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 2022  maggio 22 Domenica calendario

Alpini accusati di molestie, il dossier è ancora fermo

Il dossier con le denunce delle molestie degli alpini? «Penso sarà presentato all’autorità giudiziaria all’inizio della settimana» dice al Corriere Alice, una delle attiviste di «Non Una di Meno», una delle associazioni transfemministe che hanno raccolto – con un sondaggio online – le segnalazioni di fischi, apprezzamenti pesanti, offese e palpeggiamenti censita all’adunata nazionale delle «Penne nere» a Rimini dal 5 all’8 maggio scorsi. 
Domanda inevitabile: possibile che dopo due settimane di annunci la consegna del fascicolo slitti ancora? Alice, minuta, battagliera, scuote la testa: «Stiamo continuando a incontrare le ragazze che vogliono denunciare, quando avremo finito ci sarà una conferenza stampa con il team legale che ci assiste». 
Sta di fatto che per adesso una sola è la denuncia formalizzata. A presentarla ai carabinieri è stata una 25enne che, nelle vicinanze di un bar, sarebbe stata circondata da tre persone in mezzo alla folla che l’avrebbero strattonata e insultata con frasi dall’esplicito riferimento sessuale. Lei si è divincolata ed è scappata via. Dopo il rapporto inoltrato dall’Arma, la Procura ha aperto un’indagine contro ignoti. Sul contenuto dell’inchiesta filtra pochissimo, salvo che sono stati acquisiti i filmati delle telecamere di sicurezza. Per ora non c’è stato alcun interrogatorio «ma è un lavoro lungo» notano gli inquirenti. L’orario preciso della presunta molestia non sarebbe stato indicato nell’esposto mentre per strada c’erano migliaia di persone. Ed ecco perché quei video bisogna «vagliarli attentamente». Quanto alla segnalazione inoltrata tramite la app Youpol alla Questura – dove precisano che durante il raduno nessun allarme molestie è arrivato ai centralini d’emergenza – la donna che l’ha inviata si trova all’estero ed eventualmente sarà ascoltata al suo rientro in Italia. 
Ma qual è il contenuto del dossier? Di sicuro ci saranno i 170 racconti giunti a «Non una di meno Rimini», «Casa Madiba» e «Pride Off» tramite mail o con messaggi agli account social. Per esempio quello di Sara, 27 anni, nazionalità italo-somala, cameriera in un bar chiamata, per le ordinazioni, dalle penne nere con il saluto fascista. Oppure Lela, 18enne bolognese, seguita da «un alpino che si è avvicinato d’improvviso. Per fermarlo è intervenuto un mio amico, preso a pugni. Rivolgermi alle forze dell’ordine? Certo – dice ora —, ci sto pensando: non voglio passarci sopra. Ecco perché mi sono rivolta a un legale della Casa delle Donne». 
«Difficile denunciare, in città c’è un clima ostile, omertoso» sostengono le femministe che giovedì alle 18 si sono incontrate in un’assemblea in piazza Malatesta, a un chilometro dal palazzo in cui, poche ore prima, un peruviano ha ucciso la moglie che voleva lasciarlo. Circa cento le attiviste (ma c’erano anche uomini) al dibattito in cui si sono sentite frasi così: «Se lavori dietro al bar e sei precaria è difficile parlare di molestie con il titolare che ti guarda storto...». E ancora: «Ci hanno intimidito per quello che abbiamo fatto emergere», «ci è stato detto che i 168 milioni di euro portati dagli alpini al raduno – la cifra è quella fornita dal Comune, ndr — dovevano essere un buon motivo per stare zitti...». Infine: «chi lavora nel settore turistico ha subito ricatti di ogni tipo, ascoltando queste parole: «Se ti offrono da bere, devi bere anche tu e assecondarli». 
Poi c’è il racconto, pure questo finito nel dossier femminista, di ciò che è avvenuto in una scuola professionale non lontano dalla stazione. Non ci sono denunce, sebbene al  Corriere diverse testimonianze confermino la scena. Questa: delle studentesse sono in pausa pranzo in un bar dove accettano una birra da alcuni alpini visibilmente alticci. Verso le 13 una prof si affaccia in strada richiamandole per la lezione. Le penne nere le dicono: «resti qui...» e l’afferrano, palpeggiandola. La docente si divincola, scalcia, si rifugia nella scuola di fronte al locale. 
I «bocia» la seguono schiamazzando, salgono le scale sino al secondo piano. Solo l’arrivo di altri docenti consente di respingere le penne nere che però, scendendo, prendono di peso, sempre ridendo, una segretaria per lasciarla infine nell’androne. Secondo la dirigente gli alpini sarebbero saliti «ma bonariamente e non sarebbero stati molesti». 
Contro le «penne nere» girano anche, sul web, vere e proprie «bufale» tipo quella per cui tre di loro avrebbero trascinato in un hub una ragazza con indosso un cartello «no vax». Non la molestano, ma la vaccinano. Per quanto assurda, la vicenda diventa virale. Eppure la sedicente giornalista che l’ha rilanciata per prima da tempo è stata smascherata dai «debunker»: il suo è un profilo fake. E mette in Rete solo storie inventate.