La Stampa, 21 maggio 2022
Berlusconi tra un pranzo a Napoli e la ricetta per far finire la guerra
Silvio Berlusconi, dopo aver pranzato da Cicciotto a Marechiaro, ha detto che inviare le armi è come essere in guerra, e sarebbe più saggio non farlo sapere. Oggi parlerà alla convention di Forza Italia alla Mostra d’Oltremare. Ieri è arrivato da Cicciotto con Marta Fascina, aveva occhiali scuri, vestito scuro, t-shirt scura e capelli scuri. Cicciotto è arrivato col bastone e ha cantato Malafemmena. Anche Berlusconi l’ha canticchiata, in brianzolo-partenopeo. «Malafemmena vuol dire donna cattiva», ha detto il poliglotta Berlusconi a Marta Fascina, dimenticando forse che è cresciuta a Portici. Lei educatamente ha annuito. Hanno mangiato calamaretti e gamberetti fritti, scialatielli alle vongole, babà, delizia al limone e altre ghiottonerie napoletane. Quando ero ragazzo, ha detto Berlusconi, mi chiamavano Vesuvio perché ero un vulcano di idee. L’ultima è di convincere gli ucraini «ad accogliere le domande di Putin», così poi la guerra finisce. I miei amici mi hanno sempre detto che sono un napoletano nato a Milano, ha spiegato ricordando il senso di responsabilità da cui fu spinto nel ’94 alla discesa in campo eccetera eccetera. E che oggi il medesimo senso di responsabilità eccetera. Il Fiano Quintodecimo era molto buono. Bisogna considerare che «le sanzioni hanno fatto molto male all’economia sovietica» (voleva senz’altro dire all’economia russa). «Quanto è bravo Cicciotto a cantare Malafemmena». Erano tutti contrari a che lui scendesse in campo, i collaboratori, la famiglia, «anche la mia mamma». Un parcheggiatore gli ha cantato «O’ sole mio». Il titolo della convention è l’Italia del futuro.