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 2022  maggio 19 Giovedì calendario

LA CANNES DEI GIUSTI - ALLA FACCIA DI PUTIN E DELLA SUA GUERRA, MA ANCHE DELL’ARRIVO SULLA CROISETTE DI TOM CRUISE, IERI SERA IN SALA È STATO IL TRIONFO DEL PRIMO GRANDE FILM IN CONCORSO, L’ULTRAPOLITICO “LA MOGLIE DI TCHAIKOVSKY" DEL REGISTA DISSIDENTE RUSSO KIRILL SEREBRENNIKOV – IL COMPOSITORE L’AVEVA SPOSATA, MA ERA GAY, E NON RIUSCIVA A FARGLIELO CAPIRE NÉ A SCOPARLA E, INFATTI LEI SI BUTTERÀ SUL SESSO E LE ORGE - SAPENDO, QUANTO PUTIN ODI L’OMOSESSUALITÀ, NON CREDO CHE QUESTO RITRATTO DEL MATRIMONIO SBAGLIATO DEL GENIO RUSSO POSSA FARGLI PIACERE... - VIDEO -

Cannes. Terzo giorno. Alla faccia di Putin e della sua guerra, ma anche dell’arrivo sulla Croisette di Tom Cruise, del film d'apertura sugli zombi di Michel Hazanavicius francamente improponibile, ieri sera in sala è stato il trionfo del primo grande film in concorso, un lungo, complesso, commovente e ultrapolitico “Zhena tchaikovskogo" (“La moglie di Tchaikovsky") del regista dissidente russo Kirill Serebrennikov, autore già di due film bellissimi, “The Student” e “Summer”, che è stato celebrato da un’ovazione finale che lo ripaga dalle critiche un po’ freddine di molti critici blasonati americani e inglesi e che si è chiusa col suo sincero No alla guerra mentre la sua favolosa protagonista, Alyona Mikhailova, che interpretava appunto Antonina Milyukova, la sfortunata moglie del compositore russo, scoppiava a piangere.

Confesso che già ero pazzo del vecchio film di Ken Russell, “The Music Lovers”, 1970, con Glenda Jackson come Antonina e Richard Chamberlain come Tchaikovskyi, da noi tradotto come “L’altra parte dell’amore”, per spiegare il nodo della questione, cioè che lui l’aveva sposata, ma era gay, e non riusciva proprio a farglielo capire né a scoparla (ricordate la grande scena in treno dove lei cerca di farselo in tutti i modi?) e questo porterà lei al manicomio. Non avevo visto allora, invece, la versione russa di Igor Talankin, “Una pioggia di stelle”, 1970, col grande attore russo Innokentiy Smoktunovskiy, ma dove il ruolo di Antonina, interpreta da Liliya Yudina deve essere stato di molto compresso e dove non so quanto si alludesse all’omosessualità di Tchaikovskyi.

E, sapendo, quanto Putin e tutta la sua cerchia odino l’omosessualità, non credo che questo ritratto del matrimonio sbagliato del genio russo possa far loro piacere. Se i due precedenti film sono costruiti sul libro della baronessa Von Meck, grande mecenate del compositore, questo credo riprenda anche l’autobiografia che la stessa Antonina scrisse dal manicomio e parte della biografia scritta dal fratello di lui, Modesto.

Serebrennikov centra subito il problema e parte dal fatto che i diritti e la stessa identità di una donna, nella Russia della fine dell’800 non esistevano, era solo un nome sulla carta identità del marito. Anche per questo lei non accetta in nessun modo il divorzio, rimanendo per sempre la moglie di Tchaikovskyi. Ora. Lui, interpretato da un chiuso e realistico Odin Lund Biron, quando accetta di sposarla, un po’ per la promessa di una certa cifra, 10 mila rubli, che lei otterrà in dote dalla famiglia dalla vendita di un pezzo di foresta (ma non la otterrà), le spiega bene la cosa. Io non sono mai stato con una donna, Saremo come fratelli. E gliela spiega anche meglio un costumista d’opera amico, Scappa subito! Ma lei si è costruita un’opera da melodramma e proverà anche, inutilmente a farselo. provocando la fuga immediata di lui.

Glielo spiega Sasha, la bella sorella drogata di lui, Ekaterina Ernishina, è un “bougro”, e non ci vuole molto a capire che voglia dire. Trovati un altro marito. Non tornerà più. Ma lei non demorde. E intanto si butta sul sesso. Si scopa il suo avvocato. Il costumista la chiude in una stanza con una decina di maschi aitanti nudi e attrezzati e lei dovrà solo sceglierne uno come marito e lei si chiude a chiave con tutti loro per dare vita a un’orgia. Se pensate che il film sia meno scatenato di quello di Ken Russell, non è così. Dopo una prima parte molto classica e più narrativa, a un certo punto partono delle complicatissime riprese in piano sequenza che descrivono lo scivolamento nella non-accettazione di Antonina e uniscono situazioni diverse dove lei si perderà sempre di più.

A cominciare dall’incredibile scena della fuga di lui in treno, da solo, mentre lei rimane a fissare una superficie specchiante e una serie di soldati la guardano. Tutta la seconda parte del film è un delirio di messa in scena e di melodramma. E’ vero che non c’è un vero rapporto fra i due personaggi, lui cerca da subito solo di scappare avendo capito lo sbaglio che ha fatto, ma il film non è su quel rapporto, ma solo nell’evoluzione del personaggio di Antonina, sempre più attaccata a un sentimento che lei stessa si è costruito e a un nome che la definirà per sempre anche dopo morta. “Il genio si può permettere tutto”, dice prima di chiudersi coi maschi col pisello di fuori.

Anche la moglie del genio si potrà permettere tutto. Tchaikovsky se la ritrova anche da morto davanti alla sua bara e non può fare altro che svegliarsi e cercare di mandarla via. In un momento di guerra, di azzeramento delle identità di civili e soldati mandati a morire, di totale omofobia putiniana, il film acquista un valore molto più forte di quanto ci potessimo aspettare. Grande film. Prodotto, ovviamente dai francesi. E intanto Serebrennikov sta completando “Limonov”, tratto dal romanzo di Emmanuel Carrère con Ben Whishaw protagonista.