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 2022  maggio 21 Sabato calendario

La nuova via del grano

BRUXELLES L’Europa può mettere a disposizione i suoi porti sul Mar Nero per trasportare grano e mais ucraini nel resto del mondo, mentre i bilanci dei Ventisette andranno a sostenere le nazioni più esposte al rischio carestia in Africa e Medio Oriente. È attorno a questi punti che si struttura la strategia dell’Unione europea per aggirare il blocco dei porti ucraini e scongiurare una crisi alimentare su scala planetaria, con Kiev che è un autentico granaio per i Paesi del sud del mondo. Alla riunione informale dei ministri dello Sviluppo e della cooperazione internazionale ieri a Bruxelles, l’Alto rappresentante Josep Borrell ha detto che «stiamo entrando nell’era della diplomazia del cibo».
I TERRENI
Borrell ha parlato di un terzo dei terreni coltivati che sono stati abbandonati, adesso che inizia la semina di molte colture, o presi di mira dai russi. «Le truppe di Mosca stanno bombardando i campi ucraini, non permettono la semina dei raccolti, saccheggiano le scorte di cibo e bloccano i confini», provocando l’aumento del prezzo di cibo e fertilizzanti ovunque nel mondo. «Il cibo manca e mancherà, e dove non mancherà sarà costoso, aggravando le disuguaglianze». Per questo, consapevole che per superare lo stallo sul Mar Nero e salvare i 30 milioni di tonnellate di prodotti lì bloccati serve intavolare un dialogo in salita con la Russia e affrontare pure la questione dello sminamento dello specchio d’acqua, Bruxelles guarda nell’immediato principalmente alle altre opzioni disponibili per aggirare il blocco, passando da territori non controllati dalle forze russe. Lavora, cioè, a rotte alternative per far viaggiare i carichi di cereali, così da liberare spazio nei silos ucraini (che al momento ammassano circa 20 milioni di tonnellate) per il prossimo raccolto.
Il primo approdo utile sono i porti Ue che si affacciano sul Mar Nero: in Romania c’è quello di Costana – il cui spazio aereo è presidiato dai militari dell’Aeronautica italiana -, in Bulgaria Varna e Burgos. Per raggiungerli, però, bisogna percorrere un corridoio verde su rotaia, ed è per questo che la Commissione fa appello alla collaborazione degli Stati membri per ridurre al minimo non solo i tempi del tragitto, ma anche quelli burocratici. Un itinerario alternativo porterebbe il grano ucraino sul Mar Baltico, nei porti di Danzica e Gdynia. Intanto, secondo fonti di stampa di Kiev, pure gli Stati Uniti starebbero valutando insieme all’Onu una possibile rotta baltica per esportare il grano, che attraversa la Bielorussia e arriva fino al porto lituano di Klaipeda; ma per abilitarla, serve prima sospendere le sanzioni adottate contro Minsk negli ultimi due anni. È sulle restrizioni alla Russia, invece, che Bruxelles non intende scendere a patti con il Cremlino, che ancora due giorni fa condizionava lo sblocco dei porti sul Mar Nero alla sospensione delle misure restrittive. Per Borrell, semmai, «la macchina della disinformazione russa cerca di convincere il mondo che l’aumento del costo del cibo è una conseguenza delle sanzioni. Al contrario, è la guerra stessa che sta facendo salire i prezzi».
La macchina diplomatica continuerà nei prossimi giorni i contatti, ma sul tavolo – come anticipato dall’Alto rappresentante – c’è anche l’ipotesi della creazione di un fondo dedicato, a partire dai budget nazionali, per far fronte alle esigenze di tutti quei Paesi maggiormente dipendenti dalle forniture ucraine, dall’Egitto all’Uganda.
I CACCIAMINE
E mentre si cerca la via più rapida per far circolare il grano via terra, si pensa anche a un prossimo e sperabile futuro via mare. Per questa ragione si sta prevedendo di mettere in campo gli sminatori, in modo da rendere il Mar Nero nuovamente navigabile. L’ipotesi è che il governo italiano partecipi all’operazione, dopo aver comunque informato, in via discreta, l’America e i membri della Nato. I nostri genieri sono sempre stati considerati tra i più bravi a livello internazionale e ora Palazzo Chigi sta valutando, non appena verrà stabilito un cessato il fuoco, la possibilità di inviare due cacciamine della classe Gaeta e Lerici, proprio in quella parte di mare che i russi hanno disseminato di mine. Le navi destinate a queste operazioni sono in vetroresina e con pochissima massa metallica. Sono lunghe circa 50 metri e hanno a bordo un equipaggio tra 40 e 50 persone. Non si tratta di navi comuni, ma adatte a questo tipo di operazioni. A bordo sono presenti palombari esperti sminatori, oltre a robot per individuare le mine e piccoli sommergibili da perlustrazione.
Gli interventi di questo tipo saranno comunque possibili solo in caso di una tregua tra Kiev e Mosca, quantomeno per quella porzione di Mar Nero. Un elemento necessario per consentire al presidente turco Erdogan di rimuovere il divieto d’accesso negli Stretti, imposto con l’inizio della guerra.