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 2022  gennaio 12 Mercoledì calendario

Intervista a Pier Luigi Bersani

Piacenza Una pausa di riflessione. Poi la risposta, in una gelida mattina piacentina: «Sì, Draghi è sicuramente in pole position per il Quirinale, pur con tutte le subordinate del caso».
Ma lei lo voterebbe?
«Se questa fosse la decisione del collettivo, della compagnia, mi adeguerei, come ho sempre fatto. Ma ragazzi, il punto è un altro: vogliamo dirlo che andrebbe cercata un’alternativa?».
Pier Luigi Bersani, faccia qualche nome per il Colle. Ne avrà pure in mente.
«Certo che ne ho, ma non ne faccio. La verità è che siamo incartati sia sui nomi che sui criteri e ci vorrebbe la mossa del cavallo, provare a metterci dal punto di vista di quello che si aspettano le persone comuni. Io penso questo: dobbiamo puntare su una persona seria, competente, che non si faccia portare a messa, come diciamo in Emilia (cioè che non si faccia condizionare, ndr). Uno che possa esercitare un po’ di autorità morale. Queste figure esistono. Per intenderci, cito una persona che non c’è più: l’ex presidente della Consulta Giuseppe Tesauro. Sarebbe stato perfetto. Se non lo si trova tra i politici, il nuovo presidente, guardiamo fuori. Auspicherei un po’ più di generosità verso un Paese disorientato».
C’è chi vedrebbe nelle sue parole proprio il ritratto di Draghi.
«Ma Draghi è già nel Palazzo. Non è fuori. Fa il premier».
Una donna, invece?
«Magari fosse una donna, purché rispondesse alle caratteristiche che elencavo. Anche se c’è chi usa questo argomento come un diversivo».
Ma è vero che questa volta il banco è nelle mani del centrodestra?
«Diciamo che hanno qualche carta in più».
Il campo progressista è un’allean-za solida con il M5S e una sinistra plurale riaggregata
Mettiamo insieme un manifesto
in pochi punti
che parta dal lavoro
Berlusconi ce la può fare?
«Vedo troppi inciampi, non mi sembra fattibile. Aggiungo però che pur avendo tutta la determinazione, tuttavia sa contare. Per il centrodestra, non certo per il bene del Paese, è persino doveroso dire che si sostiene Berlusconi. Nel loro mondo nessuno avrebbe fatto strada senza Berlusconi. Pare che Confalonieri abbia detto: ha fatto tanto per noi, ora noi faremo tutto per lui. È così».
La legislatura durerà fino al 2023?
«Con Draghi al Quirinale non mi pare verosimile che il sistema regga. Non raccontiamoci la storia dei parlamentari attaccati alla poltrona, altrimenti non ci sarebbero mai state le elezioni anticipate. Insomma, dipenderà tutto dal voto sul capo dello Stato. Ma ci si potrebbe anche accordare per andare avanti ancora un anno, a patto di iniziare a discutere di alcune grandi questioni prima del voto. Innanzitutto il lavoro, che è la nostra materia prima da mille anni. Sostenere che la scuola deve restare aperta scalda il cuore, ma vogliamo parlare di che cosa succede dopo gli studi? Ci rendiamo conto che da novembre del 2020 a quello del 2021 su 494 mila nuovi occupati 448 mila sono a termine? Abbiamo capito che una volta usciti dal Pnrr avremo miliardi di spesa corrente in più? Vogliamo parlare di precarietà, di salario e di un sistema fiscale generale e progressivo?».
Tutti argomenti validi per una piattaforma di sinistra. Ma ancora non si è capito se davvero rientrerete nel Partito democratico e quando. L’espressione «campo progressista» fa tanto Unione. Non proprio il nuovo che avanza.
«Non ci interessa l’Unione, che è andata come è andata. Il campo progressista è un’alleanza solida tra i Cinque Stelle e una sinistra plurale riaggregata. Andando oltre quello che c’è. Guardando all’interno della società. Il nostro potenziale è maggiore di quello che esprimiamo. Mettiamo insieme un manifesto di pochi punti, che parta dal lavoro».
Parla quindi di un nuovo partito?
«Un nuovo partitone come nuovo Pd andrebbe benissimo. E se non ci si riesce serve qualcosa di nuovo, come fu con l’Ulivo. Meno di un partito, ma più di un’alleanza. La risposta però tocca a loro. Al Pd».
Le parole di D’Alema sul partito guarito dalla malattia del renzismo non hanno aiutato. Letta, di cui lei è amico, si è molto arrabbiato.
«Era solo una battuta a un brindisi di auguri, anche se non è che il problema non ci sia. A Letta voglio fraternamente bene. Ha già abbastanza problemi senza che gliene creiamo».
Con Draghi al Quirinale non è vero-simile che la legislatura regga. Ma ci si potrebbe accordare per andare avanti un anno, a patto di discutere alcuni grandi temi
Lei insiste molto sull’asse con i Cinque Stelle. Eppure gliene hanno fatte di tutti i colori in quegli streaming del 2013.
«E quindi con chi ci si allea? Quelli che nel centrosinistra li prendono come bersaglio concludano coerentemente: io voglio che vinca la destra. Conosciamo i problemi di un Movimento in cerca d’autore. Una volta incontrai Di Battista alla buvette e gli consigliai di andarsi a cercare in Rete, vista la sua dimestichezza con il mezzo, i testi sul Diciannovismo. Quindi mi è tutto chiaro. Ma io i Cinque Stelle li voglio nel nostro campo. Dobbiamo tifare per Conte».
A proposito di Ulivo. Con la storia dei 101 quasi si giocò i rapporti con Prodi. O no?
«Ci fu una combine tra chi voleva fare fuori lui e me. Non ci rimanemmo bene, ma ci sforzammo entrambi di fare la cosa giusta per evitare che crollasse del tutto la casa del Pd».
Si saprà mai chi sono stati i 101?
«Ho le mie idee, ma credo che sarà un segreto custodito in eterno».
Lei ha detto che l’incontro con Prodi la fece riconciliare con sua mamma.
«I miei genitori erano democristiani. In Prodi videro un cattolico del loro mondo. Una conferma del fatto che alla fine ci avevo visto giusto».
È vero che quando giovanissimo si candidò a Bettola con il Pci, chiamarono uno zio prete per convincerla a desistere?
«Sì, don Luigi Betta, capo dell’Ordine Vincenziano. Mi parlò più volte, poi andò da mia mamma e le disse: io non lo smuovo, però è una persona a posto».
Con il Pd è venuto fuori un partito-società più adatto alla tradizione dc. Forse hanno vinto i democri-stiani, ma quelli buoni Ci vorrebbe qualche correzione
Lei rimase comunista, ma alla fine con il Pd hanno vinto i democristiani.
«È venuto fuori un partito-società più adatto alla tradizione della Dc che non a quella della sinistra. Forse hanno vinto i democristiani, è vero. Ma quelli buoni. Però qualche correzione ci vorrebbe».