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 2022  gennaio 17 Lunedì calendario

Intervista ad Antonio Manzini

Antonio Manzini, questa elezione del presidente della Repubblica sta diventando simile a un giallo?
(Stupito) No!
Allora è un noir…
(Peggio di stupito) No e no.
Un romanzo rosa…
Macché, quel tipo di letteratura prevede il lieto fine e qui trovo difficile piazzare l’happy end proprio nelle ultime pagine.
Allora?
(Riflessivo) È peggio di una commedia ignobile, peggio di una farsa.

A che “livello di rotture di coglioni” siamo?

Altissimo.
(Antonio Manzini, scrittore, è il creatore della serie di romanzi e film dedicatati a Rocco Schiavone. Ora è di nuovo in libreria con una nuova indagine del suo vice-questore dislocato ad Aosta, Le ossa parlano
, sempre edito da Sellerio. Schiavone classifica i problemi della vita in rotture di coglioni da classificare in una scala che va da 1 a 10)
Chi vorrebbe al Colle?
Una donna.
Chi?
Ce ne sono tante, anzi tantissime tra studiose, ricercatrici, docenti universitarie.
Non sta citando la politica.
No; se guardo l’emiciclo parlamentare, mi viene da piangere.
Come mai in molti invocano il Mattarella bis?
Perché c’è il terrore di cambiare, di scoprire cosa c’è dopo, così è più facile affidarsi al “certo”.
Il settennato di Mattarella come lo giudica?
In questi anni mi è apparsa una persona seria, pulita, attenta e con i toni giusti, nonostante questo lungo periodo di emergenza sanitaria (pausa).
C’è dell’altro….
Con lui si ha la sensazione, forse la certezza, che quando dichiara “a”, voglia realmente riferirsi ad “a” e non giocare poi su “b”.
Nel pratico.
Nel Parlamento emergono di continuo gli atteggiamenti, le strategie, la forza dei voltagabbana. E sono dei personaggi sconfortanti, leader che magari hanno dichiarato di volersi pulire il culo con il tricolore e poco tempo dopo urlano “viva gli italiani”.
Proviamo con esplicitare qualche nome di papabile per il Quirinale?
Ne è sicuro?
Iniziamo da Pier Ferdinando Casini.
(Risponde d’istinto, immediato) No.
Walter Veltroni.
(Prolungato) Nooo.
Marcello Pera?
(Ride) Ma si riferisce all’ex presidente del Senato ai tempi di Forza Italia?
Sì…
(Ride di più) No.
Dario Franceschini.
(Pausa) Mi sta costringendo alla monotonia: no.
Mario Draghi.
(Si arrende al dialetto romano) None!
Silvio Berlusconi.
Giuro che se diventa Presidente della Repubblica cambio Paese. Sì, me ne vado dall’Italia.
Per dove?
Credo in Portogallo.
Senza appello.
Un tempo, in questo Paese, i bidelli dovevano presentare la propria fedina penale pulita.
Quella di Berlusconi non è immacolata.
Ma come possono solo pensare di eleggere uno come lui a capo della magistratura, del Csm! (Qui il tono è alto) Un condannato in via definitiva che nel frattempo si è apparecchiato un numero vergognoso di leggi ad personam. (Pausa) Anche mia moglie verrebbe in Portogallo con me.
Senza appello.
A Berlusconi preferisco Veronica Lario.
Il presidente che ha maggiormente amato.
Giuseppe Saragat; (sorride) no, scherzo.
Chi, allora?
Senza dubbio Sandrone Pertini.
Di lui cosa ha apprezzato in particolare?
Perché era un ex partigiano, uno che aveva imbracciato il fucile; e poi esprimeva concetti giusti, di sinistra, da vero socialista e da vero padre della Costituzione.
Nelle sue “quirinarie” non si è ancora sbracciato per il bis di Mattarella…
È possibile? Allora andrebbe benissimo, lo accetterei tutta la vita; pure Gentiloni non mi dispiacerebbe.
Tra le donne c’è chi ha paventato l’attuale presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati…
È una donna perfettamente inserita dentro l’emiciclo. Quindi no.
Non si scappa…
Ripeto: da lì dentro, da quel luogo, non c’è nessun nome adatto. È meglio puntare su qualcuno esterno.