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 2022  maggio 20 Venerdì calendario

Intervista a Bérénice Bajo

«Mi dico sempre: Marion Cotillard vola a Hollywood, io invece vado in Italia. Buon per me».
Bérénice Bejo sta diventando una presenza costante nel nostro cinema. E stavolta al Festival di Cannes, dove quattro anni fa era in Fai bei sogni di Marco Bellocchio (e undici anni fa con The Artist,poi premio Oscar), arriva con Matilda Lutz, l’attrice italiana che proprio lei ha presentato al marito Michel Hazanavicius e che ha un ruolo importante nella commedia di zombie Coupez!.Lo scorso autunno Bérénice era in sala con Il materiale emotivo di Sergio Castellitto, a settembre potremmo vederla alla Mostra di Venezia con Il colibrì di Francesca Archibugi, dal romanzo premio Strega di Sandro Veronesi, nel ruolo di Francesca Lattes, grande amore del protagonista. Incontriamo l’attrice, di origine argentina naturalizzata francese, sulla terrazza Unifrance, quartier generale del cinema francese. Indossa ancora l’abito verde scintillante della Montée des marches.
Perché tanto cinema italiano?
«Non so perché gli italiani continuino a chiamarmi. Io vado, sono cresciuta guardando i vostri film con i miei genitori, la sera in tv. Il primo è stato Bellocchio, aveva amato The Artist,siamo ancora molto amici. Molti registi sono convinti che io parli la vostra lingua, il mio amico Valerio Mastandrea mi scrive sempre in italiano, io rispondo in spagnolo. Quando Francesca Archibugi mi ha chiamato per Il colibrìho detto subito sì. Poi mi sono accorta delle molte scene in italiano.
È stata dura».
“Coupez!” ha avuto un arrivo piuttosto tribolato a Cannes. Avete dovuto cambiare il titolo originale, che era “Z”.
«I problemi sono iniziati già con le elezioni in Francia e la Generazione Z, i ragazzi che sostengono il politico di estrema destra Éric Zemmour. Già allora con Michel ci siamo chiesti: che facciamo? Era lo scorso novembre, ci siamo detti “in fondo è solo una lettera dell’alfabeto, lasciamo così”. Poi, quando ci hanno scelto per Cannes ci siamo posti il problema della Z russa, Michel ha cominciato a ricevere mail direttamente dai produttori edistributori che gli dicevano quanto fosse difficile, per loro, vedere un film con questo titolo. Sono stati gentili con noi, anche perché Michel ha fattoThe Search, un film sull’invasione della Cecenia da parte della Russia. Ma stavolta non si trattava solo di Zemmour, c’era una guerra. Ci è voluto qualche giorno per cambiare il titolo, erano già stati stampati i poster e avevamo speso parecchio nella promozione. Qui però era una questione umanitaria, non si trattava di soldi, tutti noi della troupe siamo contenti di aver preso questa decisione. E ascoltando Zelensky l’altra sera, quando è intervenuto alla cerimonia, ci siamo detti: meno male che abbiamo cambiato il titolo e abbiamo scritto un comunicato di solidarietà per il popolo ucraino».
Non ci si aspettava di vederla in un film di zombie.
«È un omaggio all’horror, ma è una parodia di quel genere. Ma mi piacerebbe lavorare in un film horror, anche se non li guardo, perché sono i set più divertenti. È qualcosa che ha a che fare col tornare bambini, giocare a farci paura, truccarci, il sangue finto... Un Halloween fatto in grande».
Suo marito pensa che la suacarriera di attrice sia stata penalizzata dal fatto di aver lavorato con lui, di passare come “la moglie di”. Forse per questo all’inizio non la voleva in “Coupez!”?
«È vero che non mi voleva ma non so perché. Forse pensava che non fossi adatta al personaggio. Forse preferiva un’altra attrice: ne ha il diritto, è il regista e deve essere libero di scegliere. In ogni caso non mi dispiace essere la seconda scelta: quando ho recitato con Asghar Farhadi inIl passato sono stata presa solo perché Marion Cotillard non poteva. Quando arrivo sul set il ruolo diventa mio, non importa come ci arrivi ma quel che ci metti. Con quel personaggio ho vinto il premio come migliore attrice proprio a Cannes».
Nel film è una truccatriceguerrieradecisamente bizzarra.
«Con mio figlio, appassionato diStar Wars,ci siamo inventati i combattimenti. In questo momento mi diverto soprattutto con la commedia e con personaggi sopra le righe, ho bisogno di uscire dagli schemi. Non ho più voglia di drammi, a meno che non mi chiami Almodóvar. Ho sognato questo mestiere fin da bambina, dopo venticinque anni che lo faccio ho bisogno di stravaganza o quotidianità. Non è che voglia intepretare una giraffa, ma insomma ho voglia di stupirmi un po’».