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 2022  gennaio 25 Martedì calendario

Gabriel García Márquez fu spiato dal Messico

Cronaca di una morte annunciata, capolavoro letterario del XX secolo, deve molto a Fidel Castro. Fu lui l’editor-ombra che suggerì a Gabriel García Márquez un gran numero di correzioni. Perfino il calibro delle armi non piacque al «líder máximo», e il grande scrittore colombiano lo modificò. Poi, cedette tutti i diritti del romanzo a Cuba, come rivela un documento datato 17 marzo 1982 degli 007 messicani. «Il che conferma che García Márquez, oltre ad essere filocubano e filosovietico, è un agente di propaganda al servizio della direzione dell’intelligence di quel Paese», si legge.
Dettagli di una relazione di amicizia personale e politica che ha riempito migliaia di pagine di dossier top secret. Costretto nel 1961 a lasciare gli Stati Uniti, perché nel mirino costante della Cia, «Gabo» finì sotto la sorveglianza della Direzione federale della sicurezza in Messico (DFS) dove si era trasferito e visse fino alla morte. Fatti noti da tempo. Il Partito rivoluzionario istituzionale, che ha governato il Paese nordamericano per 71 anni ininterrotti, lo considerava una spia al soldo del regime rivoluzionario che aveva preso il potere all’Avana.
Dai rapporti declassificati, cui ha avuto accesso il quotidiano El Pais, emergono ora nuovi dettagli sul rapporto fra due dei maggiori protagonisti della storia latino-americana. Il futuro premio Nobel della Letteratura era affascinato dal potere, Fidel Castro dai grandi intellettuali. Lo scrittore regalava al rivoluzionario libri per distrarlo dalle fatiche della guerra in Angola – il primo, rivelano gli archivi dei servizi segreti fu Dracula – e il cubano contraccambiava leggendo in anteprima le bozze dei suoi racconti e romanzi.
García Márquez sentì nominare per la prima volta il «rebelde barbudo» nel 1955 a Parigi, dalla voce del poeta Nicolas Guillen. Quattro anni dopo, quando la rivoluzione castrista trionfò, viveva a Caracas dove era redattore di Venezuela Grafico. «Il 18 gennaio, mentre riordinavo la scrivania per tornare a casa, un uomo è apparso ansimante nell’ufficio deserto della rivista alla ricerca di giornalisti che quella stessa sera volevano andare a Cuba. A tale scopo era stato inviato un aereo cubano», raccontò in seguito. Nella fretta, si presentò all’aeroporto senza passaporto: «Non ce n’era bisogno... l’unica carta che ho trovato in tasca era una ricevuta della lavanderia. L’agente l’ha sigillata sul retro, ridendo, e mi ha augurato buon viaggio». Gabo restò all’Avana sei mesi e ne ripartì come corrispondente a New York dell’agenzia cubana Prensa Latina.
Gran parte delle indagini della polizia politica messicana s’inquadra nella cosiddetta «guerra sporca» contro i movimenti di sinistra. Equivalente della Cia o del Kgb sovietico, la DFS tra il 1947 e il 1991 pose sotto sorveglianza 4 milioni di persone, sia messicane che straniere. Tra queste, anche un altro premio Nobel per la Letteratura: Octavio Paz. «Accumularono da 60 a 80 milioni di carte», assicura il ricercatore Sergio Aguayo.
Uno dei capitoli più corposi del «fascicolo Gabo» riguarda il suo ruolo di mediatore fra i movimenti della sinistra latinoamericana e il francese Régis Debray, già compagno di guerriglia di Che Guevara, poi diventato consigliere del presidente François Mitterrand.
Tra alti e bassi Fidel Castro e Gabo restarono amici fino alla fine. Assieme fondarono la Scuola di Cinema a San Antonio de los Baños. Ironia della storia, è la cittadina dov’è esplosa la protesta contro il regime l’11 luglio scorso.