e dell’auto-ironia. Qualche sera prima aveva gestito un dibattito su sport e omosessualità al «Festival del Cinema Gay» e le era capitato quanto segue: «Vladimir Luxuria mi ha invitato sul palco annunciando: “Nomino Evelina trans ad honorem”. Risata oceanica, mio marito è svenuto. Io sono perfettina, sottotono e senza profili social; Vladimir è rutilante e dirompente. Al dibattito c’erano le drag queen Karma B, mentre io avevo invitato Antonio Cabrini e Mauro Berruto».
Discussioni serie o solo cazzeggio?
«Discussioni serie, sono paladina dell’inclusione. Si è parlato anche di calcio: quello maschile su certi temi è indietro e Cabrini ha spiegato che il problema è la violenza del pubblico. Nel mondo femminile è tutto più facile, anche se c’è stata la frase di Felice Belloli, ex presidente della Lega Nazionale Dilettanti: “Basta dare soldi a quelle quattro lesbiche”».
Il calcio «rosa» passerà al professionismo.
«Finalmente! Negli Usa le ragazze hanno vinto la battaglia perché hanno dimostrato che il soccer femminile fattura più di quello maschile. Da noi, invece, una giocatrice quando smette non ha nulla: serviva una svolta».
Evelina Maria Augusta Christillin, sagittaria, che cosa ha preso dalle radici «walser» della famiglia?
«La testardaggine e la forza di volontà».
Una cocciutaggine teutonica.
«O di matrice “titsch”, idioma simile al tedesco del Sud parlato dai nonni paterni. Erano di Issime, paese prima di Gressoney, e avevano una casa in pietra e boiserie con lavatoi giganti. Ora lì ospito 15 ucraini arrivati tramite la Comunità di Sant’Egidio».
Ci racconta sogni e speranze dell’Evelina bambina?
«Ero brava a scuola. Gianantonio Stella mi ha definito una “secchiona sabauda”, ma ero una secchiona che faceva copiare. La scuola è stata però condizionata dallo sci. Metà anno lo passavamo al Sestriere (c’era pure mia sorella) e quando nel 1970 sono entrata nella Nazionale B la cosa si è fatta spessa».
Difficile far coesistere gare e istruzione.
«Non ero rimandata, ma davo gli esami a settembre per carenza di frequenza. L’agonismo mi prendeva: partivo da Torino, trovavo Claudia Giordani a Milano e con lei mi dirigevo nel Nord Est».
Ha invidia per le medaglie d’argento, una olimpica e una iridata, dell’amica?
«Sono solo felice per lei: era compagna di camera. Claudia ha spiegato il mio valore: all’inizio beccava due secondi, poi eravamo in parità, infine non l’ho più vista. Ho capito che non avevo la sua classe».
Aver avuto Margherita Agnelli come compagna di scuola è stato un jolly?
«Macché, la conoscevo già da bambina».
Anche Evelina Christillin vestiva «alla marinara»?
«Semmai vestivo la divisa delle suore di via Magenta. Orrenda».
Ricordi da adolescente?
«Ho un buco tra i 14 e i 19 anni, età di feste, flirt, divertimenti. Ho poi iniziato l’università, ma nel 1978 Luca di Montezemolo mi ha coinvolto nella Fiat. Doveva essere uno stage, è durato 8 anni… Nel frattempo in Boita, che sta per bottega e che è sinonimo di Fiat, ho conosciuto Gabriele: era direttore finanziario. Ci siamo sposati ed è nata una figlia. L’università è andata a farsi benedire, l’avrei ripresa anni dopo».
Tema obbligato: gli Agnelli.
«Hanno rappresentato una seconda famiglia. Papà era un caro amico dell’Avvocato, da bambina giocavo a casa di Margherita e lo vedevo partire per lo stadio assieme ad Edoardo. Negli anni del terrorismo i figli sono andati via, ci siamo ritrovati quando entrambe le famiglie si sono trasferite sulla collina torinese. Era il mio periodo in Nazionale, l’Avvocato mi portava a sciare in elicottero: “Voglio vedere come va”, diceva a mio padre».
Si sente figlioccia di Gianni Agnelli?
«Tutto quello che ho fatto dopo è stato grazie a lui. La facilità nel rapportarmi col mondo deriva da Gianni e da Marella. La sabaudite è stata annacquata dall’aver imparato a comportarmi».
Donna Marella, ci parli di lei.
«È stata un modello perfino più dell’Avvocato: bella, di classe; al confronto sembravo Heidi. È stata affettuosa, non mi ha mai trattato da brutto anatroccolo, come invece mi sentivo io».
L’Avvocato era gossippato per questioni di donne. Tutto vero o leggenda?
«Qualcosa di vero c’è, ma Gianni Agnelli aveva un senso della famiglia fortissimo e ha fronteggiato disgrazie terrificanti, come quella di Edoardo. Poi, certo, era fascinoso. Aveva una dimensione planetaria, era un principe rinascimentale: a casa sua passava chiunque, da Kissinger, a Ted Kennedy, a Fidel Castro».
Gli Agnelli di adesso?
«Sono affezionata perché sono i figli di Margherita e li ho visti nascere. Però appartengono a un mondo diventato più liquido».
Si è laureata tardi, diceva.
«Sono stata travolta da Montezemolo, dalla Fiat, dal matrimonio, dalla maternità. Poi un brutto male mi ha bloccato per due anni. Quando mi sono licenziata, una cara amica, suor Giuliana del Cottolengo, mi ha spronato a riprendere gli studi, fermi a 5 esami. Mi ha aiutato con il duplicato del diploma di maturità classica, che non trovavo più, e ho scelto lettere con indirizzo storico. Tesi sui “poveri malati”, poi finita in un libro: occuparmi degli umili è il mio karma».
Qual è la migliore Evelina Christillin?
«Quella che sta nello sport. Sono figlia di genitori che volevano divertirsi, in casa nessuno leggeva libri o andava a teatro. Alla cultura mi sono avvicinata da autodidatta, ma lo sport me l’hanno inculcato: mi appassiono perfino per il tamburello».
Con Valentino Castellani ha gestito i Giochi 2006. Perché Torino ha rovinato il dopo-Olimpiade mandando alla malora tanti impianti?
«La riflessione vale per i trampolini e per la pista da bob e slittino. Non mi smarco dalle responsabilità, ma noi avevamo terminato il mandato: tutto è finito in mano a politici che pensavano ad altro; e sia le federazioni sia il Coni di allora avevano dato garanzie, poi disattese, sulle attività post-olimpiche».
Milano-Cortina 2026: gli intoppi già non mancano.
«Non è stata ancora decisa la sede dell’Oval per il pattinaggio velocità, l’agenzia che gestirà gli impianti è partita in ritardo e, tornando al bob, non ho convinto Luca Zaia a puntare, a Cortina, su una pista temporanea e non sulla ristrutturazione di quella esistente. Se non si vuole fare tesoro delle esperienze negative del passato, allora alzo le mani. Detto questo, ce la faremo e saranno bei Giochi».
Ha «respirato» la nobiltà di suo marito, Gabriele Galateri di Genola?
«No, anche perché ha sempre lavorato tanto e ha trascurato la nobiltà. Tra l’altro pochi sanno come mi chiamo da sposata: io uso Christillin, che è un bel cognome da mucca valdostana».
Quanto è donna di casa?
«Risposta semplice: zero. E demando le “gite” al supermercato».
Per chi vota?
«Ho sempre votato per il centro-sinistra».
Ha un debole per Matteo Renzi, vero?
«Mi è simpatico, ma negli ultimi anni ha fatto scelte che non condivido. Comunque creerei un partito di governatori basato sul triumvirato Bonacini-Zaia-Fedriga».
A Putin che cosa direbbe?
«Ho sciato con lui nel 2001, quando venne al Mondiale di St. Anton. Gli direi: pace. E lo ripeterei a Zelensky».
È giusto bloccare le squadre russe?
«Sì: sono rappresentative di Stato con cui si fa anche propaganda. Invece ho dubbi sull’esclusione dei singoli atleti, così come degli artisti».
Alexander Ceferin, presidente della «sua» Uefa, o Gianni Infantino, capo della Fifa dove lei rappresenta l’altro organismo?
«Volete farmi licenziare dalla Uefa o dalla Fifa?».
Ha votato contro la Juve, nella questione della Superlega. Perché bastonare i secessionisti?
«Per ora nessuno ha bastonato nessuno. Ne riparleremo dopo il verdetto della Corte del Lussemburgo».
Ma lei è juventina?
«Parecchio: la Juve è nel cuore e mi arrabbio se la insultano».
Però è stata bandita dallo «Stadium»...
«Non è così: per rispetto loro e della mia permanenza nella Uefa guardo le partite in Tv».
Nella sua collezione ideale che cosa mette?
«Colleziono solo gufi: ne ho 3000. E sulla scrivania che vedete ho un’enorme lampada-gufo».
Quale consiglio darà ai tre nipoti?
«Di prendere la vita con il sorriso. Per i ragazzi di oggi non vedo grandi prospettive: rischiano la de-umanizzazione, tra robot e intelligenza artificiale. Non ho ancora compreso che cosa sia il Metaverso e non lo voglio capire».
Quali faraoni mette sul podio?
«Ne indico solo uno, per il gradino più alto: il meraviglioso Ramses II».
Costruirà una piramide per sé stessa?
«Lo escludo (risata), ma in qualche modo una piramide c’è già: è questo Museo, rifatto dal 2012 al 2015 e diretto da me. C’è una targhetta, piccola, sabauda, a ricordarlo: “Sotto la presidenza di Evelina Christillin”».