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 2022  gennaio 26 Mercoledì calendario

Intervista a Isabel Allende

Santiago del Cile. Isabel Allende, cilena fino al midollo, da oltre 40 anni vive fuori dal Cile. E da oltre quattro decadi si dedica alla letteratura di cui è esponente di spicco: 25 libri all’attivo, tradotti in oltre 42 lingue e con almeno 75 milioni di copie vendute in tutto il mondo. Un mostro della letteratura spagnola. «Se non avessi dovuto migrare semplicemente non sarei scrittrice», ammette, ma avrebbe continuato a fare la giornalista nel suo Paese.
Ed invece eccola qua, nella sua casa a San Francisco, circondata dai suoi titoli, una chioma platino sbarazzina quanto autentica, raccontando in videocall della sua ultima novella, «Violeta», da ieri in vendita sul mercato statunitense e di lingua spagnola (Spagna e America Latina), e dal 3 febbraio anche nelle librerie italiane. Ne parla in un Cile trasformato, con il governo più progressista dai tempi di Salvador Allende, con sua nipote che rivendica anche con il suo sangue l’eredità del presidente martire. Il libro è la storia di una donna che nasce in piena influenza spagnola, in un posto imprecisato dell’America del Sud, la cui vita attraversa i grandi eventi degli ultimi cent’anni, inclusa la dittatura, e gli sopravvive, forgiando uno spirito indomito e femminista. E arrivando così alla pandemia dei nostri giorni.
Isabel, una nipote di Salvador Allende sarà ministra del Cile. Come lo vivi?
«Non solamente sarà ministra del Cile, sarà ministra della Difesa. Una donna giovane, che ha vissuto a Cuba, nipote di Salvador Allende, in una posizione molto speciale, perché dovrà vedersela con le Forze Armate, e non dimentichiamoci del passato, delle Forze Armate in Cile. Io la vedo come una cosa curiosa, diciamo. Però sono contenta della lista di ministri che ha nominato Boric, perché è molto diversa: ci sono 14 donne e 10 uomini, si vede realmente un’intenzione solida di arrivare alla parità di genere. E già questo in sé, è qualcosa di straordinario. E l’altra caratteristica che mi entusiasma è che siano tutti così giovani: è un’altra generazione che ascende al potere!».
Se Violeta fosse ancora tra noi, che penserebbe della nuova contingenza politica cilena, con una nuova Costituzione all’orizzonte che rimpiazzerà quella d’epoca di Pinochet, un governo di sinistra con maggioranza femminile?
«Io credo che ne sarebbe felice! Perché anche se Violeta proviene da una classe sociale che non ha votato per Boric, questa classe sociale ha votato per l’ultra ultra conservatore Kast. Perché bisogna riconoscere che c’è stata anche una campagna basata sulla paura, sul pericolo, sulla mancanza di sicurezza nella strada, perché c’è la droga, c’è la violenza, rubano auto, e c’è l’immigrazione, molto forte in Cile. Gli stessi problemi di sicurezza e di immigrazione che ci sono negli Stati Uniti, in Europa e in altre regioni. Però qui li hanno enfatizzati enormemente e si è creata la campagna del terrore, che il “partido comunista” era parte della coalizione di sinistra, e che avremmo fatto la fine del Venezuela, addirittura si parlava di un Cile venezuelanizzato. Io credo che questo possa succedere, e anzi credo che un personaggio come Violeta, che aveva la sua fondazione, che lavora con gli indigeni, con le donne, con i più poveri, sarebbe stata felicissima vedendo cambiare le cose in Cile. E lei stessa in una delle sue lettere al nipote, commenta il sistema di classe che esiste in Cile, che è come quello delle caste in India. E se per lei nata nella classe privilegiata, è scioccante, come potrebbe non esserlo per il resto di persone che non appartengono alla sua classe sociale?».
In questi 40 anni è cambiata la società. Come è cambiata la sua maniera di rappresentare la donna nella letteratura?
«Io mi mantengo costantemente aggiornata sulla condizione della donna perché ho una fondazione, la cui missione è investire sul potere delle donne. Lavoriamo con donne vulnerabili, esposte ai maggiori pericoli, in molte zone del pianeta, non solo qui negli Usa e in Cile. Sono sempre stata femminista, ho sempre seguito da vicino le tappe del processo femminista, e sono felicissima per quello che sta succedendo: percepisco un’onda di donne giovani che stanno facendo cose straordinarie. In Cile si sta considerando non solamente la parità di genere, ma addirittura di cambiare l’educazione, affinché i bambini sin dalla tenera età, dall’asilo, ricevano un’educazione non machista, rispettando tutti i generi, tutte le diversità. Questo è straordinario, però è molto recente».
C’è stato un momento in cui ha sentito che la protagonista le scappava di mano, che Violeta spiccava il volo, prendendo vita propria?
«Questo succede sempre, in ogni processo di scrittura. E se non succede è perché la novella non quaglia. Quando penso ad un personaggio, cerco qualcuno che gli assomigli, lo ascolto, lo studio, perché mi venga profondamente umano, come tutti noi. Una volta che trovo un personaggio, gli succhio il succo, come un vampiro, e lì ho il mio risultato, in carne e ossa».
Ha detto che con la scrittura ha ritrovato la voce che fu silenziata quando ha abbandonato il giornalismo, lasciato il Cile. Che direbbe alle donne ridotte al silenzio?
«Che bisogna continuare a lottare per questo. Ci mettono a tacere continuamente, ma qui, là, ovunque vanno emergendo le voci delle donne. Non si può cambiare la storia. Io credo che il compito di ciascuno sia sfidare, costantemente, la censura, sfidare il machismo, sfidare il patriarcato, e continuare cercando la maniera di far sentire le nostre voci. Siamo tante che abbiamo voce. Credo che bisogna aver fede che fra tutte cambieremo le cose, le stiamo già cambiando. Sole siamo vulnerabili. Unite, invincibili». —