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 2022  maggio 20 Venerdì calendario

Un ritratto senza sconti di Licia Ronzulli

Un tempo, in qualità di fisioterapista, massaggiò il sacro volto di Silvio ferito. Era il lontano 2009. Oggi, Licia Ronzulli, nei panni del plenipotenziario politico, massaggia direttamente le ferite di Forza Italia che in Lombardia perde il senno e pure il treno della Destra unita. L’antico massaggio fu a causa di quel Duomo appuntito che un disgraziato aveva lanciato sullo zigomo del Capo, che lacrimò. A questo giro è il Capo che ha appena lanciato l’intera Ronzulli sullo zigomo del partito e a lacrimare sono un bel po’ di bellimbusti azzurri, oltre agli occhi furenti di Mariastella Gelmini, che è addirittura ministra, uno se lo scorda, nel Governo dei Migliori.
Agli improperi e alle macumbe dei lombardi commissariati per inettitudine, Licia ha risposto come una piccola Azov: “Sono un soldato nelle mani del Presidente. Quando lui chiama, io rispondo presente!”. E nessuno ha riso dei suoi 40 chili di nervi rivestiti di candida seta quando ha dettato la linea: “Basta litigi. Si vince solo uniti con la Lega e i Fratelli d’Italia. Io coordino. Obiezioni?”. Nessuna. Anche perché, avendoli convocati tutti nella sala riunione della Regione, ha messo in viva voce la voce del Capo che dal trono di Arcore – dove lo sventolavano per l’afa – emanava i dividendi del suo potere ai piccoli azionisti, sollecitandoli all’applauso per il “così è se mi pare”.
E pensare che dal massaggio alla politica fu un attimo. Era il 2007. A quel tempo, Licia Ronzulli, milanese, nata nell’anno 1975, famiglia piccolo borghese, studi ordinari, faceva l’infermiera caposala all’ospedale Galeazzi, specializzata in post lifting. Stava per sposarsi un imprenditore brianzolo. Era già militante azzurra. Ma sapeva ancora niente della democrazia esentasse e oligarchica che l’allievo di Putin elaborava dopo il successo del milione di posti di lavoro purtroppo sfumato per colpa non sua, ma del crollo delle Torri e poi della Lehman Brothers. Lei cercava la sua strada, il suo leader, possibilmente tra i vivi e non tra i moribondi.
Viene arruolata al volo tra “le signorine di Forza Italia che sono piacenti, ma anche laureate”, Silvio dixit, quando le faceva sfilare davanti ai maschi delle prime file. Lei regge il talent. Si affaccia in tv pettinata direttamente da Mauro Crippa, il capo dell’informazione Mediaset. Sa parlare, è fumantina quando serve, ma sa anche sorridere. Viene bene nei talk. Un po’ meno alle elezioni politiche del 2008, prima dei non eletti nelle Marche. Niente paura. Rimedia l’anno dopo, Europee del 2009, quando, appena sposata, conquista il seggio a Strasburgo. Lassù incontra Salvini che detestando l’Europa, sta lì da anni e non avendo niente da fare, le insegna come si campa a Bruxelles. Per passione entra nella Commissione Diritti delle Donne, tutto maiuscolo, sebbene si tratti di una sottocommissione dei Diritti dell’Uomo, pazienza. Il colpo a raddrizzare incertezze, lo fa nel 2010, prima divorziando, poi presentandosi in aula per la votazione in seduta plenaria con in braccio la figlia Vittoria di 44 giorni, per dire che le donne vanno avanti lo stesso, senza mai rinunciare a dignità, diritti, maternità, guardare per credere: tripudio di applausi e fotografi.
L’immagina scricchiola sulla dignità, quando viene pescata a regolare il traffico di ragazze a villa La Certosa, nelle estati sarde di Silvio e del suo amico Giampaolo Tarantini. Una, Susy De Martino, eurodeputata, la accusa “di essere in lista solo perché organizza le feste in Sardegna, come Nicole Minetti ad Arcore”. Lei nega, minaccia, poi ammette: “Ero ospite. Ho dato una mano all’accoglienza degli invitati”.
Qualcosina di più in realtà. Quando Tarantini chiama per il nuovo carico di ragazze da spedire, Berlusconi gli dice: “Mettiti d’accordo con la dottoressa Ronzulli”.
Tarantino: “Chi, Licia?”
“Sì, Licia. È qui a farmi da segretaria”.
Tra veleni e rossetti sfuma pure la rielezione a Strasburgo, ma siccome vince chi perde, Licia incassa un seggio migliore, quello di “assistente personale” del Presidente che in privato chiama Dottore, come gli intimissimi, ma sempre dandogli del lei, per deferente sottomissione. Siamo nel 2016. Una volta arruolata, Licia dà il meglio. Spalla a spalla con Marina, l’ombrosa primogenita del Capo, sgombera Arcore da Francesca Pascale e Mariarosaria Rossi che oramai mettono i piedi sul tavolo. Una finirà tra amori più gentili in un casale del senese. L’altra addirittura nell’esilio del centrosinistra.
Liberato il campo, lo occupa. Tiene l’agenda, filtra gli incontri. Con il leggendario Alberto Zangrillo – che ormai vive ad Arcore in pianta stabile, appartamentino affianco a quello di Nicolò Ghedini – condivide i decorsi post-operatori del grande malato. Il quale, nel frattempo, guarisce persino dall’infatuazione per il Quirinale. Al punto da considerarsi pronto per nuovi amori. Ai quali pensa sempre Licia, che porterà al suo cospetto gli occhi blu di Marta Fascina, con il colpo di fulmine a seguire. Perfezionato organizzando il leggendario “Finto Matrimonio” nella villa vera, con i 50 invitati che stanno al gioco, le 150 statue del giardino che fanno finta di niente, la torta a sei piani, gli 86 anni di lui, i 32 di lei. Tutti numeri da giocare sulla ruota di Posillipo.
Nel frattempo, Licia è diventata senatore. Se la batte con tutte le colonnelle d’area, Anna Maria Bernini, Mara Carfagna, la Casellati, la furente Gelmini che oggi la accusa: “Vuole sfregiare i miei uomini”, prefigurando sfracelli che invece non ci saranno. Licia ha il potere del Capo. E il Capo ha la dannazione della destra più litigiosa di sempre, con in ballo le elezioni di giugno, le prossime Politiche. E l’ascesa di “Io sono Giorgia”, qualunque cosa voglia dire.
Con Licia, Marta e la torta a sei piani – dicono gli arcoriani – “a Berlusconi è tornato l’istinto alla vita”. Si presenta alle cene a mezzanotte, come ai tempi andati. Balla. Specialmente sui numeri in declino di Forza Italia, che vorrebbe riportare almeno alla doppia cifra. È la missione di Licia Ronzulli, la caposala. Se vince, vince qualcosa. Se perde, perde tutto.