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 2022  maggio 21 Sabato calendario

Usa, boom di dimissioni

A marzo di quest’anno 4,5 milioni di americani si sono volontariamente dimessi dal lavoro. In totale, nei tre mesi da febbraio ad aprile, il 12,3% di tutti i cittadini adulti degli Usa ha lasciato di propria sponte l’impiego. Secondo i sondaggi, il 60% l’ha fatto, schiettamente, per andare a guadagnare di più altrove, una motivazione molto americana, coerente con il mercato fluido del lavoro nel Paese e perfettamente comprensibile. Per certi versi è più interessante la fetta minore (ma pur sempre significativa, il 40%) dei dimissionari che «hanno lasciato» attribuendo la scelta, tra motivi principali e secondari, alla percezione che: «Il mio posto richiedeva troppe ore di lavoro». Per dire, si sono stufati.

Inizialmente il fenomeno è stato messo in rapporto alla pandemia di Covid-19 ai conseguenti lockdown e all’isolamento sociale che hanno imposto insoliti periodi di introspezione a molte persone. La spiegazione è convincente e pareva giustificare una prima ondata di dimissioni «Yolo» (acronimo di «You Only Live Once», vivi una volta sola) riconducibile a una sorta di riesame esistenziale di massa. La pandemia però è ormai calata alla dodicesima posizione nel censimento delle principali preoccupazioni pubbliche negli Usa condotto da Pew Research. Preoccupano molto di più l’inflazione, i costi sanitari e la criminalità, che occupano rispettivamente i primi tre posti. Sono temi che superano ormai di gran lunga i timori generati dagli strascichi della pandemia.
Al tempo stesso, i numeri dicono che la Great Resignation e la sua ondata di dimissioni si rafforza e accelera. Qualcosa di affine pare stia succedendo anche nel Regno Unito, dove la dichiarazione ufficiale di fine emergenza Covid (mesi fa ormai) non è stata accompagnata da un ritorno massiccio negli uffici.

Il Work From Home si è quasi istantaneamente istituzionalizzato, specialmente nella pubblica amministrazione. Il sindacato dei dirigenti e quadri di Whitehall (il Civil Service britannico) propone ora di slegare il concetto di lavoro da ogni riferimento alla presenza fisica. Il posto, cioè, non dovrebbe più implicare un’attività che si svolge in un ambiente preciso, ma piuttosto una sorta di disponibilità mentale.
Il sindacato chiede infatti che i funzionari statali possano anche svolgere la propria attività nazionale pur vivendo all’estero (una circostanza che l’opinione pubblica, già convinta che i dipendenti statali non s’ammazzino di fatica, ha immediatamente identificata con la Riviera francese…).
Quello attuale è un periodo di aggiustamento della società occidentale dopo uno choc sistemico di natura e di proporzioni quasi inaudite. Buona parte della popolazione ha dovuto temere per quasi due anni di poter morire, male, da un momento all’altro. Ora tira un sospiro di sollievo e forse tende un po’ anche a darsi alla pazza gioia. Sfortunatamente, non è che le macchine possano produrre autonomamente tutto ciò di cui gli esseri umani necessitano, né che i governi possano semplicemente stampare i soldi che occorrono. Gli americani lo stanno dimenticando, ma hanno un famoso proverbio: «Di», «Non c’è pranzo senza che arrivi il conto»…