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 2022  gennaio 24 Lunedì calendario

Intervista a Marco Presta

«La variante romana del Covid? Me la immagino seduta al bar con un Chinotto, osserva il mondo che scivola via senza fare danni». Parola di Marco Presta, uno degli autori e conduttori radiofonici italiani più amati. Da ventisei anni, in coppia con Antonello Dose su RadioDue, indora la mattinata di milioni di italiani con Il ruggito del coniglio, «usando quotidianamente l’umorismo come una chiave di lettura della realtà che ci circonda». Sceneggiatore e scrittore 60enne, oggi torna in libreria con il suo nuovo romanzo, Il prigioniero dell’interno 7 (Einaudi, pp.184 16). Con una prosa brillante, acuta e mai banale, Presta riesce a farci ridere delle nevrosi di questi anni, raccontando le vicissitudini di un condominio romano attraverso la voce narrante di Vittorio, «uno sfigato di successo». Una comunità sgangherata che si troverà dinnanzi alla pandemia, fra litigi e vicini di casa negazionisti ma il lockdown anche a Floriana, la «quasi-fidanzata di Vittorio» – si rivelerà un inatteso percorso di crescita, concedendo una possibilità all’amore. Presta lo ambienta a Roma – «nella città eterna non cambia nulla, al Sindaco Gualtieri serve tempo» – e intanto, oggi iniziano le elezioni al Quirinale, fra mille incertezze: «Faccio fatica a trovare cinque nomi autorevoli. Berlusconi? Abbiamo la memoria troppo corta in questo paese ma il messaggio di fine anno con Umberto Smaila al pianoforte, sarebbe stato straordinario».
Presta, diversi autori hanno rifiutato l’idea di scrivere della pandemia. Per lei è stata una sfida?
«È sgradevole anche raccontare la Seconda Guerra Mondiale ma non possiamo fare finta di niente. Personalmente ho scelto di farlo con il tono della commedia, affrontando un tema serio all’italiana, con leggerezza».
Vittorio è spaesato eppure tutto il condominio finirà per prenderlo come punto di riferimento. Un incubo?
«Abbastanza. Poco più che quarantenne, da dieci anni firma articoli sulle curiosità stravaganti per un giornale, cerca di difendersi dalle pretese della madre e ha una quasi-fidanzata che si presenta con le valigie per trascorrere insieme il lockdown. Vittorio non vorrebbe essere coinvolto ma le conseguenze della pandemia lo costringeranno a cambiare».
Deve fare i conti anche con la Cantarutti, la negazionista del virus. Come se la sbriga?
«I novax sono un pezzo d’Italia, bisogna pur farci i conti».
Cosa ne pensa di chi, come Marco Melandri, sbandiera il fatto di essersi preso volontariamente il Covid per non vaccinarsi?
(Ride) «Ha poi ritrattato, però è un’idea straordinaria. Come uno che per paura dei ladri butta tutto dalla finestra».
Eravamo partiti con andrà tutto bene. Ora a che punto siamo?
«Ci siamo dentro, la strada è lunga. Ma ne usciremo, a patto di agire con buonsenso perché con il Covid non si scherza».
Una banalità?
«Perché? Il buonsenso ha una forza rivoluzionaria».
Per sopravvivere in Italia bisogna avere la memoria corta o al contrario, non possiamo permetterci il lusso di dimenticare nulla?
«Ho l’impressione che gli italiani abbiano la memoria fin troppo corta. Altrimenti come potremmo parlare seriamente di certi nomi in lizza per il Quirinale»
Non la convinceva l’ipotesi Silvio Berlusconi?
«Nessuno l’aveva presa sul serio. Nemmeno Salvini e la Meloni».
Niente Bunga-Bunga al Quirinale?
«Dove avrebbero messo il tavolo da lap-dance? Stonava con gli arredi. Poi c’era il problema dei Corazzieri però il messaggio di fine anno, con Umberto Smaila che lo accompagnava al piano, sarebbe stato un momento musicale davvero straordinario».
Oggi si vota. Cinque nomi assolutamente indiscutibili per il Quirinale?
«Ci sto pensando. Non mi vengono».
È grave?
«Dà l’idea di come siamo messi in questo paese».
Ovvero?
«Un pochino preoccupante».
C’è chi ventila l’idea di una donna al Quirinale. Una qualsiasi?
«No. Serve una persona degna e ci sono tante donne di grande livello e adatte alla carica. Ma non è una questione di sesso, abbiamo bisogno di qualcuno con credibilità internazionale».
A Berlusconi mancava?
«Lo dice la storia di questi ultimi trent’anni. Possiamo fare di meglio».
Ci faccia almeno un nome.
«Non è facile». 
Uno.
«Emma Bonino, ma non ce la farà mai».
A Roma il sindaco Gualtieri aveva promesso grandi cambiamenti. A che punto siamo?
«Il concetto di poco tempo a Roma è improponibile, non a caso viviamo nella città eterna. C’è da lavorare, Gualtieri ha appena cominciato, diamogli un anno di tempo e poi giudichiamolo in base ai fatti, se ci saranno».
Parliamo di radio. Il Ruggito del Coniglio è fra le trasmissioni radiofoniche più amate. Il segreto del vostro successo?
«Da ventisei anni ci divertiamo, come degli scemi. Con Antonello Dose siamo diventati quasi una istituzione, ormai gli italiani sono rassegnati alle nostre baggianate. Il Ruggito è un prodotto artigianale, è come fare un bel comodino, se lo lavori bene ti dura nel tempo».
Finirà questa avventura?
«Tra un po’ avremo bisogno dell’accompagno ma è talmente divertente farlo che non vorrei pormi limiti. La radio è il media più moderno e noi siamo fortunati perché questo paese offre infiniti spunti di satira».