Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2022  maggio 21 Sabato calendario

Berlusconi prova a dare una mano all’amico Putin

«Basta, basta, dobbiamo andare…». Non ce la fa, l’inseparabile senatrice Licia Ronzulli, a frenare la verve di Silvio Berlusconi. Vuole parlare, il Cavaliere, intende tornare sul conflitto in Ucraina, sulle sue dichiarazioni di Treviglio che hanno scosso la maggioranza e generato polemiche e frettolose rettifiche. E lo fa per confermare tutto, anzi per andare oltre: «Credo che l’Europa debba fare una proposta comune di pace cercando di far accogliere agli ucraini le domande di Putin». Dice così, l’ex premier: bisogna «far accogliere agli ucraini le domande di Putin». Saranno i colori di Marechiaro, la vista mozzafiato sul golfo, le piacevolezze della tavola appena lasciata dopo aver consumato un babà: Berlusconi si lascia andare senza filtri, scavalca pronte puntualizzazioni dei vertici del partito sull’atlantismo di Forza Italia. E dice parole che non sono certo fendenti nei confronti dell’amico Putin che ufficialmente l’aveva deluso. Anzi. Il vecchio patriarca ribadisce le critiche ai leader occidentali: «Per portare Putin al tavolo delle trattative non si possono fare dichiarazioni come quelle che giungono da Gran Bretagna e Nato». E sull’invio di materiale bellico a Kiev la posizione rimane di un non mascherabile scetticismo. A domanda diretta, Berlusconi fa una smorfia, si ferma un attimo. Poi dice: «Inviare armi significa essere cobelligeranti, anche noi in guerra. Cerchiamo di farla finire, questa guerra. Ma se dovessimo inviare ancora armi sarebbe meglio non farne tanta pubblicità...». È un uomo anziano ma orgoglioso, Berlusconi. Un capo di partito che a Napoli prova a riproporre la fiction senza tempo della sua vita, le foto con gli sposi che lo vengono a salutare e “Malafemmena” intonata assieme al ristoratore che lo ospita. «Oggi torno per la terza volta in campo», dice. «Il centrodestra ha bisogno di me e non può fare a menodi Forza Italia, altrimenti sarebbe una destra-destra», annuncia prima di sedersi accanto alla neo-sposa Marta che guarda e non sorride. La passerella al ristorante “Cicciotto” di Marechiaro finisce inevitabilmente per oscurare la kermesse napoletana di Fi alla Mostra d’Oltremare, animata dai suoi colonnelli in lite. Ma dove le tensioni degli ultimigiorni, con gli attacchi di Mariastella Gelmini, non trovano eco: la ministra non diserta l’appuntamento con “L’Italia del futuro”, arrivata quasi a ora di cena, tira dritto verso il palco e fa il suo intervento sul Pnrr senza indugiare in polemiche. Ma oggi non assisterà al discorso di chiusura di Berlusconi «per un impegno a Firenze preso precedentemente». Chiedeva un chiarimento sulla linea atlantista di Forza Italia in politica estera, Gelmini, da Berlusconi ieri non ha trovato le rassicurazioni richieste. Il presidente di FI condanna anche le sanzioni: «Fanno molto male all’economia sovietica», dice con un lapsus. Ricordando che la Russia «ha subito calo del Pil del 14%». Ma le sanzioni, aggiunge Berlusconi, «fanno male anche a noi». Poi agita lo spettro del blocco della fornitura del gas: «C’è l’ipotesi sconvolgente di una chiusura di centinaia di migliaia di aziende, con la perdita di tre milioni di posti di lavoro. E con il dilagare della povertà in Italia: potremmo essere costretti a stare a casa con il capotto e la candela. Non voglio neanche pensarci».
Berlusconi, come annota sarcastico Carlo Calenda, «va persino oltre Salvini». E sembra affermare il contrario di ciò che Draghi, in aula, aveva detto solo il giorno prima: «Sarà Kiev a dire quale pace accettare», erano state le parole del premier, che aveva sottolineato la necessità non venuta meno di inviare le armi. Dopo le esternazioni napoletane del Cavaliere, a Chigi nessuno prende posizione. Al premier non sfugge che alla Camera, giovedì, il responsabile esteri di FI Valentino Valentini aveva espresso una posizione di assoluta condivisione nei confronti della linea dell’esecutivo. Giorgio Mulé, sottosegretario alla Difesa, si schermisce: «Nessun imbarazzo per le parole di Berlusconi, conosco l’uomo e le sue idee». Ma in serata, per la seconda volta nel giro di 72 ore, lo staff di Berlusconi si trova costretto precisare a nome del leader: «La posizione non è cambiata, è in linea con quella del Ppe, della Ue e dell’Alleanza atlantica. E l’invio di armi come strumento difensivo è doveroso. L’enfasi propagandistica come ogni atteggiamento provocatorio non fa altro che allontanare la conclusione di questo conflitto». Un comunicato che ammorbidisce i toni, ma non cambia di molto la sostanza delle cose. La tarantella di Silvio sulla guerra si ferma qui. Almeno per ora.