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 2022  maggio 23 Lunedì calendario

Parla Farah Diba, vedova dello Scià di Persia

Farah Diba, 83 anni, è la vedova dell’ultimo Scià di Persia, Mohammad Reza Pahlavi. Passa i suoi giorni tra Parigi e Washington, da dove ha risposto alle domande diRepubblica .
In questi giorni è stata ripubblicata la sua autobiografia, scritta pochi anni prima della rivoluzione islamica. Cosa ha provato a rileggerla, cosa non dimenticherà mai di quei giorni?
«Ciò che non dimenticherò è il mio lavoro per l’Iran, quel periodo di progresso straordinario del Paese, l’effervescenza della scena culturale e artistica e i contatti che avevo coi miei compatrioti».
C’è qualcosa che non rifarebbe ripensando a quei giorni?
«Come sa non avevo un ruolo politico. Ma all’epoca constatai con stupore l’unità dei sostenitori della sinistra, dei nazionalisti, dei religiosi, e il loro sostegno a Khomeini, che con le sue menzogne prometteva tutto all’Occidente e agli iraniani.
Numerosi storici ritengono anche che i nostri alleati di allora, Stati Uniti e Regno Unito, fossero favorevoli all’instaurazione di una cintura islamica per contrastare i sovietici e favorirono per questo l’arrivo di Khomeini. È anche vero che la sua permanenza in Francia gli permise di diffondere menzogne nel mondo».
“Sostenere la causa di un Iran secolare e democratico”. Questo si recita l’account Twitter della famiglia Pahlavi. Qual è concretamente l’apporto che riuscite a dare per questa causa?
«Mio figlio cerca di riunire tutte le forze vive, sia all’esterno, sia all’interno del Paese, per impiantare la democrazia in un Iran laico, in cui i diritti umani siano rispettati, l’uguaglianza dei diritti delle donne e degli uomini sia garantita, l’integrità territoriale sia preservata e l’Iran viva in pace con gli altri Paesi. Per quanto mi riguarda, i miei rapporti con l’Irannon sono mai cessati. Tutte le mie giornate sono riempite dalle mail che ricevo, dai rapporti da leggere, dagli appelli... Seguo le notizie e incontro miei compatrioti».
All’inizio del 1979 con suo marito lasciaste l’Iran. Spera di farci ritorno? Recentemente, durante alcune proteste, manifestanti hanno gridato slogan che richiamavano la memoria dello Scià. Che effetto le fa?
«Nel 1979 abbiamo lasciato l’Iran pensando un giorno di farvi ritorno.
Questa speranza non mi ha mai abbandonata. Lo Scià diceva che la realtà della storia del suo regno sarà riconosciuta dal popolo iraniano ed è ciò che osservo oggi. Naturalmente sono felice che sia reso omaggio alla sua memoria».
Pensa che una monarchia costituzionale possa essere nel futuro della Persia?
«La monarchia iraniana è durata più di 2.500 anni, con alti e bassi. Il popolo, formato da un mosaico dietnie differenti, le è sempre rimasto fedele. Sono convinta che l’avvenire dell’Iran sia compatibile con una monarchia costituzionale in cui il Re possa svolgere un ruolo federativo per la coesione delle diverse etnie».
Suo figlio Reza Ciro Pahlavi ha detto che “l’Iran è vicino all’implosione, ma mancano alcuni ingredienti prima che possa avvenire un cambio di regime”. A che punto siamo? Cosa deve avvenire perché questo accada?
«Tutte le informazioni dall’interno dell’Iran confermano quanto sostenuto da Reza, che ha ragione di dire che il regime stia per crollare o implodere. Sul quando e come ciò avverrà ricordo che talvolta nella storia è bastata una scintilla».
Esistesecondolei un movimentodi opposizionedemocratica all’interno della Repubblica Islamica? Ci sono collegamenti tra chi lotta per la libertà nel Paese e lecomunità all’estero? C’è qualcosadi organizzatoche possa portareaun cambiamento radicale olesperanze vanno riposte nella comunità internazionale e nelle sue sanzioni?
«Gli iraniani, soprattutto i giovani, aspirano alla libertà, alla democrazia, al rispetto dei diritti umani… Vogliono vivere in pace con il mondo. Esistono numerosi legami tra i diversi gruppi di opposizione all’interno e la comunità iraniana all’estero, ma opinioni diverse hanno impedito loro, almeno fino a oggi, di riunirsi attorno a un progetto comune. Ovviamente anche la comunità internazionale ha la sua importanza nel sostegno delle aspirazioni del popolo iraniano».
Molte volte le proteste contro le autorità sono state represse nel sangue. Scendere in piazza è ancora una strada da praticare per ottenere un cambiamento?
«Qualsiasi regime che assassina e ferisce i propri cittadini perché esprimono il proprio scontento è destinato a scomparire. In un Paese così ricco, più del 40% della popolazione vive sotto la soglia di povertà, numerosi talenti lasciano il Paese e la situazione economica è catastrofica. Condivido la sofferenza dei miei compatrioti. Ma voglio dir loro che grazie al loro coraggio e all’amore per l’Iran, si rialzeranno».
Cosa si aspetta da Biden?
«Gli occidentali dovrebbero aiutare il popolo iraniano a raggiungere le proprie aspirazioni legittime per vivere in pace e nella libertà».
Gli Accordi di Abramo tra Israele e alcuni Paesi arabi sono stati giudicati da molti analisti come un’alleanza anti iraniana. Che lettura ne dà?
«Spero e mi auguro che non siano stati conclusi contro il popolo iraniano, che aspira nella grande maggioranza all’intesa e alla pace con tutti i Paesi della regione e del mondo, così come accadeva all’epoca del regno di mio marito».