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 2022  maggio 19 Giovedì calendario

Intervista a Tom Cruise (che da bambino s’è buttato giù dal tetto con un paracadute fatto di lenzuola)

L’aggettivo più scontato è inossidabile. Ma non basta a spiegare perché quel misto di muscoli e sorrisi, di aria vitaminica da bravo ragazzo e di vaghi sottintesi erotici, di sicurezza e semplicità, fanno di Tom Cruise uno dei divi più venerati del pianeta. Il suo culto anche ieri, sulla Croisette inondata di sole e di echi della guerra, di proclami pacifisti e di tafferugli tra fan, fotografi e giornalisti, è stato celebrato con il massimo di entusiastica partecipazione. Il direttore Fremaux compie il rito presentando la star arrivata in elicottero e la festa comincia con due filmati che sintetizzano la carriera dell’attore, dall’inizio fino all’ultimo capitolo, Top Gun Maverick, regia di Joseph Kosinski, in anteprima al Festival e dal 25 nei cinema con Eagle Pictures, dopo i vari rimandi dovuti alla pandemia e dopo la fiera opposizione allo streaming più volte manifestata dal protagonista: «Faccio film per il grande schermo – ha ripetuto al pubblico in visibilio –. Non ho mai pensato che Top Gun Maverick potesse essere visto altrove. Durante i giorni delle chiusure sono andato a parlare con i proprietari delle sale, ho detto loro “so quello che state vivendo, vi capisco, stiamo girando film che dovranno essere visti per forza sul grande schermo”. Amo andare al cinema e continuo a farlo, in segreto, con il berretto calato in testa, per vedere le storie insieme al pubblico. Recito, ma, prima di tutto, sono spettatore».
Quando è nata la sua passione per il cinema?
«Devo andare molto indietro nel tempo, già da bambino sognavo avventure e da ragazzino ho iniziato a scrivere storie che avrei voluto interpretare. Intanto facevo altri lavori, spalavo neve, tagliavo i prati, e mettevo i soldi da parte per andare al cinema. Sono cresciuto con i film di Buster Keaton e Charlie Chaplin. A 18 anni ho fatto il mio primo provino e quando ho recitato in Taps Squilli di rivolta ho capito subito che avrei dovuto studiare molto per imparare tantissime cose ed educare me stesso. Sono stato molto fortunato perché sulla mia strada ho incontrato persone gentili che mi hanno permesso di apprendere. E poi ogni volta che ho viaggiato non ho mai fatto solo il turista, ho cercato sempre di parlare con la gente, di capire, conoscere le opinioni altrui».
Lei cura ogni particolare dei suoi film, senza fermarsi ai ruoli che la riguardano. Perché?
«Amo il lavoro di squadra, voglio che tutti contribuiscano e che quello che faccio funzioni. La mia decisione di diventare produttore deriva da questo desiderio, realizzare quello che mi interessa nel migliore dei modi. Penso sempre che il film che stiamo girando sia il nostro e non il mio, e la prospettiva da cui lo guardo è quella del pubblico».
Ha recitato con i registi più vari. Stanley Kubrick l’ha diretta in Eyes wide shut facendole ripetere più volte le scene di sesso con Nicole Kidman. Come andò quella volta?
«Con Kubrick era tutto molto destabilizzante, abbiamo parlato per ore del personaggio, nel tentativo di capire quale fosse il tono giusto del personaggio, alla fine lo abbiamo trovato. Il cinema è preparazione di qualcosa che poi miracolosamente accade davanti alla macchina da presa, ma le gente non deve accorgersi di tutto lo sforzo che c’è stato prima».
Nei suoi blockbuster d’azione non ricorre quasi mai agli stuntmen, anche nelle scene più pericolose, perché?
«È come chiedere a Gene Kelly perché balli. Posso dire che a quattro anni e mezzo ero già appassionato di paracadute. Una volta ho costruito qualcosa di simile con le lenzuola, mi sono arrampicato sul tetto e sono saltato giù. Quando mi sono ritrovato a terra ho visto le stelle, ma ho anche pensato che mia madre si sarebbe arrabbiata moltissimo perché avevo sporcato le lenzuola».
Qual è il segreto della sua carriera?
«Non saprei, penso solo che è sempre meglio provare a creare qualcosa, anche se certe volte si sbaglia, anche se magari si ha paura. Ho donato la mia vita al cinema, e ho avuto il privilegio di poter fare questo mestiere. Non lo dimentico mai. Come non dimentico mai di chiedere se non ho capito bene qualcosa».
Come vede il suo futuro, il tempo che passa?
«Non ci penso, sono proiettato verso il futuro, appena finisco un progetto, mi chiedo “e adesso? Qual è la prossima cosa da fare?». —