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 2022  maggio 20 Venerdì calendario

MA DAVVERO CI VOGLIAMO RASSEGNARE ALLE PAROLE DI FIAMMETTA BORSELLINO? – LA FIGLIA DEL GIUDICE UCCISO TRENT’ANNI FA IN VIA D’AMELIO HA FATTO UN DURISSIMO ATTO D’ACCUSA CONTRO LA MAGISTRATURA: “LA MANO ARMATA È STATA QUELLA DI COSA NOSTRA, MA C’È ANCHE CHI A QUESTA MANO ARMATA HA SPIANATO LA STRADA, CONSEGNANDO LE TESTE DI FALCONE E BORSELLINO SU UN PIATTO D’ARGENTO” - ''NESSUNO HA VOLUTO GUARDARE DOVE SI DOVEVA GUARDARE: A QUEL PALAZZO DI GIUSTIZIA COVO DI VIPERE, COME LO CHIAMAVA MIO PADRE..." -

L'atto d'accusa arriva a pagina 25 de La Repubblica, eppure le parole di Fiammetta Borsellino meriterebbero la ribalta in un momento in cui c'è chi s' interroga ancora sull'opportunità di organizzare un referendum sulla giustizia italiana e se è il caso di votare sì per cambiare le cose, oppure se è meglio aspettare.

Chissà quando. La figlia del giudice assassinato dalla mafia 30 anni fa era una ragazzina quando ha realizzato che nulla sarebbe più stato come prima, la sua famiglia distrutta dall'assenza di un padre tanto amato, la decisione comunque di restare a Palermo e poi anni di processi, testimonianze, ricerca di colpevoli funestata da continui depistaggi perfino da parte di chi doveva indagare.

Ora, mentre si organizzano cerimonie e i vertici della magistratura fanno discorsi pieni di retorica per omaggiare Paolo Borsellino e Giovanni Falcone, Fiammetta si sfoga. «Ormai ci siamo rassegnati all’idea che noi familiari di tutte le vittime delle stragi non avremo mai una verita giudiziaria», dice.

«Perché nessuno ha voluto guardare dove si doveva guardare: a quel palazzo di giustizia covo di vipere, come lo chiamava mio padre. Non abbiamo piu bisogno di sentenze di condanna che lo affermino e che tanto non arriveranno mai. Per noi», continua la figlia del giudice, «sono chiare le connivenze, le omissioni, le menzogne, le condotte sbagliate di uomini e donne delle istituzioni che non hanno avuto rossore a presentarsi in un’aula di tribunale a balbettare sfilze di “non ricordo”.

Ad essere offesi non siamo solo noi familiari ma l’intelligenza del popolo italiano». Parole coraggiose, come quelle che affido a Libero il 25 settembre all’indomani della sentenza sul processo trattativa Stato-mafia. Perché non vi e dubbio che ci sia stata la mano armata di Cosa nostra a Palermo e a Capaci, ma «anche chi a questa mano armata ha spianato la strada, consegnando le teste di Falcone e Borsellino su un piatto d’argento».