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 2022  maggio 21 Sabato calendario

Il Donbass raso al suolo

«Ci sono tombe nei cortili. Non c’è un edificio intatto. E molte case non potranno mai più essere ricostruite». Quando l’imprenditore Serhiy Haidai fu nominato governatore di Lugansk, nel 2019, i giornali scrissero che la sua era una missione quasi impossibile: quel pezzo di Donbass era ormai una repubblichetta filorussa e agli ucraini restavano solo le cittadine di Severodonetsk, di Rubizhne, di Lysychansk, poco altro. Haidai andò da Volodymyr Zelensky e accettò lo stesso l’incarico. Ma non immaginava che tre anni dopo avrebbe governato un cumulo di macerie. Severodonetsk è senza luce, acqua, comunicazioni, con la gente sottoterra che si prepara al martirio. E dieci km più in là c’è Rubizhne, conquistata dai russi una settimana fa, già martirizzata: «È come Mariupol – la descrive Haidai —. Scatole di mattoni saccheggiate e bruciate…». Prima dell’invasione, a Rubizhne c’erano 60 mila persone che esportavano i cardio-farmaci della Microkhim, lavoravano agl’impianti d’acido nitrico, producevano rinomati tubi di plastica. Oggi, basta vedere la devastazione della fabbrica chimica di Zarya, che era un orgoglio: «C’è chi è sfollato altrove, chi è stato deportato in Russia. E chi ormai è ostaggio dei ceceni di Kadyrov, e vive nelle cantine. È tutto da ricostruire. Da zero».
Le parole del presidente
L’ultimo tentativo russo d’accerchiare gli ucraini, il terzo in tre mesi, sta radendo al suolo la regione industriale dell’Ucraina: «Il Donbass è completamente distrutto – dice Zelensky – laggiù è l’inferno, e non è un’esagerazione». Danni non solo alle cose: a Chernihiv, l’incendio d’un enorme centro commerciale ha inquinato un’area vasta. «La guerra sta massacrando anche la natura – spiega un dossier della Chiesa greco-ortodossa, impegnata su questi temi —. Aria, acqua, terra, piante, animali. Da Kiev a Donetsk, i versamenti dei depositi di petrolio colpiti, i metalli che penetrano nelle falde lasceranno disastri ambientali per decenni. E questi ecocidi diventeranno omicidi per le prossime generazioni».
Chi dice guerra, dice danni. Da domani al World Economic Forum si parlerà d’Ucraina, d’aiuti e di ricostruzione, il presidente ucraino si collegherà con Davos e intanto si porta avanti: oltre al peso delle sanzioni, avverte Zelensky, la Russia dovrà sostenere anche i futuri risarcimenti. C’è già un primo conto da presentare: fra i 532 e i 566 miliardi di euro, secondo lo studio «La Russia pagherà» che il governo ha commissionato alla Kiev School of Economics. È stata aperta una piattaforma online, chi vuole può accedere e segnalare: «Ricostruiremo ogni edificio, ogni strada, ogni città – promise il presidente ucraino dieci giorni dopo l’invasione – e diciamo alla Russia: imparate la parola “risarcimenti”. Ci ripagherete completamente per tutto ciò che avete fatto». Con droni e ispezioni, e l’aiuto di consulenti tedeschi, si stanno preparando dossier sulle distruzioni più evidenti di quasi 5 mila palazzi civili (31 miliardi), 24 mila km di strade (28 miliardi), 219 impianti industriali (10 miliardi), centinaia di ponti, centrali elettriche, dighe, aeroporti, ferrovie. Secondo Oleksander Kubrakov, il ministro delle infrastrutture, è Mariupol la città più danneggiata: 9 miliardi 395 milioni. Seguono Kharkiv (6 miliardi 679 milioni), Chernihiv (3 miliardi 977 milioni), Sumy (un miliardo 444 milioni). E questo senza contare naturalmente il costo in vite umane: quant’è il prezzo pagato da Bucha, dove si stima un risarcimento di 426 milioni?
La storia insegna che non è facile stimare i danni delle bombe, men che meno farseli pagare: perfino noi italiani abbiamo impiegato decenni, a risarcire le guerre d’Africa. Per quanto riguarda la Russia, che a Davos non ci sarà, il vicepremier Marat Khusnullin promette che «i territori liberati» del Donbass verranno ricostruiti: con che soldi? L’Europa ha già varato aiuti per 9 miliardi, altri 4 sono in arrivo, ma servirà ben altro: «Aiutare l’Ucraina a risorgere dalle ceneri della guerra – raccomanda il documento ReBuild Ukraine della Commissione europea —, proprio come l’Europa risorse dalle macerie del 1945». Il premier polacco Mateusz Morawiecki propone di farsi anticipare i danni di guerra col tesoretto di fondi sovrani russi all’estero, circa 300 miliardi di dollari, congelati dalle sanzioni di febbraio nelle banche dei Paesi del G7. La commissaria europea Ursula von der Leyen ci sta: «Stiamo studiando come poter prelevare legalmente i soldi sequestrati agli oligarchi e usarli in futuro per ricostruire l’Ucraina».
La festa
Gli ucraini non ci sperano troppo, presi come sono dalle difficoltà quotidiane del carburante introvabile, dei prezzi alle stelle, d’un impoverimento generale. «Il rischio adesso è un iperinflazione terribile che divori i redditi già impoveriti degli ucraini», avverte la direttrice del Fondo monetario, Kristalina Georgieva. A Borodianka, fuori Kiev, fra le distruzioni e i crateri delle esplosioni, sopravvive la festa del folklore nazionale, la Vyšyvanka: giovedì, le donne si son messe le camiciole ricamate e hanno rovistato qualcosa da comprare nel mercatino. Cibo, naturalmente, e poi teli di plastica, sacchi di cemento, pezzi di ricambio. C’era anche il black market, dietro le bancarelle, con la merce più preziosa: qualche tanica di benzina.