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 2022  maggio 21 Sabato calendario

L’estate del ’65


Quando gli operai ce l’avevano con la Topolino del padrone (mio zio)
Stresa, marzo 1965, prima domenica di sole, ore 12. La Gilera sobbalzava sullo sterrato, risalendo la collina. Erano passati dieci anni, ma ricordavo bene la strada. Ragazzini di 10 anni, lo zio Edmondo faceva un’ infornata di noi sei nipoti, sua figlia Irma e un cane, ci caricava sull’Alfone e ci portava in gita sopra Stresa nell’alto Vergante. ll merito, a dire il vero, era dei suoi operai, che una mattina lo bloccarono mentre entrava nella sua fabbrica con la Fiat Topolino nera e a muso duro gli dissero «Senta Sciur Bianchi, noi non ne possiamo più. Lei ci tratta bene, la paga è buona, il lavoro non manca. Ma essere presi per i fondelli dagli operai delle altre fabbriche perché lei arriva in Topolino, questo proprio non lo mandiamo giù. La guerra è finita, i guadagni ci sono, non vogliamo sembrare dei poveracci. Gli altri padroni arrivano con Mercedes, Lancia Aurelia o addirittura in Ferrari. E Lei? Si compri almeno una Alfa Romeo 1900, di quelle appena uscite, e farà la sua bella figura»

Cosi fu, a guadagnarci fummo noi nipoti, viaggiare con la Alfona era una meraviglia, grande. veloce e comoda. Sopra al lago Maggiore si arrivava in un attimo. Colazione al sacco con pane, salame e coca cola, girando qua e la’ arrivammo in cima a una collina, non sapevo che si chiamava Motta del Santo e che mi avrebbe accompagnato in amore, in affari, in famiglia, nel tennis, per tutta la vita. Con lo zio Dondo si giocava a bandiera, a nascondino, a pallone.
Una pacchia. E poi c’ era quel fienile grande, in un casale di legno, silenzioso e tutto da esplorare.
Dieci anni dopo era ancora lì. Abbandonato, colmo di antico fieno. Fermai la Gilera. Per fare l’amore, una favola, e tornò il rito di pane e salame comprati a Brisino. Visto lo stato d’abbandono del casale decisi di chiuderne la porta per riservarlo a noi. Comprai un lucchetto e ce lo misi. Lei lo riordinò e fu una casa. Ci tornavamo appena possibile. Con breve sosta alla fontana di Levo, per riempire due bottiglie di acqua gelida e purissima. Felicità assoluta per molto tempo. Era destino che il casale restasse in qualche modo nostro.
Quando tolsi quel lucchetto anni dopo, ringraziai in silenzio lo zio Edmondo.