La Stampa, 22 maggio 2022
Le donne nelle canzoni di Vasco
Vasco donne e canzoni, un triangolo magico aperto da bambino, a Zocca, nella casa di famiglia piena di donne che gli volevano bene, da mamma Novella alle zie: «L’Espedita, la Rosanna e l’Ivana». Lo ricorda lui stesso in uno scritto, spiegando di «raccontare queste cose perché ho una parte femminile importante». Così importante da permettergli di schizzare con pochi segni indelebili le figure di Silvia, Susanna e della protagonista di Albachiara, tutte conosciute da ragazzo nel suo paese. Loro oggi confermano che quei ritratti ne hanno catturato l’anima, come fotografie scattate a un soggetto inconsapevole. Intanto Vasco, con l’adrenalina da concerto a tremila, ringrazia i fan: «È pazzesco! Ho un diluvio di emozioni straordinarie! Indescrivibile! Finalmente abbiamo ricominciato a vivere. Questo enorme affetto mi lascia stupefatto. Si vede che ho seminato bene.. Io li amo e loro riescono a superarmi. Sono in stato di grazia».
A proposito di Albachiara, fra il pubblico di Trento c’erano pure i genitori della ragazza chiamata Alba Chiara in omaggio a lui, vittima del fidanzato che dopo averla uccisa si suicidò. Il padre e la madre hanno avviato una campagna contro il femminicidio. Un amore forte che si rinnova a ogni tournée, quello di tifosi e tifose che a volte sono finite nelle sue canzoni. Silvia Benuzzi lo dice apertamente: «Mi sono riconosciuta nella canzone di Vasco, certo, penso che lui sia una persona molto sensibile. Solo persone così possono cogliere gli aspetti più profondi dell’animo umano». Per il giovane artista agli esordi, Silvia era «una ragazzina di quattordici anni, nel momento in cui esplode la vita e da bambina diventa adolescente. Ero anche dalla sua parte quando si metteva il rossetto e la mamma non voleva».
Oggi Silvia ha 59 anni e insegna filosofia e psicologia in una superiore di Modena: «Andavo a Punto Radio e al Punto Club (la radio fondata da Vasco e il locale in piscina a Zocca, ndr), ed ero molto timida. Una volta chiesi a mia madre se potevo andare al Punto, dove Vasco presentava il suo primo singolo: ha cantato Jenny e Silvia e dopo ha detto che per Silvia si era ispirato a una ragazza di Zocca. Si sono girati tutti, io invece non avevo capito che parlava di me». Sembra di vederle, mentre si vestono per uscire, camminano per strada mangiando una mela, vanno in discoteca allo Snoopy a Modena, dove Vasco Rossi faceva il dj. Susanna Marani era la bambina tutta colorata che quando va ballare sembra un’aranciata, altro ritratto di una ragazza che ogni domenica pomeriggio, andava allo Snoopy: «Era il 1978 quando conobbi Vasco – racconta –. Le donne non gli giravano molto intorno, era ancora soltanto un dj. Quell’estate, a Zocca, vidi le sue canzoni sul suo bloc-notes. Avevo sedici anni, andavo a trovarlo a casa sua. Non pensavo sarebbe diventato famoso, alla nostra combriccola piaceva il fatto che si suonasse insieme. C’era anche Massimino (Riva, il chitarrista di Vasco): in discoteca ballavamo insieme mentre Vasco metteva Il Triangolo di Renato Zero».
È il 1980 e l’album in uscita Colpa d’Alfredo, quando Susanna appare nella canzone: «Mi sono ritrovata in ogni parola – dice oggi –. Gli ho detto ma come hai fatto a riconoscermi così bene... Non che me la tirassi, ma ero un po’ sfuggente ed ero sempre a ballare in pista, guardandomi intorno per vedere se c’erano dei bei ragazzi». Susanna e Vasco ebbero «un piccolo flirt fra i boschi di Zocca. Aveva sempre la chitarra per suonare». Vasco, le donne, le canzoni. Vania Mancini, oggi tassista a Roma, il 29 giugno dell’89 era al PalaEur per il concerto: sedicenne scatenata, si fece largo a spintoni per arrivare fin sotto al palco, dove i faretti illuminarono i suoi occhi verdi da gatta. Il cantante la vide, la segnalò a Roccia, la guardia del corpo, e questi la invitò nel backstage dopo lo show: «Gli piaceva conoscere di persona i fan più appassionati – ricorda Vania –. A me chiese di che segno ero e quando glielo dissi mi fece: "pure io sono dell’Acquario". Gli dissi anche di Pietrabbondante, il paese di mia madre in Molise, poi mi fece riaccompagnare a casa da Roccia a patto che tornassi anche la sera dopo. Così cominciai ad andare in tour. Dal palco mi dedicava Vivere senza di te, diceva che ero la sua musa ispiratrice. A mia mamma dicevo che andavo in vacanza dalla nonna di una mia amica». Non conoscendo il numero di Vania a Pietrabbondante, la cercò sull’elenco a tutti i numeri intestati a Mancini, prima di incappare in una zia: «Quando mi chiamarono al telefono c’era lui che mi diceva: vieni in tour con noi».