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 2022  gennaio 19 Mercoledì calendario

Per L’Economist l’Italia è tra i peggiori

Il settimanale inglese The Economist è tornato a occuparsi dell’Italia, poche settimane dopo il trionfale articolo dell’edizione natalizia in cui aveva definito l’Italia “Paese dell’anno 2021”. L’articolo era stato accolto con le fanfare da molti giornali, “L’Economist incorona l’Italia”, i titoli di Corriere della Sera e Repubblica, che avevano messo in risalto come a essere premiato fosse anche il governo di Mario Draghi. Il prestigioso settimanale della City aveva lodato l’Italia per “un governo migliore, il successo nei vaccini, una nuova competenza politica e una forte ripresa economica”.
Stavolta, l’articolo apparso su The Economist nel primo numero del nuovo anno mette a confronto la situazione economica dei 23 Stati più ricchi fra quelli dell’Ocse, l’organizzazione dei 38 Paesi considerati più floridi al mondo. “La velocità del rimbalzo dell’economia dall’enorme recessione del 2020 ha colto di sorpresa molti addetti alle previsioni. La produzione complessiva nei 38 Paesi dell’Ocse probabilmente ha superato il livello pre-pandemia alcuni mesi fa”, ha scritto il settimanale. “Il tasso medio di disoccupazione è al 5,7%, in linea con la media del dopoguerra. E il reddito familiare aggregato, depurato dall’inflazione, è superiore al livello pre-Covid”. Ma dietro quest’immagine positiva, “notevolmente benigna”, benché siano emerse numerose varianti del Coronavirus, si nascondono profonde differenze. L’Economist sottolinea che “la pandemia ha creato vincitori e sconfitti” e che questa differenza “è probabile che duri anche nel 2022”.
Il settimanale ha così stilato una classifica con i dati di cinque indicatori dei 23 Paesi in esame: Pil, reddito delle famiglie, andamento del mercato azionario, investimenti e debito pubblico. Il confronto è tra il terzo trimestre del 2021, o eventuali dati più recenti disponibili, e il quarto trimestre del 2019. Alcuni Paesi rimangono in una condizione di difficoltà, mentre altri se la passano meglio rispetto a prima della pandemia su quasi ogni misura. E come sta l’Italia? Il verdetto dell’Economist è il seguente: “Danimarca, Norvegia e Svezia sono tutte vicino al massimo, e anche l’America è andata ragionevolmente bene. Molti grandi Paesi europei, tuttavia, come Gran Bretagna, Germania e Italia, sono andati peggio. La Spagna ha fatto peggio di tutti”. La Danimarca è prima in classifica, la Svezia è terza, la Norvegia quarta. Gli Stati Uniti decimi, seguiti dal Canada. L’Italia è quindicesima (su 23), ed è inserita dall’Economist tra i “worst performers”, cioè i Paesi “dai risultati peggiori”.
Il primo indicatore è il Prodotto interno lordo. Secondo l’Economist il Pil dell’Italia è inferiore dell’1,3% rispetto a prima della pandemia. A prima vista non sembra un dato disastroso (la Spagna è -6,6%). La Germania è a -1,1%, la Francia -0,1%. Bisogna considerare però che questa è la differenza rispetto al 2019, quando la Germania aveva già un grosso vantaggio rispetto all’Italia. Pertanto il parziale recupero del nostro Paese va confrontato con una situazione di partenza più arretrata. Irraggiungibili gli Stati del Nord Europa: Danimarca e Svezia hanno recuperato oltre il 2% e la Norvegia è a +3,5% del Pil pre-Covid. Una possibile spiegazione di queste forti differenze, secondo il settimanale, è la maggior vulnerabilità di Paesi in cui il turismo è importante, come Italia e Spagna, colpiti dai divieti o restrizioni di viaggiare.
L’Italia è tra i perdenti in un altro indicatore significativo, il reddito reale delle famiglie per persona, al netto dell’inflazione. Nel 2021 è -0,2% rispetto al 2019, significa che la gente ha meno soldi in tasca, in Germania è -0,9%, in Francia +0,7. Sono considerati nel reddito anche i ristori erogati dai governi. Questo spiega il forte incremento negli Stati Uniti (+6,2%) e Canada (+9,4%), in cui i governi hanno erogato aiuti molto elevati (2.000 miliardi di dollari negli Usa nel 2020 e nel 2021 per sussidi di disoccupazione e stimoli). Austria e Spagna non hanno preservato i posti di lavoro né compensato i perdenti: in entrambi i Paesi il reddito familiare è ancora di circa il 6% inferiore al livello pre-pandemia. Il reddito è ovviamente influenzato dalla disoccupazione. Il tasso ufficiale in Italia è il 9,2%, mentre la media di tutti i Paesi Ocse è il 5,7%. Senza considerare che nel recupero di occupati registrato nel 2021, 700mila posti, come ha evidenziato il Corriere della Sera l’11 gennaio, c’è una forte componente di contratti a termine: 448mila, cioè aumenta il lavoro precario.
L’Italia va meglio nell’andamento dei mercati azionari e negli investimenti. L’indice della Borsa di Milano ha guadagnato il 18,5% rispetto al 2019, meglio di Francia (17,4%) e Germania (15,6%). Meglio di noi Stati Uniti (+24,4%) e Canada (+25,9%), mentre hanno volato Danimarca e Svezia, con incrementi superiori al 50%, seguite dalla Svezia con +31,3%. Da notare il -2,2% della Borsa di Londra, “forse un riflesso dell’incertezza indotta dalla Brexit”. Negli investimenti, “una misura dell’ottimismo delle aziende sul futuro”, osserva il settimanale, l’Italia ha un miglioramento del 6,9%, il secondo dopo la Danimarca (+12,1%).
È nel debito pubblico che l’Italia è il grande perdente. “Non tutti i Paesi hanno accumulato debiti enormi durante la pandemia, anche se Usa, Gran Bretagna e Canada certamente l’hanno fatto”. Il debito pubblico della Svezia è aumentato solo di 6 punti rispetto al Pil. “È la conseguenza, forse, del fatto che il Paese ha evitato rigidi lockdown, che necessitano di un supporto fiscale”. Nel nostro Paese questo indicatore è aumentato dal 134 al 153,5% del Pil. E “a parità di tutti gli altri fattori, un grande aumento nel debito pubblico – fa notare l’Economist – potrebbe indicare potenziali maggiori aumenti di tasse e tagli di spesa in futuro”.
Questa lezioncina ci restituisce l’immagine di un Paese che non è proprio “il migliore”. L’analisi è seria e documentata, ma nessun giornale l’ha riportata. Forse perché i giornali sono ormai attenti soprattutto agli stimoli che arrivano dai trombettieri del Governo dei Migliori. Come nel caso dell’articolo degli “onori trionfali” all’Italia “Paese dell’anno 2021”. L’Economist aveva spiegato come il riconoscimento non andasse al Paese “più grande, più ricco o più felice”, ma a quello che è migliorato di più. L’Italia è stata preferita a Samoa, Moldavia, Zambia e Lituania. In passato tra i vincitori ci sono stati l’Uzbekistan (per aver abolito la schiavitù), la Colombia (per il processo di pace) e la Tunisia (per aver abbracciato la democrazia). Per onore, e dovere, di cronaca.