il Fatto Quotidiano, 21 maggio 2022
Pnrr, le colpe del governo e quelle dei partiti
Dopo le dichiarazioni fatte filtrare ai giornali, è arrivata la letterina al Senato: Mario Draghi scrive alla presidente Elisabetta Casellati per dire che, pur “nel rispetto delle prerogative parlamentari”, “senza una sollecita definizione dei lavori del Senato con l’iscrizione in aula del ddl Concorrenza e una sua rapida approvazione entro fine maggio sarebbe insostenibilmente messo a rischio il raggiungimento di un obiettivo fondamentale del Pnrr”. La legge sulla Concorrenza è infatti una delle riforme “abilitanti” per il Piano di ripresa e va approvata, corredata dei relativi decreti attuativi, entro dicembre (e poi ogni fine anno).
Insomma, il premier continua a strigliare i partiti della sua maggioranza: per colpa dei vostri veti rischiamo di non vedere i soldi europei. Fonti governative e parlamentari, però, sostengono che l’esibita incazzatura coi partiti nasconda un’assai più vibrante incazzatura nei confronti di molti suoi ministri: è lì che il Pnrr si è davvero impantanato ed è con loro che Draghi avrebbe minacciato di dimettersi se le cose non si rimettono a camminare.
I ritardi nella realizzazione del Piano di ripresa, che potrebbero mettere in discussione i prossimi assegni da Bruxelles, sono ormai un dato di fatto certificato pure da www.openpnrr.it, opera della Fondazione OpenPolis e del Gran Sasso Science Institute de L’Aquila: presentata ieri alla Camera – dopo che il suo monitoraggio era stato anticipato da Repubblica – la nuova piattaforma segue quasi in tempo reale (e con estrema chiarezza anche per utenti non specializzati) la realizzazione del piano a cui l’Italia ha devoluto gran parte della sua autonomia di bilancio e molte delle sue scelte politiche (vedi il tema Concorrenza) di qui al 2026. Ebbene da Openpnrr.it risulta che l’Italia abbia completato 122 misure, ne abbia 64 “in corso”, 22 “a buon punto” e 551 “da avviare”, ma soprattutto che ha già bucato 17 scadenze temporali (tutte classificate “milestone”, obiettivi intermedi) e nessuna per colpa del Parlamento: mancano decreti ministeriali, bandi di gara, piani d’azione settoriale da parte dei ministeri di Transizione ecologica, Sviluppo economico, Cultura, Salute, Istruzione, Agricoltura, Trasporti.
Per capirci su quanto è preoccupato Draghi per le mancanze del suo governo bisogna capire come funziona la macchina infernale del Pnrr coi suoi milestone e target e quanto poco la P.A. italiana sia preparata ad affrontarla. La mancata “Pubblicazione del Decreto Ministeriale di approvazione della Valutazione Ambientale Strategica (VAS) sul sito del Mite” desumibile da OpenPnrr non è solo un milestone fallito: coinvolge misure collegate da realizzare a ruota come il programma nazionale di raccolta dei rifiuti, quello per ridurre le discariche illegali o le azioni per ridurre le differenze regionali nella differenziata.
Ovviamente questo discorso vale anche per le altre 16 scadenze non rispettate finora. Se infatti si inquadra ogni singolo “milestone” all’interno di “misure” più generali si scopre che al momento ne risultano classificate “in ritardo” ben 30: dai già citati rifiuti all’estensione del tempo pieno e delle mense nelle scuole, dall“Ecosistema innovativo della salute” al “Rinnovo di locomotive merci” e “del materiale rotabile”. Cose che, tutte insieme, valgono qualche miliardo di euro, ma più ancora – e specie in questa fase – spesso prodromiche a progetti ancor più ampi, le “missoini”, com’è il caso della semplificazione delle procedure per l’efficientamento energetico rispetto al Piano per il clima (taglio delle emissioni).
Il tempo perso finora – peraltro prevedibile visto che a fine giugno avremo assunto l’1% delle 116.915 unità di personale necessarie a completare il Pnrr secondo il governo – avrà effetti che saranno plasticamente visibili nelle prossime settimane. Entro il 30 giugno, tra 40 giorni, l’Italia dovrebbe rispettare 58 scadenze: solo 9 risultano già completate, altre 17 sono classificate “a buon punto” e ben 32 “in corso”. Queste ultime in molti casi hanno percentuali di realizzazione più basse o assai più basse di quelle attese in questo momento. Significa che bisognerà correre anche solo per limitare i danni: il legittimo dissenso tra partiti è il suo ultimo problema e Draghi lo sa, anche se fa finta di no.