Corriere della Sera, 28 gennaio 2022
Una lettera a Gigi Riva
Signor Gigi Riva, sono un tifoso della Fiorentina e non voglio parlare della vicenda Vlahovic. Scrivo a lei perché la detesto. La considero un pessimo esempio per i nostri figli e tutti gli appassionati di calcio. Intanto la sua storia mette in discussione ogni seria teoria sull’identità e l’appartenenza. Ogni sardo, tifoso del Cagliari, pensa a lei come il calciatore simbolo dello scudetto conquistato il 12 aprile 1970. Lei quel giorno segnò la rete del vantaggio al minuto 39 (furono 21 quell’anno) entrando nella storia dell’isola. Non male per un calciatore nato e cresciuto in Lombardia, sulle rive del Lago Maggiore. E poi basta con questa retorica della fedeltà alla maglia, solo perché ha disputato 14 campionati nel Cagliari. E quello giocato in serie C nel Legnano? Ma l’aspetto veramente riprovevole della sua vita è l’aver rifiutato, non una ma molte volte, di moltiplicare il suo stipendio abbandonando la Sardegna per palcoscenici molto più redditizi. Si è permesso perfino di ringraziare la Sardegna «mi ha fatto diventare un uomo» e sottolineare che i soldi che guadagnava erano abbastanza. No, caro signor Riva, i soldi non sono mai abbastanza, un principio indiscutibile come dimostra il fatto che dare calci a un pallone può farti guadagnare 800 euro l’ora? Per 24 ore, per 365 giorni all’anno. Con un’ora di quel tipo milioni di persone ci campano un mese. Quelli fortunati. No, signor Riva, lei è un cattivo maestro. Rischia di distrarre i nostri giovani dagli obiettivi reali e concreti e farli perdere dietro a sciocche e romantiche fantasie. Per fortuna il tempo passa e uomini come lei sono sempre più rari. Anche della sua storia quasi non si parla più. Che vuole che sia l’aver segnato tra Cagliari e Nazionale 248 gol in 441 partite. Non conta molto che lei, dopo quasi 50 anni, sia ancora l’attaccante azzurro che ha segnato di più. Chiacchiere destinate all’oblio, come tutto quello che cerca di convincerci che oltre al denaro un altro mondo è possibile. Purtroppo, non è così.