la Repubblica, 21 maggio 2022
La polemica per i contagi dal sesso
Sono bastate poche parole perché l’ombra tornasse. Lo spettro dello stigma sociale, il ricordo, terribile, degli anni dell’Aids. È bastato che l’Ecdc, il centro europeo di controllo delle malattie, specificasse che il primo cluster di trasmissione umana del vaiolo delle scimmie sarebbe avvenuto «in una comunità chiusa di uomini che fanno sesso con altri uomini», per far scattare il timore di nuove campagne omofobe. Con la memoria, mai sepolta, di quando negli anni Ottanta del secolo scorso le comunità gay, già flagellate dai lutti dell’Hiv, furono emarginate e isolate. Fu necessario il bacio in bocca tra l’immunologo Ferdinando Aiuti e Rosaria Iardino, sieropositiva, per far capire all’Italia, nel 1991, che l’Hiv non si trasmetteva baciandosi e tantomeno con una stretta di mano.
Tra i primi a sottolineare il rischio della storia che replica se stessa (senza averci insegnato nul-la), Ivan Scalfarotto, sottosegretario agli Interni, in risposta al virologo Matteo Bassetti che aveva, anche lui citato la
comunità omosessuale maschile come primo luogo del contagio. «Così ti creo uno stigma in sei piccole parole. Ci siamo già passati con l’Aids che ha uccisopersone di ogni orientamento sessuale. Però non siamo più negli anni Ottanta e la lezione dovremmo averla imparata»,ha detto Scalfarotto. Fabrizio Marrazzo, portavoce del partito gay, chiede che affermazioni del genere vengano vietate dal ministero della Salute, «per evitare che nuovamente si crei uno stigma contro i gay». «Le persone a rischio sono coloro che hanno rapporti sessuali occasionali. I gay possono avere relazioni monogame o occasionali al pari delle persone eterosessuali».Paure infondate? O nel nostro paese l’omofobia è così radicata che i timori sono legittimi? Medici e scienziati provano a spegnere il fuoco, dicendo con chiarezza che qualunque parallelo con l’Hiv è sbagliato e fuori luogo, a cominciare dal fatto che il vaiolo delle scimmie non è letale, è curabile. «L’epidemiologia di questa malattia – ha chiarito Andrea Antinori, direttore sanitario dello Spallanzani – ci dice che si trasmette attraverso i contatti stretti, quelli sessuali lo sono per definizione, ma non sono gli unici possibili. Anche perché la presenza del virus nello sperma o nei secreti genitali è in fase di studio. Evitiamo dunque l’identificazione di questa malattia – ha chiesto Antinori – con il gruppo di uomini che fanno sesso con uomini,perché potrebbe essere stigmatizzante». Parole rassicuranti che mettono in guardia, però, da un pregiudizio che già serpeggia, come un’erba cattiva. Luigi Cancrini, uno dei più importanti psichiatri italiani, ha 84 anni e la durissima stagione dell’Aids se la ricorda tutta. «Penso che rispetto al 1985, l’anno atroce in cui capimmo di essere di fronte a una tragedia epocale, la violenza dei pregiudizi contro la comunità omosessuale si sia per fortuna attenuata. Allora la società credette di salvarsi mettendo al bando due categorie contro le quali la censura era potente: i tossicodipendenti e gli omosessuali. Invece l’Aids, lo sappiamo, si è poi ampiamente diffuso tra gli eterosessuali». Il virus da combattere, per Cancrini, oltre al vaiolo delle scimmie, è il virus della paura irrazionale, determinata anche dalla definizione «sessualmente trasmissibile». «Ritengo che la notizia del cluster non potesse essere nascosta da un punto di vista epidemiologico, per la salvaguardia stessa di quel gruppo di persone. Oggi dobbiamo vigilare però che quell’informazione sanitaria non si trasformi, come avvenne per l’Aids, in una caccia all’untore».