Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2022  aprile 15 Venerdì calendario

Biografia di Vittorio Messori

Vittorio Messori, nato a Sassuolo (Modena) il 16 aprile 1941 (81 anni). Giornalista. Scrittore. Il più noto e popolare autore cattolico laico del nostro Paese. Dopo la morte di Umberto Eco è lo scrittore italiano che ha venduto più libri nel mondo.
Titoli di testa «Ringrazio Dio che mi ha permesso di trasformare il mio bisogno di indagare in solitudine sulle ragioni della fede nella mia professione».
Vita Il padre Enzo, poeta in dialetto modenese, dopo tre anni nel Regio Esercito entra nella divisione Littorio della Repubblica Sociale Italiana e, dopo un periodo di addestramento in Germania, combatte sul fronte delle Alpi Occidentali contro i francesi di de Gaulle • A guerra finita, la famiglia si trasferisce a Torino, a borgo San Donato • Dopo il diploma al D’Azeglio Messori si iscrive a Scienze Politiche. «Da universitario mi mantenevo facendo il centralinista di notte alla Stipel, la compagnia telefonica di Torino, con altri giovanotti aitanti. Lo sport preferito delle signore sole era di chiamarci, invitandoci ad andarle a trovare di giorno» [Lorenzetto, CdS] • «Ero l’allievo prediletto di Norberto Bobbio, Alessandro Galante Garrone e Luigi Firpo, la trimurti del laicismo. Non avevo alcuna intenzione di diventare cristiano, meno che mai cattolico. Ma cascai dentro una sorta di buco bianco». Come e quando? «Nell’estate del 1200, pardon, che lapsus linguae! Del 1964, la più calda del secolo scorso. I miei genitori, entrambi mangiapreti, erano in vacanza. Stavo controllando una citazione nel Vangelo, che non avevo mai aperto in vita mia. Non so che mi accadde. Cercai di resistere, ma non vi fu niente da fare. Quando scoprì la conversione, mia madre voleva farmi visitare da uno psichiatra. Galante Garrone mi diseredò moralmente sulla prima pagina della Stampa. Se ora lei mi puntasse una pistola alla tempia e m’ingiungesse di affermare che il Vangelo è una bufala, le direi: spari pure» [Lorenzetto, cit.] • «Divenuto credente, stracciai l’agendina con i loro numeri e gli indirizzi. Quella fu l’unica volta che scoppiai a piangere» [ibid.] • Cosa fece? Ha iniziato a pregare? «No, non sapevo nemmeno come si pregasse. Ho cominciato ad andare a Messa. Ma di nascosto, perché mi vergognavo e temevo la reazione dei miei. Trovai una chiesa lontana da casa per evitare di farmi vedere. Purtroppo un giorno un amico di mio papà mi incontrò e lo riferì a mia madre». Cosa fece? «Si sgomentò. Chiamò il medico di famiglia perché credeva che avessi un forte esaurimento nervoso». E poi? «All’inizio pensavo che la conversione non mi sarebbe convenuta». Cioè? «Avevo una vera e propria allergia per il clero». Solo questo? «No, abbracciando la morale cattolica avrei dovuto rinunciare alle donne. E per me, che ero un donnaiolo, sarebbe stato un problema. Accettare la castità fino al matrimonio mi risultava difficile» [ad Alessia Ardesi, Libero] • Nel 1971 sposa la sorella del suo migliore amico, «oggi diventata testimone di Geova. Mi circuì mentre ero ricoverato in ospedale, in stato di costrizione psicologica, come testimoniò davanti alla Sacra Rota». Le nozze durano poco, ma per la causa di nullità serviranno altri 30 anni [Lorenzetto, cit.] • Nel 1966 «andai ad Assisi a studiare teologia». Si fidanza con Rosanna Brichetti. La sposerà 30 anni dopo, dopo l’annullamento della Sacra Rota del suo primo matrimonio: «Ci sposammo quando lei aveva 57 anni e io 55. Per 30 abbiamo vissuto come fratello e sorella, in case separate. Il cardinale Joseph Ratzinger convinse papa Wojtyla a riaprire il fascicolo sull’unica persona che aveva scritto saggi con entrambi [ibid.] • Lavora per la Sei, la casa editrice dei Salesiani, prima come redattore poi come ufficio stampa. Nel 1970 entra a La Stampa Sera alla cronaca cittadina, poi si occupa di cultura su TuttoLibri • Nel 1976, dopo dieci anni di studi e ricerche, pubblica Sei Ipotesi su Dio, il suo primo libro: «Fin da subito fu chiaro che le appena tremila copie della tiratura iniziale non sarebbero state sufficienti. Le Ipotesi divennero in poco tempo un caso editoriale con un milione di copie vendute solo in Italia dopo appena un anno, segno evidente che l’opera era in qualche modo attesa, era la risposta ad un bisogno latente che evidentemente in quegli anni turbolenti del post Concilio e di profondi sconvolgimenti politici e sociali, aspettava solo la scintilla per esplodere. Scintilla il cui effetto fu senza dubbio accresciuto dal fatto che non si trattava dell’ennesimo lavoro storico-esegetico dell’esperto di turno, ma di un libro su Gesù scritto da uno sconosciuto, per giunta laico, che di mestiere faceva il giornalista» [Luca Dal Pozzo, Tempi.it] • Incipit del libro: «Di Gesù non si parla tra persone educate» • «Il giovane cronista si trovò catapultato tra gli autori più autorevoli e conosciuti del mondo editoriale internazionale. Gran parte dei lettori di Messori divennero presto suoi convinti ammiratori e cominciarono ad inviargli migliaia di lettere con la richiesta di delucidazioni e persino consigli» [Comuzzi, Valtellina.news] • Ipotesi su Gesù è stato tradotto in una trentina di lingue, perfino in arabo, in giapponese, in coreano. Karol Wojtyla, ancora arcivescovo di Cracovia, lo fa pubblicare a puntate sul bollettino della sua diocesi • «Ogni volta che vedevo Umberto Eco ci prendevamo un po’ in giro conteggiando le traduzioni nel mondo. Lui con Il nome della rosa, io con le Ipotesi. Lo misi ko la volta in cui gli dissi che lui non aveva, come me, l’edizione in braille, la lingua dei non vedenti. E allora Eco si arrese. Nonostante la diversità di prospettiva religiosa e di età, gli sono stato molto amico. Ne apprezzavo l’intelligenza, la cultura, il savoir faire. Eco mi faceva un po’ di rabbia. Mi chiedevo perché non fosse rimasto cattolico; in quel caso, la Chiesa avrebbe avuto in lui uno dei maggiori autori. Il suo fu un abbandono esplicito. Un giorno mi disse: “Sono un apostata”. Era entrato all’università di Torino da dirigente dell’Azione cattolica, e ne era uscito ateo, o quantomeno agnostico. Una dozzina d’anni dopo, io entravo nello stesso ateneo da agnostico e ne uscivo cattolico» [a Stefano Filippi, La Verità] • Nel 1979 si trasferisce a Milano perché don Giuseppe Zilli, direttore di Famiglia Cristiana, lo vuole a Jesus, un mensile di informazione religiosa • A sei anni dalle Ipotesi esce Scommessa sulla morte, il secondo libro – dato alle stampe sempre con la Sei – anch’esso finito nella classifica dei best seller con oltre 400.000 copie vendute [Comuzzi, Valtellina.news] • Con Gian Guido Folloni direttore, su Avvenire cura la rubrica Vivaio • Nel 1984 intervista il cardinale Joseph Ratzinger che Giovanni Paolo II aveva nominato prefetto della Congregazione per la dottrina della fede e pubblica Rapporto sulla fede: «Fui minacciato di morte dopo che pubblicai Rapporto sulla fede con l’allora prefetto dell’ex Sant’Uffizio: dovetti nascondermi in un convento dei barnabiti. Fino a quel momento la Congregazione per la dottrina della fede si era sempre espressa con due sole formule: “licet” o “non licet”» [Lorenzetto, cit.] • Nel 1990 lascia Milano per Desenzano: «Quando mi sono trasferito a Desenzano fu perché ero inseguito dai vituperi dei vicini di casa. I miei libri avevano superato una certa quantità e cominciavano a creparsi i muri. Li caricai così su due tir e presi l’autostrada Milano-Venezia […] Non sono un bibliofilo. Ho una biblioteca ingombrante che è lo strumento del mio lavoro e fare saggi è un’attività da cannibale e da scippatore. Dai libri degli altri nascono i libri. Ho un motto di lavoro: “Studiare come un professore e scrivere come un giornalista”» [ad Alain Elkann, Sta] • «Comincio la giornata con la lettura dei giornali in un bel caffè nella piazza di Desenzano. Non parlo con nessuno, ma ascolto la gente, tasto il polso della cronaca che, giorno dopo giorno, si fa storia. Poi torno in biblioteca, studio, scrivo, rispondo alle lettere, alle telefonate, ai fax […]» [ibid.] • Dalla sua rubrica Vivaio nascono tre libri: Pensare la storia (1992), La sfida della fede (1993) e Le cose della vita (1995) • «“Perché non mi fa qualche domanda?”. Karol Wojtyla si rivolge così a Vittorio Messori, convocato a sorpresa alla tavola dell’alloggio privato del Pontefice a Castelgandolfo. L’idea è di trarne un’intervista televisiva da trasmettere una sera del mese di ottobre del 1993, in occasione delle celebrazioni per i quindici anni del Pontificato» [CdS]. Ma la risposta è: «Non sono tagliato per la tivvù. E poi, Santità, è davvero sicuro che sia opportuno per un Papa entrare nel regno del “secondo me” del giornalismo?» [Il Foglio] • Il colloquio diventa così un libro, Varcare la soglia della speranza, pubblicato contemporaneamente in 53 lingue: soltanto in Italia, tra il 20 ottobre e il 25 dicembre 1994, il saggio vende oltre due milioni di copie. Seduto alla tavola di Castelgandolfo, davanti ai piatti preparati dalle suore polacche che assistono il Papa, Messori propone uno schema di trenta domande, che affrontavano le questioni fondamentali della dottrina cattolica: l’esistenza di Dio, il legame di Gesù di Nazareth con il Padre, la pretesa della Chiesa di rappresentare il Cristo. Come ricorda lo stesso Messori, il Papa risponde agli interrogativi per iscritto, a mano, in lingua polacca» [CdS] • Pubblica la biografia di Francesco Faà di Bruno Un italiano serio, Patì sotto Ponzio Pilato? • La vigilia di Natale del 1996 va in onda su Rai 3 il documentario Aquerò, su Lourdes e Bernadette Soubirous, di cui Messori è autore In Il Miracolo (Rizzoli, 1998) indaga su un prodigio mariano avvenuto a Calanda (Spagna) nel 1640. Protagonista un contadino di 23 anni, Miguel Juan Pellicer, al quale la sera del 29 marzo rispuntò la gamba amputata 29 mesi prima in seguito ad un incidente nei campi • Nel 2000 pubblica Dicono che è risorto, parte di una trilogia con Ipotesi su Gesù e Patì sotto Ponzio Pilato? E nel 2004 con Aldo Cazzullo scrive Il mistero di Torino • Nel 2005 pubblica diversi titoli tra i quali Ipotesi su Maria, un’inchiesta sul ruolo della Madonna nella vita della chiesa e del popolo di Dio • Nel 2007 per il Time scrive un articolo su Benedetto XVI per la lista dei cento uomini più influenti della Terra • Per Mondadori pubblica Bernadette non ci ha ingannati. Un’indagine storica sulla verità di Lourdes: «“Per anni ho trascorso le mie vacanze estive a Lourdes. Il rettore del santuario voleva che mi ci trasferissi come capo dell’ufficio stampa”. A Medjugorje c’è mai stato? “Dopo le prime apparizioni. Lavoravo per Jesus. La polizia mi fece spogliare, dovetti togliermi persino le mutande”» [Lorenzetto, cit.] • Nel 2010 è direttore editoriale del quotidiano cattolico online La Bussola Quotidiana • Nel 2013 prevede la nomina a papa del cardinale Bergoglio per via delle condizioni in cui versa la Chiesa in Sudamerica. «Succede, cioè, che la Chiesa romana sta per perdere quello che considerava il “Continente della speranza”, il Continente cattolico per eccellenza nell’immaginario comune, quello grazie al quale lo spagnolo è la lingua più parlata nella Chiesa» [CdS] • Per il Corriere pubblica l’instant book La Chiesa di Francesco • «Non saprei dire molto su Francesco perché non l’ho mai incontrato. È un Papa singolare e amministra il Papato, che è cambiato, in modo differente. Voglio andare a vedere come va a finire. Ma non possiamo giudicare la storia finché la viviamo» [Alessia Ardesi, Libero] • Nel 2016, durante la presentazione di un’edizione rivista di Ipotesi su Maria, dichiara: «In settembre ebbi un incontro privato con il “papa emerito”, come ha voluto essere chiamato. Con Ratzinger era nata un’amicizia davvero forte con quel libro Rapporto sulla fede (1984) che facemmo assieme. Lui, con la sua tipica generosità, ha voluto ripagarmi con la sua amicizia tanto che, a volte, andavamo a cenare insieme in una trattoria a Trastevere. Questo rapporto personale è andato avanti, ma da quell’11 febbraio 2013 (data delle presunte dimissioni n.d.r.) non mi sono fatto più vivo perché volevo rispettare il suo ritiro. È stato il suo segretario (Mons. Gaenswein n.d.r.) che mi ha telefonato dicendo: “Sua Santità sarebbe lieto di rivederLa in nome dei vecchi trascorsi, venga a trovarlo nel suo ritiro, però resta inteso che Sua Santità la aspetta come amico e non come giornalista. Il vostro sarà un incontro privato e quindi non ci saranno cose pubbliche da propalare”. Io mi sono attenuto rigorosamente a questo anche se, certo, da vecchio giornalista, se avessi detto al Corriere alcune delle cose che Ratzinger mi ha detto, beh… avrei riempito le cronache per parecchio tempo. Però mi sono violentato, e nessuno, neanche con le tenaglie, mi tirerà mai fuori quello che Ratzinger mi ha davvero detto. La sola cosa che ho potuto dire – che però è significativa – è che quando Ratzinger mi ha chiesto il mio parere sulla situazione attuale della Chiesa, io gli ho espresso, con sincerità, questo clima di perplessità (per usare un eufemismo), di inquieta curiosità su come andrà a finire, di fronte a certi esperimenti. Comunque, gli ho detto come la pensavo ed è abbastanza significativo come, dopo avermi ascoltato, lui abbia aperto le mani, alzato gli occhi al cielo e abbia detto: “Io posso solo pregare”. Sappiate però che a lui arrivano soltanto le notizie che decidono gli altri. Ho scoperto, ad esempio, che lui riceve soltanto due giornali: il Corriere della Sera e la Frankfurter Allgemeine Zeitung. Cioè, quando vengono a dire: “…ma c’è Ratzinger che è entusiasta del suo successore!”, non vedo di cosa potrebbe essere entusiasta, o indignato, visto che a lui le notizie non arrivano. Lui non vede la tv, non ascolta la radio, gli arriva solo il Corriere che è schierato pro-papa (Bergoglio n.d.r.). Papa Ratzinger è completamente disinformato. Comunque, chi vivrà vedrà» [Conci, Libero] • Nel 2019 esce per Ares una nuova edizione di Ipotesi su Dio con qualche limatura, un capitolo soppresso, un altro aggiunto e per il resto tutto rimane esattamente uguale a quanto uscì nel 1976: «Mi ritrovo ancora, senza dubbi né pentimenti: grazie a Dio, i 43 anni trascorsi non hanno intaccato la mia fiducia nella veridicità dei Vangeli. Anzi, l’approfondimento degli studi mi ha confermato la verità del grido appassionato di Riccardo di San Vittore, il grande teologo benedettino, col quale termino il libro. Un grido che mi pare sintetizzare la conclusione del mio lavoro di scavo nel mistero del Cristo: Signore, se il nostro è un errore, sei tu che ci hai ingannato» • Da ultimo nel 2021 è uscito il libro La Luce e le tenebre. Riflessioni fra storia, ideologie e apologetica, a cura di Aurelio Porfiri, raccolta di articoli, per la maggior parte pubblicati su Il Timone • Gli studi e i lavori di Messori hanno suscitato anche qualche dissenso, dentro e fuori la Chiesa, per lo più esternato da quell’area di cattolici democratici che amano definirsi “adulti nella fede”. Costoro si sono affrettati a definire Vittorio Messori un semplice apologeta, un autodidatta appassionato di studi teologici, ma privo di quei titoli accademici riconosciuti dalle Facoltà teologiche, ignorando o fingendo di non sapere di una sua laurea in Scienze Politiche presa a pieni voti oltre a tre anni di studi presso la Pro Civitate Christiana di Assisi [Comuzzi, Valtellina.news] • «Ma perché passa per reazionario? “Lo ignoro, ho sempre cercato di essere solo cattolico. Mi considero un uomo del Concilio Vaticano II. Non ho mai partecipato a una messa in latino. Anzi, sarei stato a disagio nella Chiesa di prima”. Che rapporti ha con l’Opus Dei? “Di amicizia, come con Comunione e liberazione. Ma non ne faccio parte”» [Lorenzetto, CdS].
Curiosità Non sente la mancanza di figli: «A me piacciono i bambini degli altri. Non avevo la vocazione alla paternità» [Lorenzetto, cit.] • Pare che l’odore dell’incenso gli abbia dato a lungo fastidio • Non usa il computer, scrive tutti i suoi libri con una robusta Mont Blanc. Nel 2000 ha detto al Foglio: «So di potermelo permettere, i miei editori li accetterebbero anche scritti a matita» • «Un tempo ero gattolico praticante. Ho avuto Micetto e Micetta. Il maschio tornava a casa ferito, ma farlo castrare mi sembrava una crudeltà. Alla fine ho inventato Baratto e Malvagio, gatti immaginari. Aiutano a evitare i litigi fra coniugi. Diamo a loro la colpa di tutto» [Lorenzetto, cit.] • Ha un «suo pensatoio dentro l’abbazia benedettina di Maguzzano, affacciata dal IX secolo sul lago di Garda, in cui visse Merlin Cocai, alias Teofilo Folengo. Lo scrittore è certo che le due stanzette, intasate da 15.000 libri, gli furono concesse in comodato d’uso grazie all’intercessione celeste di don Giovanni Calabria, un prete ritenuto matto perché confidava solo nella divina provvidenza, e infatti fu sottoposto a quattro sedute di elettroshock. Invece era santo, come sancì Giovanni Paolo II nel 1999» [ibid].
Morte «Ora che si avvicina il momento di passare all’altra vita, ho deciso di donare questa biblioteca e quella di casa a un’associazione di teologia. Ho già dettato l’iscrizione per la lapide sulla tomba. Nome, cognome, data di nascita, data di morte. E “Scio cui credidi”, so in chi ho creduto, come scrive Paolo nella Seconda lettera a Timoteo». Vorrebbe essere seppellito in questo complesso monastico: «“Unico laico fra i religiosi dell’Opera Don Calabria. Due semplici pietre in un angolino, una per me e l’altra per mia moglie con la frase Cor ad cor loquitur, il cuore parla al cuore, motto cardinalizio di san John Henry Newman. Ma i parenti di Rosanna ci vorrebbero nella cappella di famiglia, nel cimitero di Treviglio» [ibid.] • «Io prego perché la morte mi trovi vivo. E perché mi sia risparmiato un decesso improvviso: vorrei congedarmi con il conforto dei sacramenti» [Lorenzetto, cit.] • «Dopo la morte ci attende un tribunale. E i giudici irrogano le pene secondo la gravità delle colpe» [ibid.] • «Non temo la morte, temo il giudizio di Dio. Il Papa dice che tutti andremo in Paradiso. Ma non è possibile pensare che, quando Stalin e don Bosco si sono presentati a tempo debito davanti al giudizio di Cristo, siano stati trattati nello stesso modo». E lei? «Sono credente fino in fondo, ma a volte ho deragliato e deraglio anche io. Non sono un santo, e quindi sono preoccupato di come posso essere valutato» [Ardesi, cit.].
Titoli di coda Sul suo conto in Vaticano circola una battuta: «Scrive così così, ma comunica da Dio».