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 2022  gennaio 21 Venerdì calendario

Come studiare Verga


Posto che un classico è sempre attuale, e Verga è un classico, come proporne la lettura ai giovani o riproporla a chi l’ha letto magari a scuola, dove non sempre si è disposti a recepire quello che i programmi o le antologie presentano? È un problema non da poco ed è giusto riaffrontarlo quando cadono anniversari significativi, come il centenario della morte dello scrittore siciliano al quale Robinson in edicola da domani con Repubblica dedica la sua copertina.
Le cronache sono piene di sorprese e rivalutazioni di persone mature che hanno riscoperto I promessi sposi. Facciamo scoprire presto ai ragazzi i nostri grandi autori: e Manzoni prima e Verga poi sono gli scrittori più importanti dell’Ottocento. Verga parte da romanzi quasi autobiografici o meglio “ritratti dell’artista da giovane” per rinnovare radicalmente la scrittura romanzesca, che dalla Scapigliatura in poi deve essere contemporanea e “realistica”. E lo costruisce per tappe, mettendo a fuoco gradatamente teoria, ideologia e stile. Tant’è vero che, dopo il rivoluzionario laboratorio di Vita dei campi e dei Malavoglia, inizia una diversa sperimentazione che attraverso le Novelle rusticane e Vagabondaggio arriva a Mastro-don Gesualdo – primo eroe negativo della narrativa italiana, un vinto dal punto di vista sociale e affettivo – per approdare alle novelle del Don Candeloro e C.i. pubblicate nel 1893. Qui Verga, dopo aver dato vita al verismo (non esiste un verismo a cui Verga aderirebbe, ma è Verga che lo crea e Capuana teorizzerà), arriva a sancirne il fallimento: non esiste la verità, dice un suo personaggio nella novella Il peccato di Donna Santa, denunciando quei poteri già indagati nelle Rusticane, qui abbassati a «baracca dei burattini». Che è anche quella di Don Candeloro, costretto dai gusti del pubblico ad abbandonare l’epica dei pupi e adattarsi a sconce farse da cafè chantant. Il teatro, la maschera, la finzione diventano i filtri obbligati nei rapporti sociali, dove domina l’interesse economico, anche nell’amore, tanto che i grandi drammi rusticani dell’ amourpassion si trasformano nella farsa de Gli innamorati, dove il rivale non è ucciso col coltello ma scacciato a calci mentre è mascherato da Pulcinella; o Il tramonto di Venere, costruito citando i versi delle opere liriche, dedicate allo stesso tema, e rileggendoli in controluce; o
Epopea
spicciola sulla tragedia della guerra. Ci sono tutti i sintomi di un disagio tipicamente novecentesco. Cominciamo dunque dalla fine e leggiamo e facciamo leggere a giovani e meno giovani il Don Candeloro e C.i. Forse capiremo che Pirandello non ha inventato nulla. Più che attualità quella di Verga, autore dal multiforme ingegno, è modernità. Innanzitutto non solo Zola: la lettura stilistica comparata di Verga e dei massimi scrittori del realismo europeo (come l’inglese Thomas Hardy e il tedesco Berthold Auerbach, e i grandi russi, da Dostoevskij a ?echov) mostra che, a prescindere da conoscenze dirette, questi autori condividevano spunti tematici e soluzioni di stile popolare (proverbi, paragoni, gesti, canti). E poi non solo siciliano: la grandezza di Verga sta nel fondere italiano letterario, toscano parlato e dialetti italianizzati (il milanese acchiappare le febbri caratterizzava i contadini siciliani affetti da malaria, il tosco-siciliano farne tonnina si applicava a operai milanesi avvinazzati, e i paesani di Aci Trezza alludono alle sorelle Malavoglia come la Mena o la Lia, usando un costrutto settentrionale). Manzoni ha forgiato l’italiano parlato letterario che sta alla base dell’italiano contemporaneo. Ma Verga ha creato un italiano interregionale letterario che riflette l’italiano parlato da tutti noi, con interferenze regionali nella pronuncia, nella sintassi e nel lessico e ha ispirato gli scrittori del Novecento, da Tozzi a Bacchelli. Spunti da sviluppare a scuola, anche in chiave anti- localistica.
Di indiscussa modernità sono pure i temi che Verga affronta: il disagio giovanile di ’Ntoni, apolide come il mare «che non ha paese nemmen lui» del finale dei Malavoglia, e soprattutto migrante con la sporta (emblema sociale nell’Ottocento dello straccione, il cenciaiolo menzionato nella famosa lettera sui Vinti a Paola Verdura); ma migrante è anche Paolo, musicista che nel racconto Primavera va a cercare fortuna negli Stati Uniti. E poi lo sfruttamento dei minori in Rosso Malpelo e Jeli il pastore, o ancora le rivendicazioni sindacali in
Dal tuo al mio; il branco di stupratori
nella novella Tentazione!, e il femminicidio nel Marito di Elena. E perché no, l’epidemia in Quelli del colera, o la guerra in Camerati o
Epopea spicciola.
Bisogna far studiare Verga in questa prospettiva europea, interregionale e moderna, partendo da una lettura dei testi (non solo quelli più noti), integrata dall’ascolto di audiolibri (graditi ai giovani) e poi verificare sui manuali di storia letteraria il messaggio della sua scrittura. Potrebbe essere il modo più incisivo e lungimirante di celebrarne il centenario.