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 2022  gennaio 21 Venerdì calendario

LE MEGALOPOLI CINESI DIVENTANO PIÙ GRANDI E PIÙ RICCHE SULLE SPALLE DEGLI SCHIAVI – L’OPERAIO DI UN CANTIERE A PECHINO È STATO CONTAGIATO E DAL TRACCIAMENTO DELLE SUE ULTIME DUE SETTIMANE DI MOVIMENTI EMERGONO TUTTE LE MAGAGNE DEL SISTEMA CINESE: PER CAMPARE, IL POVERO YUE  IN 14 GIORNI HA FATTO 31 LAVORI SALTUARI, TUTTI PESANTI E POCO RETRIBUITI – LAVORAVA LA NOTTE COME MANOVALE EDILE, POI DI GIORNO RACCOGLIEVA LA SPAZZATURA. CINQUE ORE DI SONNO E SEMPRE A CACCIA DI OFFERTE, PER POCHI EURO AL GIORNO -

Un caso di positività a Pechino ha aperto uno squarcio nel «mondo di sotto» abitato dai lavoratori migranti della megalopoli. Per arginare i contagi, con il tracciamento aggressivo che sostiene la «Tolleranza Zero» del governo cinese di fronte al Covid-19, le autorità hanno ricostruito minuziosamente due settimane di movimenti di un operaio contagiato asintomatico.

Quarantenne, Yue fa il manovale generico in cantiere, caricandosi sulle spalle mattoni, sacchi di sabbia e cemento; poi raccoglieva rifiuti ingombranti dalle strade e dai caseggiati portandoli in discarica. In tutto, gli hanno contato nei 14 giorni precedenti alla positività 31 lavoretti saltuari, tutti pesanti e poco retribuiti, sparsi in cinque distretti centrali, moderni e benestanti di Pechino.

Per l'apparato che difende la capitale dal coronavirus è stato un incubo rintracciare tutta la catena di possibili contatti di una sorta di nomade-urbano. Uno choc per la gente, che si è commossa, riscoprendo quello che tutti sanno ma cercano di non vedere nella Cina seconda economia del pianeta: una grande massa di lavoratori migranti negli ultimi decenni ha costruito il boom della Repubblica popolare, spesso con stipendi da pura sopravvivenza e senza diritti, in città lontane dai loro villaggi di origine, dove sono rimaste le famiglie.

Il caso ha attirato in due giorni 60 milioni di visioni e commenti su Weibo, il Twitter mandarino. Yue ha raccontato di essere un ex pescatore dello Shandong; è partito per cercare il figlio, che faceva il cuoco in città ed è scomparso nel 2020. Manda i risparmi alla famiglia: sei persone. Ora migliaia di pechinesi promettono di aiutarlo nelle ricerche.

L'operaio migrante Yue lavorava la notte, per costruire nuovi palazzi e ripulire Pechino, vetrina del Partito-Stato, soprattutto ora che ci sono le Olimpiadi. Cercava le offerte con annunci su WeChat: «Mi dicevano quante centinaia di sacchi di cemento andavano spostati in cantiere o quanti di robaccia andavano portati via. Se la paga era accettabile, mi presentavo». Accettabile, per Yue, era ricevere uno yuan per un sacco da 50 chili; se bisogna fare le scale, uno yuan in più a piano col peso sulla schiena; a fine giornata facevano in genere 200-300 renminbi: tra i 30 e i 40 euro.

Dopo i turni notturni, Yue all'alba andava a dormire in una stanza di 10 metri quadrati in periferia. Costo dell'alloggio: 700 renminbi al mese. Cinque ore di sonno e da mezzogiorno riprendeva la caccia al lavoro; la notte usciva dal suo invisibile «mondo di sotto» per andare in cantiere o in discarica.

Tra gli spostamenti di Yue, tutti tracciati da app inserite nei telefonini di ogni cinese, non risultano trattorie o bettole: mangiava cibo di strada da pochi soldi. Yue doveva tornare nello Shandong per il Capodanno lunare. Treno il 18 gennaio. Per questo si è fatto il tampone. Le autorità sono convinte di aver bloccato il focolaio. Ma non risolvono il dramma dei lavoratori migranti, nonostante le promesse di Xi Jinping su una nuova «prosperità comune».