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 2022  maggio 21 Sabato calendario

Il sondaggio di Pagnoncelli

A tre settimane dall’appuntamento elettorale del 12 giugno il referendum sulla giustizia stenta a decollare nel dibattito pubblico, basti pensare che ad oggi solo poco più di un italiano su due (56%) è a conoscenza della consultazione. Dopo aver comunicato a tutti gli intervistati l’argomento, i quesiti e i promotori abbiamo rilevato l’importanza attribuita a questo voto. Ebbene, il 54% la giudica molto o abbastanza importante, il 27% poco o per nulla e il 19% non si esprime. Sono soprattutto gli elettori del centrodestra ad attribuire importanza a questo appuntamento, in particolare quello di FI e delle forze minori (75%), nonché quelli della Lega (72%) che fa parte del comitato promotore insieme ai Radicali italiani.
A fronte di questi dati non stupisce che la propensione a recarsi alle urne sia attualmente piuttosto contenuta: la partecipazione è stimata tra il 27% e il 31%, quindi il raggiungimento dal quorum al momento appare distante. Le ragioni sono diverse: la risonanza mediatica su questo appuntamento è stata finora piuttosto limitata e ciò ha suscitato comprensibili lamentele da parte dei promotori; ed è altrettanto comprensibile che le preoccupazioni dei cittadini riguardino oggi più il conflitto in atto e le sue conseguenze economiche piuttosto che i temi della giustizia i quali, peraltro, a molti risultano ostici. E non va dimenticato che lo strumento referendario nel corso degli anni ha perso attrattiva, non a caso degli ultimi otto referendum istituiti dal 1997 al 2016 solo uno ha superato il quorum ed è risultato valido. E tra i «non validi» ce ne furono due (1997 e 2000) che comprendevano quesiti riguardanti la giustizia.
Quanto ai singoli quesiti, gli orientamenti di voto sarebbero i seguenti: prevale il No (con il 56% tra coloro che intendono andare a votare e hanno già deciso cosa votare) all’abrogazione della parte della legge Severino che prevede l’incandidabilità, l’ineleggibilità e la decadenza automatica per parlamentari, membri del governo, consiglieri regionali, sindaci e amministratori locali nel caso di condanna per reati gravi; il No (con il 54%) si affermerebbe anche riguardo alla possibilità di eliminare la «reiterazione del reato«dai motivi per cui i giudici possono disporre la custodia cautelare in carcere o ai domiciliari per una persona durante le indagini e quindi prima del processo. Gli orientamenti di voto variano significativamente in relazione all’appartenenza politica, infatti sul primo quesito (incandidabilità dopo la condanna) la volontà di abrogazione prevale nettamente tra i leghisti (69%), mentre sul secondo quesito (custodia cautelare durante le indagini) è maggioritario oltre che tra gli elettori di Salvini (70%) anche tra quelli di FI (69%) e, sia pure di poco, tra i sostenitori di FdI (51%).
Viceversa, ad oggi prevale nettamente il Sì negli altri tre quesiti, a partire da quello riguardante la separazione delle carriere (84%) che, se approvato, determinerebbe l’impedimento per i magistrati di passare dal ruolo di giudice a quello di pubblico ministero ponendo fine alle cosiddette «porte girevoli». Inoltre, prevale il Sì (con il 71%) all’abrogazione della norma che esclude gli avvocati, parte di Consigli giudiziari, dalle votazioni in merito alla valutazione dell’operato dei magistrati e della loro professionalità. Infine, il 70% propende per abrogare l’obbligo di un magistrato di raccogliere da 25 a 50 firme per presentare la propria candidatura al Csm. Anche riguardo ai tre quesiti che vedono prevalere i Sì la percentuale di consenso all’abrogazione risulta nettamente più elevata tra gli elettori di centrodestra, in particolare tra i leghisti che fanno registrare valori tra l’82% e il 92%.
Si tratta di stime da prendere con grande cautela, più come tendenza che non come previsione del risultato finale, a fronte del limitato livello di conoscenza dei quesiti, della loro complessità e, soprattutto, dell’incognita riguardante l’affluenza. Va ricordato che nella stessa data della consultazione referendaria sono indette le elezioni in 978 comuni che coinvolgeranno circa 9 milioni di elettori, e ciò potrebbe aumentare i votanti al referendum. Ma, al contrario, non depone a favore dell’affluenza il pronostico degli italiani, solo il 20% dei quali ritiene che il quorum verrà raggiunto, mentre il 48% è di parere opposto e il 32% non è in grado di fare previsioni. Insomma, la strada del quorum appare molto in salita.