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 2022  gennaio 24 Lunedì calendario

Tutti i problemi della Consob

Tutti si chiedono cosa succede alla Consob. «Si combatte una battaglia, e sarà lunghissima e sanguinosa», risponde un dirigente di lungo corso. Perché aver archiviato, almeno per il momento, l’insidia delle Generali, potrebbe non bastare a fermare le tensioni che da mesi attraversano l’Autorità. Chi respira ogni giorno l’aria dei corridoi romani di via Giovanni Battista Martini racconta che il j’accuse del presidente Paolo Savona, quel messaggio su Facebook liquidato il giorno dopo come una «battuta di spirito», è stato la punta di un iceberg. «Non sono io a tenere in scacco la Consob, ma è la vecchia Consob a tenere in scacco Savona. È in corso l’eterna lotta tra la conservazione e l’innovazione sui cui si va giocando il futuro dell’Italia» ha scritto l’ex ministro. La seconda uscita rumorosa nel giro di pochi mesi, dopo lo sfogo contro «i sintomi latenti della dittatura, come quella nella quale viviamo ai giorni nostri», riferita alla riforma delle banche popolari e alla necessità, per la Sondrio, di trasformarsi in Spa.
I cambi al vertice
Gli equilibri tra gli sceriffi della Borsa cambiano in fretta. Da qualche giorno hanno detto addio a uno dei quattro commissari, Carmine Di Noia, che ha traslocato all’Ocse dopo la delusione europea: doveva guidare l’Esma, l’hanno bruciato i tedeschi. Al suo posto Palazzo Chigi ha nominato Carlo Comporti, managing director della società di consulenza Promontory Financial Group, lungo curriculum e preparazione di altissimo profilo. S’è presentato alla commissione Finanze e Tesoro del Senato promettendo di lavorare per una Consob «snella e al passo con i tempi», capace di «dotarsi di strumenti innovativi» per assicurare «velocità di risposta». E lì, qualcuno ha sorriso. Chi ha occupato quegli uffici a lungo racconta di una «governance troppo farraginosa»: i commissari sono quattro e non hanno deleghe specifiche. E il voto del presidente vale quanto il loro tranne nei casi di parità, «dunque è depotenziato».
La riforma
Il governo Monti, dopo 38 anni, aveva deciso di snellire la struttura, passando a un vertice di tre persone. Nel 2013 – e per capire perché, dicono i critici, bisognerebbe seguire le traiettorie dei soldi, visto che il compenso vale 240 mila euro l’anno, ma soprattutto del potere – è tornato tutto come prima. Risultato: le ultime decisioni, anche le più importanti, sarebbero state prese a maggioranza, che non è sufficiente per scelte strategiche come la nomina del direttore generale, casella che infatti è vacante da più di un anno dopo le dimissioni di Mauro Nori, rientrato alla Corte dei conti. Toccata e fuga anche per il segretario generale Carlo Deodato, in sella da aprile 2019 a settembre 2020 per poi diventare capo ufficio legislativo del presidente del Consiglio Mario Draghi. Lo stesso governo a cui, in estate, si deve la scelta di Chiara Mosca, docente alla Bocconi, che ha sostituito la professoressa Anna Genovese dopo sette anni da commissario. La squadra ora è parecchio eterogenea: Giovanni Maria Berruti è un ex magistrato e componente del Csm; Paolo Ciocca è stato vicedirettore generale del Dipartimento Informazioni per la Sicurezza. Anime, e approccio, sono molto diversi.
I numeri
Nonostante dalla politica e, seppure a bassa voce, sui mercati, siano arrivate accuse di immobilismo, la Consob di Paolo Savona, indicato dall’esecutivo gialloverde nel 2019, è comunque riuscita ad assestare più di un colpo. Nel 2020, con gli addetti blindati in casa per lo smart working, ha fatto scattare 539 indagini per abuso di mercato, analizzato 455 segnalazioni e staccato sanzioni per quasi 13 milioni di euro. D’altronde lo schieramento è imponente. Raccontano dai vertici di una grande società quotata che, quando si sono presentati a Roma per confrontarsi con Savona e i suoi, dall’altra parte del tavolo c’era una dozzina di persone; la squadra del grosso gruppo era meno della metà. Chi lo ha visto di recente confida che il presidente, nonostante gli 85 anni, si è mostrato «in ottima forma. Solo, più distaccato rispetto al passato». Il suo rovello, ultimamente, sono state le criptovalute, «un fiume in piena» che potrebbe provocare rischi nella «gestione del risparmio».
I nodi sul tavolo
Eppure, sul tavolo ci sono dossier fondamentali per la finanza. Per il Patto composto da Caltagirone, Del Vecchio e la Fondazione Crt, che forte del suo 16% del capitale ha messo nel mirino i vertici delle Generali, servono altre risposte rispetto al via libera arrivato alla lista del Cda. Nonostante il «faro» acceso, e la richiesta di spiegazioni agli americani, in molti hanno criticato l’atteggiamento riguardo all’Opa di Kkr su Telecom Italia. Un’offerta solo annunciata e, per ora, non concretizzata.