Il Messaggero, 27 gennaio 2022
Ritratto di Guido Crosetto
A colazione dal Cigno – lui abita a poche centinaia di metri dal famoso bar dei Parioli – quando un amico gli dice «Guido, cappuccino e cornetto?», il gigante buono amato anche a sinistra risponde: «Un cornetto? Anche due o tre!». E ride. Poi va al supermercato lì accanto e le cassiere lo riconoscono e lo accolgono: «Onorevole, fossero tutti come lei...». Gentile e cortese, e non perché è piemontese. Crosetto a suo modo è nazional-popolare ma del genere anti-populista. Un imprenditore prestato alla politica e poi con il lusso di stare un passo più avanti o più di lato rispetto alla politica in modo da vederla meglio, visto che è la sua passionaccia vissuta non visceralmente ma con il lucido distacco degli amori veri. E questo suo essere dentro ma anche fuori, in e out, è ciò che a Giorgia Meloni, che lo adora, piace tantissimo di Crosetto, che con lei ha fondato Fratelli d’Italia, pur non venendo dalla destra missina, e di cui si fida profondamente perché Guido ha le sue idee e le vive senza doversi politicamente piegare a nessun interesse. Vive di suo Crosetto, e che lusso: un cornetto? No, due! Adorabile.
Se fosse candidato davvero, ma lui non lo vorrebbe mai, rischierebbe il plebiscito. Ma è troppo distaccato, troppo autoironico, per farsi cannibalizzare dalla politica che pure ha praticato ai massimi livelli anche di governo ai tempi eroici di Forza Italia. «Vi sono mancato? Scusate ma oggi la giornata ha avuto un’evoluzione strana e imprevista. Ma tranquilli, da domani torna tutto normale», ha twittato ieri quando ha scoperto di essere finito in un derby quasi alla pari con Mattarella: 125 voti al Capo dello Stato e 115 all’aspirante Capo dello Stato che non aspira affatto a diventarlo perché conosce i propri limiti, le proprie aspirazioni e le proprie vocazioni.
In fondo è un tipo minoritario Guido: un liberale in un Paese di conformisti, uno che non accetta il mainstream (infatti non essendo di destra ha fatto coppia con la Meloni ritenuta da tutti minoritaria ma non da lui che è curioso e a suo modo spericolato ma lungimirante) e anche il voto di ieri andato ben oltre i 64 consensi di FdI ha riconosciuto la qualità rara di un personaggio fuori dagli schemi. «Onorevole...», gli dice la cassiera di Viale Parioli. Lui non le risponde «chiamami Guido», come farebbe un politico furbone per farsi sentire dagli altri avventori in fila davanti al nastro degli acquisti del latte o del pannolini, ma fa un sorriso che mette tutti a proprio agio senza troppi salamelecchi.
Ieri, ai Parioli e non solo lì, hanno cominciato a chiamarlo «presidente» appena s’è sparsa la notizia dei 115 voti del testa a testa con Mattarella (che andrà ad abitare a poche centinaia di metri da Guido e non è improbabile che i due s’incroceranno tra via Panama e Piazza Ungheria) e lui s’è divertito: «A Roma funziona così. Quando un giornalista parcheggia la macchina lo chiamano direttore. Quando un non laureato passeggia, lo chiamano dottò. Quando uno è un tipo normale, lo chiamano presidente. Va bene, chiamate presidente anche me, tanto ce ne sono talmente tanti....».
«Guido, io vorrei che tu Lapo ed io, fossimo presi come per incantamento....». No, Dante non pensava a questo Guido qui (ma a Guido Cavalcanti ) né a Giorgia uber alles che ha architettato l’operazione Crosetto che ha spiazzato tutti e ha bucato l’auto-referenzialità di Palazzo lanciando un personaggio – merito appunto della Meloni – che è insieme alto e pop, di destra ma anche no, fondatore di Fratelli d’Italia ma partner di Giorgia in un’idea di politica che è quanto più di post novecentesco e spiazzante si possa immaginare. Infatti i dem, ieri alla Camera, andavano dalla leader di FdI a dirgli: «Chapeau!».
«I miei 114 voti dimostrano che Giorgia Meloni aveva ragione e ha lavorato bene: i grandi elettori del centrodestra volevano esprimersi e vogliono un presidente della loro area», questo secondo Crosetto il succo della giornata di ieri. Che ha portato alla ribalta – Guido for President – un post Dc e un post tutto che forse sarebbe il simbolo migliore di un Paese stanco del passato.