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 2022  maggio 22 Domenica calendario

Tre ucraini su 10 mangiano meno per nutrire i figli

Il mese prossimo il Programma alimentare mondiale (Wfp) pubblicherà il suo rapporto annuale sui cosiddetti «hunger spots», i «luoghi della fame»: i Paesi nei quali è più grave la minaccia di una crisi alimentare. E per la prima volta da quanto esiste questo studio, secondo alcune persone direttamente informate, l’organizzazione delle Nazioni Unite inserirà nella sua lista un Paese europeo. Accanto ad Afghanistan, Angola, Libano, Siria, Sudan o ai Paesi del Sahel, nell’elenco dei centri di allarme per la fame di massa comparirà anche l’Ucraina. 
Le implicazioni pratiche, psicologiche e politiche rischiano di essere profonde per una nazione la cui stessa identità storica è legata a un episodio di denutrizione di massa. Lo «Holodomor», lo «sterminio per fame», corrisponde alla stagione del 1932 e 1933 durante la quale fra 3,5 e dieci milioni di ucraini morirono nella carestia indotta dalla collettivizzazione sovietica imposta da Stalin. Ogni anno in novembre si rievoca in Ucraina quello che oggi è riconosciuto come un genocidio causato dal Cremlino. Di quell’esperienza restano tracce profonde in ogni famiglia e il suo ricordo è una parte fondamentale della coscienza dell’Ucraina indipendente dal 1991. 
Un’emergenza alimentare innescata da decisioni prese a Mosca è dunque oggi anche un evento politico. Fortunatamente quella attuale non è paragonabile per gravità allo sterminio di 90 anni fa, neanche dopo tre mesi di guerra. Anch’essa però è così evidente che il Wfp l’ha misurata in un’indagine. Un abitante su tre dell’Ucraina – dunque una decina di milioni di persone – vive in condizioni di «insicurezza alimentare» (definita come il non avere accesso a più di un pasto al giorno). Oltre un terzo delle famiglie nel Paese sono rimaste senza reddito e tirano avanti grazie a doni, sussidi o vendendo le loro proprietà. Fra gli adulti sentiti dal Wfp in un sondaggio concluso a metà aprile, il 29% afferma che sta limitando il proprio consumo di cibo per permettere ai propri figli e nipoti di mangiare. 
L’Ucraina oggi resiste in una situazione paradossale. Quel che manca non è il cibo, ma la possibilità di farlo arrivare dove serve. Il ministro delle Finanze di Kiev Sergii Marchenko ha detto al Corriere il 28 aprile che milioni di tonnellate di grano sono immagazzinate a Odessa per l’esportazione e restano bloccate perché i porti sul Mar Nero sono chiusi dalla marina militare russa. Sempre più chiaramente, lo strangolamento economico dell’Ucraina è uno degli obiettivi del Cremlino in questa fase del conflitto e proprio per questo riaprire i porti non sarà facile. Intanto milioni di persone restano in difficoltà alimentare in Ucraina perché la logistica del Paese in guerra non consente di riportare i cereali all’interno là dove servirebbero. 
Sono tre i settori della popolazione più colpiti dalla carenza di alimenti. C’è l’Est ucraino occupato dall’esercito russo, dove il Wfp stima che metà o più della popolazione ha scarso accesso al cibo (nella regione di Luhansk il 56% delle famiglie vive in insicurezza alimentare e il 47% non consuma pasti adeguati). C’è il Sud martoriato dai bombardamenti, dove i valori sono simili. Infine ci sono gli sfollati interni all’Ucraina, una nazione nella nazione: otto milioni di persone che hanno abbandonato le proprie case, ma non sono riuscite a raggiungere un centro per i profughi in Europa come hanno fatto altri sei milioni di profughi. E fra quelle famiglie, specie se separate durante la guerra, metà o più hanno problemi di accesso al cibo. 
Questo trauma rafforzerà nella nazione il sentimento di unità e indipendenza, ma non facilita il compito del presidente Volodymyr Zelensky nelle scelte da compiere nelle prossime settimane. L’economia ucraina sta crollando del 45%, secondo la Banca mondiale. L’amministratore delegato Yuriy Ryzhenkov ha detto ieri al Corriere che alcuni impianti del suo gruppo Metinvest, il maggiore del Paese, lavorano al 50% (se e quando restano aperti). 
Dopo le prime settimane di reazione adrenalinica all’aggressione russa, la povertà di un popolo stremato può rivelarsi logorante. Su Zelensky potrebbe farsi sentire la pressione a trattare per una tregua: anche a condizioni che, per Kiev, restano difficili da accettare.