Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2022  maggio 14 Sabato calendario

Le flatulenze al Tg1

Certo che alla Rai non sono messi bene, lo sappiamo, donne e uomini sull’orlo di una crisi di nervi, poveretti, anche perché ci sono di mezzo i partiti. Invece alla magistratura sono messi benissimo, fanno quello che vogliono, soprattutto perché ci sono di mezzo i partiti, non se ne lasciano scappare una, neppure un peto.
Riassumo i fatti in poche righe: una conduttrice del Tg1, Dania Mondini, denuncia per stalking cinque colleghi. Cosa hanno fatto a questa povera donna? Ci hanno provato? L’hanno palpata, come faceva Kevin Spacey con uomini sul set di House of Cards? No. I 5 carnefici, giornalisti dirigenti (Filippo Gaudenzi, Marco Betello, Piero Felice Damosso, Andrea Montanari e Costanza Crescimbeni) l’hanno spostata a lavorare con un altro collega, cosa che in quell’androdromo che è la Rai è normale, che siano donne o che siano uomini o che siano caporali. Il problema è che il collega con il quale deve lavorare la povera Mondini soffre di flatulenze e eruttazioni. Parole sue «per punirmi mi hanno messo in stanza con un collega che soffre di flatulenza». Per punirla l’hanno messa in una stanza con una persona che ha una patologia (sui social subito sbeffeggiato come “petomane"). Una cosa terribile, che risale al 2018 e finisce in tribunale. Nel frattempo io credevo che la Mondini avesse almeno scritto un libro sulla tortura subìta, tipo un moderno Diario di Anna Frank.
Invece la denuncia produce un processino (che comunque dura anni) che finisce in una bolla d’aria (non volevo fare doppio senso, mi è scappata), e già qui potevamo chiederci come possa la magistratura occuparsi di un caso del genere.
Finita la vicenda? No, magari. La Procura generale riapre il caso, per cavoli suoi. Perché giustamente non aveva di meglio da fare. Perché giustamente la Mondini è donna e dunque va difesa e bisogna condannare i colpevoli delle SS di averla segregata con un uomo che non riesce a trattenere l’aria, come si permette, andrebbe messo in carcere.
È importante che la Mondini sia una donna e venga difesa, in precedenza invece sono stati condannati dirigenti Rai su casi dubbi, però erano maschi, colpevoli a prescindere. Siccome la Mondini è donna, e i carnefici sono cinque uomini, è ovvio che la Procura Generale abbia riaperto il processo, altrimenti mica eravamo in Italia. La Procura Generale si occupa di casi importanti, fino all’intestino del Paese, o comunque se non del paese di alcuni individui, purché maschi.
Tuttavia, oltre agli intrighi psicopolitici (e fisiologici) che avvengono nella Rai, viviamo anche in un periodo politicamente corretto, e vorrei provare a immaginare uno scenario uguale cambiando sessi e orientamenti politici. Mettiamo che Dania fosse stata un uomo, Danio. E mettiamo che i cinque colleghi fossero state colleghe femministe e avessero spostato Danio con una collega di quelle dure e pure e femministe, e che questa avesse sofferto di flatulenza, e che Danio le avesse denunciate per stalking e avesse detto che lui con quella non ci voleva stare, cosa sarebbe successo? Sarebbe partito un processo al contrario, la vittima sarebbe stata la giornalista pubblicamente umiliata per una sua patologia, come se il soffrire di flatulenze fosse colpa sua, e avrebbero immediatamente creato un neologismo inglese, quello del fart-shaming. Ok, possiamo dire che la cosa puzza, la magistratura puzza, il caso puzza. Ma siamo in Italia. Tutto puzza.