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 2022  maggio 21 Sabato calendario

Le pandemie secondo Bill Gates



Possiamo imparare dal Covid e decidere di migliorare la nostra capacità di proteggerci dalle malattie letali; è anzi indispensabile elaborare un piano e finanziarlo subito, prima che il Covid smetta di fare notizia, il senso di urgenza svanisca e l’attenzione del mondo si sposti su qualcos’altro. Numerose relazioni hanno documentato gli aspetti positivi e negativi della risposta del mondo al Covid, e da esse ho imparato molto. Ho anche ricavato parecchie lezioni fondamentali dal mio lavoro sulla salute globale, in particolare dai progetti per debellare la poliomielite, e seguendo la pandemia giorno per giorno insieme a esperti della fondazione e di governi, università e aziende private. Un elemento chiave è studiare i Paesi che hanno ottenuto risultati migliori degli altri.
Bisogna aspettarsi varianti, ondate e casi di positività tra i vaccinati
A meno che non vi occupiate di malattie infettive, probabilmente non avevate mai sentito parlare di varianti prima del Covid. L’idea potrebbe sembrare nuova e spaventosa, ma non c’è nulla di particolarmente insolito nelle varianti. Per esempio, i virus dell’influenza possono rapidamente mutare in nuove varianti, ed è per questo che i vaccini antinfluenzali vengono rinnovati ogni anno e spesso vengono aggiornati: a preoccupare sono le varianti più facilmente trasmissibili o in grado di eludere il sistema immunitario.
Nelle prime fasi della pandemia, all’interno della comunità scientifica era ampiamente diffusa l’idea che, anche se molto probabilmente ci sarebbero state alcune mutazioni del Covid, non avrebbero creato grossi problemi. All’inizio del 2021, gli scienziati sapevano che stavano emergendo delle varianti, ma sembravano evolversi in modi simili, inducendo alcuni studiosi a sperare che il mondo avesse già conosciuto le peggiori mutazioni di cui il virus era capace.
La variante Delta dimostrò però il contrario: il suo genoma si era evoluto per renderla molto più trasmissibile. L’arrivo di Delta è stato una brutta sorpresa, ma ha convinto tutti che potessero manifestarsi anche altre varianti. Mentre sto terminando la stesura di questo libro, il mondo sta fronteggiando un’ondata travolgente di Omicron, la variante finora più rapida nel propagarsi; anzi, il virus a diffusione più veloce che si sia mai visto.
Le varianti virali sono sempre una possibilità. In futuro, quando appariranno nuovi focolai, gli scienziati monitoreranno da vicino le varianti per assicurarsi che qualunque nuovo strumento venga approntato sia efficace anche contro di esse. Ma, dal momento che ogni volta che un virus passa da una persona a un’altra ha un’occasione per mutare, la cosa più importante sarà continuare a fare ciò che riduce sicuramente la trasmissione: seguire le raccomandazioni degli esperti sulle mascherine, il distanziamento sociale e i vaccini, e fare in modo che i Paesi a basso reddito ricevano i vaccini e gli strumenti di cui hanno bisogno per combattere il patogeno.
Se l’emergere delle varianti non è stata una sorpresa, non lo sono stati neppure i casi in cui persone vaccinate hanno finito comunque per venire infettate. Finché non avremo vaccini o farmaci in grado di bloccare totalmente l’infezione, alcune persone vaccinate saranno inevitabilmente contagiate. Con l’aumentare del numero di vaccinati in una data popolazione, i casi complessivi caleranno, e una percentuale crescente di questi riguarderà persone vaccinate.
Ecco un modo per raffigurarsi la questione. Immaginiamo che il Covid si diffonda in una città con un tasso di vaccinazione piuttosto basso. Mille persone sviluppano una forma della malattia così grave da rendere necessario il ricovero. Tra questi mille casi gravi, dieci riguardano persone vaccinate.
Il virus si estende quindi a una città vicina, con un alto tasso di vaccinazione. In questa città si verificano solo cento casi gravi, otto dei quali riguardano persone vaccinate.
Nella prima città, i vaccinati rappresentano l’1 per cento dei casi, essendo 10 su 1.000. Nella seconda, sono 8 su 100, ossia l’8 per cento del totale. Questo 8 per cento sembra una pessima notizia per la seconda città, giusto?
Dobbiamo però ricordare che la cifra importante non è la percentuale di vaccinati che sviluppano la malattia. È il numero complessivo di casi gravi, e questo numero è sceso dai 1.000 della prima città ai soli 100 della seconda. Ciò rappresenta un progresso, qualunque definizione se ne voglia dare. Si è più al sicuro nella seconda città, dove molte persone sono vaccinate, soprattutto se si è una di loro.
Come le varianti e i casi di positività tra i vaccinati, le ondate, ossia le grandi impennate nel numero di casi, non sono state di per sé una sorpresa. La storia delle precedenti pandemie ci ha insegnato che le ondate si verificano, eppure Paesi di ogni parte del mondo sono stati colti alla sprovvista. Ammetto di essere stato sorpreso, come molti, dall’entità dell’ondata di Delta in India a metà del 2021. In parte è stata dovuta a una pia illusione, all’erronea convinzione di potersi rilassare, dal momento che il Paese era riuscito a contenere il virus nei primi mesi del 2020. Un’altra spiegazione racchiude un’amara ironia: i Paesi che ottengono i migliori risultati nel contrastare il virus all’inizio sono spesso soggetti a successive impennate nei casi, perché le misure per contenerlo hanno evitato che la gente si ammalasse e sviluppasse un’immunità naturale. L’obiettivo è usare le misure di contenimento per ritardare il dilagare dei contagi, evitare il sovraccarico degli ospedali e guadagnare tempo per proteggere la gente con i vaccini. Ma, se una variante particolarmente contagiosa appare prima della distribuzione su vasta scala dei vaccini e le misure di contenimento vengono sospese, è quasi inevitabile che si verifichi una grande ondata. L’India non ha tardato molto a imparare questa lezione, e più avanti nel 2021 ha condotto una efficace campagna di vaccinazione contro il Covid.
Investire nell’innovazione paga
Si tende a dare per scontato che le innovazioni avvengano praticamente dalla sera alla mattina. Se a gennaio non avreste saputo riconoscere l’Rna messaggero neppure trovandovelo di fronte, ed entro luglio avete letto tutto al riguardo e siete stati immunizzati con un vaccino che lo utilizza, potreste pensare che per passare dall’idea alla realtà ci siano voluti solo sei mesi. L’innovazione non avviene però all’istante. Richiede anni di sforzi pazienti e ostinati da parte degli scienziati – ai quali capita più spesso di fallire che di riuscire nel proprio intento – così come finanziamenti, politiche intelligenti e una mentalità imprenditoriale per portare un’idea dal laboratorio al mercato.
È terrificante immaginare quanto sarebbe stato devastante il Covid se anni fa i governi degli Stati Uniti e di altri Paesi non avessero investito nella ricerca sui vaccini che utilizzano l’Rna messaggero o in un altro approccio detto a vettore virale. Nel solo 2021, ne sono state distribuite circa sei miliardi di dosi nel mondo. Senza questi vaccini ci saremmo ritrovati in una situazione decisamente peggiore.
La pandemia ha offerto dozzine di altri esempi concreti di idee innovative, intuizioni scientifiche, nuovi strumenti diagnostici, provvedimenti, terapie e persino modi per finanziare la diffusione di tutte queste cose in ogni parte del mondo. I ricercatori hanno imparato molto su come i virus si trasmettono da una persona all’altra. E, dal momento che la trasmissione del virus influenzale è sostanzialmente cessata durante il primo anno di Covid, i ricercatori adesso sanno che è possibile fermare l’influenza, il che fa ben sperare per i futuri focolai di influenza e altre malattie. Il Covid ha inoltre messo in risalto una verità ineludibile sull’innovazione: gran parte delle capacità necessarie per tradurre la ricerca in prodotti commerciali si trova nel settore privato. Non tutti approvano questo stato di cose, ma lo stimolo del profitto è spesso la forza più potente al mondo per far sì che nuovi prodotti vengano creati rapidamente. Il ruolo del governo è di investire nella ricerca di base che conduce alle grandi innovazioni, adottare politiche che consentano alle nuove idee di prosperare e creare mercati e incentivi (come gli Stati Uniti, che hanno accelerato il lavoro sui vaccini con l’Operation Warp Speed). E quando i mercati falliscono, quando le persone che più hanno bisogno degli strumenti salvavita non possono permetterseli, allora i governi, le organizzazioni non profit e le fondazioni dovrebbero intervenire per colmare questa lacuna, spesso trovando il modo giusto per collaborare con il settore privato.
La prossima volta possiamo fare meglio: cominciando a prepararci seriamente alla pandemia
Il mondo ha reagito al Covid in modo più rapido ed efficace che a qualunque altra malattia nella storia. Ma, per usare l’espressione del compianto educatore e medico Hans Rosling: «Le cose possono andare meglio e possono andare male».
Nella colonna del Meglio, per esempio, metterei il fatto che il mondo è riuscito a sviluppare vaccini sicuri ed efficaci a tempo di record. Nella colonna del Male, metterei che il numero di persone che li stanno ricevendo nei Paesi poveri è troppo basso.
Un’altra voce nella colonna del Male, almeno per il momento: l’incapacità del mondo di essere serio nel prepararsi alle pandemie e nel tentare di prevenirle.
I governi hanno la responsabilità della sicurezza della popolazione. Per gli eventi comuni che provocano danni e vittime, come incendi, disastri naturali e guerre, i governi dispongono di apposite strutture: hanno esperti che comprendono i rischi, reperiscono le risorse e gli strumenti di cui hanno bisogno e compiono esercitazioni per affrontare le emergenze. I militari compiono manovre su vasta scala per accertarsi di essere pronti all’azione. Gli aeroporti organizzano simulazioni per essere sicuri di saper rispondere a un’emergenza. Le amministrazioni cittadine, statali e federali si preparano ad affrontare le calamità naturali. Persino i bambini compiono esercitazioni antincendio e, se vivono negli Stati Uniti, per prepararsi alle sparatorie a scuola.
Sul fronte delle pandemie, però, non accade praticamente nulla di tutto ciò. Anche se da decenni vengono lanciati allarmi su nuove malattie che potrebbero uccidere milioni di persone – una lunga serie di avvertimenti si è susseguita prima e dopo il mio del 2015 – il mondo non ha reagito. Nonostante tutto l’impegno profuso dagli esseri umani per prepararsi agli attacchi di altri esseri umani, agli incendi e agli uragani, non ci siamo seriamente preparati all’attacco del nemico più piccolo che si possa immaginare. Nel corso del libro sostengo la necessità di un esercito globale di persone, il cui lavoro consista nell’alzarsi ogni mattina riflettendo sulle malattie che potrebbero uccidere un gran numero di persone: come individuarle subito, come reagire e come valutare se siamo pronti ad affrontarle. Riassumendo: il mondo non ha mai investito negli strumenti di cui ha bisogno contro una pandemia, né si è preparato a essa. È giunto il momento di farlo.
Un’opportunità per imparare
Quando ho cominciato a dire agli amici che stavo lavorando a un libro sulle pandemie, ho colto in loro un certo stupore. Molti erano stati così gentili da leggere il libro sul cambiamento climatico, Clima. Come evitare un disastro (La nave di Teseo, ndr), che ho pubblicato nel 2021 e, sebbene fossero troppo educati per dirlo, era chiaro che stavano pensando: «Quanti altri libri in cui ci spieghi un grande problema e un piano per risolverlo hai intenzione di scrivere? Dobbiamo occuparci del clima. Adesso dobbiamo occuparci anche delle pandemie e della salute. E poi... cos’altro c’è in programma?».
La risposta è che questi sono i due problemi principali. Credo che dovremmo investire maggiori risorse per affrontarli. Il cambiamento climatico e le pandemie, compresa la possibilità di un attacco bioterroristico, sono le minacce esistenziali all’umanità che hanno le maggiori probabilità di realizzarsi. Fortunatamente, abbiamo l’opportunità di compiere importanti progressi in entrambi i campi nel prossimo decennio.
Riguardo al cambiamento climatico, se dedichiamo i prossimi dieci anni a sviluppare le tecnologie verdi, creare i giusti incentivi finanziari e adottare politiche adeguate, possiamo metterci sulla via dell’azzeramento delle emissioni nette di gas serra entro il 2050. Notizie ancora migliori arrivano dal fronte delle pandemie: nel prossimo decennio, se i governi espanderanno i loro investimenti nella ricerca e adotteranno politiche basate sui dati e sulle prove scientifiche, potremo sviluppare gran parte degli strumenti di cui abbiamo bisogno per impedire che un focolaio dia luogo a una catastrofe. La quantità di fondi necessaria per prepararsi ad affrontare una pandemia è molto inferiore a quella necessaria per evitare un disastro climatico.
Questo obiettivo potrebbe sembrare remoto. Può essere difficile convincersi di avere la capacità di influenzare il corso di una pandemia. Una nuova, misteriosa malattia è terrificante, e può essere anche frustrante, perché davanti a essa si prova un senso di assoluta impotenza.
Però ciascuno di noi può contribuire in qualche modo. Eleggere leader che considereranno seriamente la minaccia delle pandemie e, quando verrà il momento, prenderanno decisioni assennate, basate sulla scienza. Seguire le loro raccomandazioni sull’uso delle mascherine, sul rimanere a casa e mantenere le distanze quando si esce. Vaccinarsi appena possibile. Ed evitare la disinformazione e le fake news che inondano i social media, procurandosi le informazioni sulle misure di salute pubblica da fonti affidabili, come l’Oms, i Cdc negli Stati Uniti e i loro corrispettivi negli altri Paesi.
Soprattutto, bisogna impedire al mondo di dimenticare quanto sia stato terribile il Covid. Fate il possibile perché la lotta alle pandemie continui a essere una priorità a livello locale, nazionale e internazionale, in modo che si possa spezzare il circolo vizioso di panico e noncuranza che ne fa la cosa più importante al mondo per un certo periodo, finché non ce ne dimentichiamo e riprendiamo la nostra vita di tutti i giorni. Tutti noi vogliamo tornare a vivere come prima, ma c’è una cosa in cui non ci possiamo permettere di ricadere: l’indifferenza nei confronti delle pandemie.
Non c’è bisogno di rinunciare a vivere, restando prigionieri della perpetua paura di un’altra catastrofe globale. Però dobbiamo essere consapevoli di questa possibilità e fare qualcosa al riguardo. Comprendere questa minaccia meglio di quanto non sia mai accaduto in passato dovrebbe spingere il mondo ad agire: a investire miliardi adesso, in modo da non perdere milioni di vite e migliaia di miliardi di dollari in futuro. Questa è un’opportunità per imparare dai nostri errori e assicurarci che nessuno debba più soffrire per un’altra catastrofe come il Covid. Ma possiamo essere anche più ambiziosi, impegnandoci a costruire un mondo dove tutti abbiano la possibilità di condurre una vita sana e produttiva. L’opposto dell’indifferenza non è la paura. È l’azione.