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 2022  gennaio 11 Martedì calendario

L’INDAGINE SU “GEDI” NON È UN BUCO “DELL’ACQUA” - LA GOLA PROFONDA CHE HA FATTO NASCERE L’INCHIESTA SUI PREPENSIONAMENTI È GIOVANNI DELL’ACQUA, “CONTROLLER” DI “ELEMEDIA” CHE ORA VIVE A FORTALEZA, IN BRASILE: NEL 2016 FU LUI A SEGNALARE ALL’ALLORA DG DELL’INPS MASSIMO CIOFFI I DOCUMENTI CON LE STORIE DI SETTE DIRIGENTI DELLA CASA EDITRICE, MIGRATI VERSO SOCIETÀ IN CRISI E DEMANSIONATI PER POTER USUFRUIRE DELLA CASSA INTEGRAZIONE (E POI MANDATI AI GIARDINETTI CON LA QUALIFICA DI GRAFICO…) -

La gola profonda che ha fatto nascere l'inchiesta sui prepensionamenti di Gedi, il gruppo editoriale oggi di proprietà di Exor, la cassaforte degli Agnelli/Elkhan sembra essersi trasferita in Brasile.

Dove ha preso la residenza nella città di Fortaleza e dove, allo stesso indirizzo di casa, ha fondato, nel 2018, una società di servizi insieme ad una cittadina brasiliana. La Verità si è messa sulle sue tracce.

E ha scoperto che Giovanni Dell'Acqua, controller di Elemedia, la società che raggruppa le emittenti radiofoniche del gruppo Gedi, è la fonte che aveva inviato nel 2016 all'allora Dg dell'Inps Massimo Cioffi le notizie poi confluite in un documento che il top manager dell'istituto previdenziale trasmise al ministero del Lavoro.

Una nota che, già cinque anni fa, svelava artifici della truffa ai danni dello Stato contestata dalla Procura di Roma al gruppo editoriale Gedi. Nel file erano contenute le storie di sette dirigenti della casa editrice, in particolare del comparto radiofonico e della concessionaria pubblicitaria, la Manzoni.

Di cui alcuni dopo essere stati trasferiti da società sane a società in crisi e dopo essere stati demansionati per poter usufruire della cassa integrazione, sono stati mandati ai giardinetti (si fa per dire) con la qualifica di grafico, una delle categorie nel settore editoriale più facilmente rottamabili.

Il lavoro in Italia Le cose in Italia, dopo lo strappo con Gedi, non devono essere andate nel migliore dei modi per Dell'Acqua, visto che tra il 2018 e il 2020 ha dichiarato circa 5.000 euro di reddito in tutto. Dall'8 maggio 2016 al 19 aprile 2018, peraltro, risultano contributi figurativi Naspi, segno che ha percepito l'indennità mensile di disoccupazione.

Il suo rapporto di lavoro all'interno di Elemedia Spa, cominciato l'1 gennaio 2006, si è concluso proprio a maggio, il 31 per l'esattezza. E lui proprio a maggio si è trasformato nella gola profonda dell'inchiesta, scrivendo a Boeri, alla Cgil e a Report. Quello con Elemedia è stato un ritorno nel mondo della pubblicità e dei media. Perché tra il 2013 e il 2015 è stato il rappresentante legale della My7lives limited, con sede in Purley place Islington Londra, azienda del settore dei viaggi e dell'intrattenimento.

Prima, invece, dal 2002 al 2006 è stato dipendente di Rcs quotidiani Spa. A Milano non ci sono tracce ormai da tempo. I vicini dei quattro appartamenti di sua proprietà, forse per discrezione, dicono addirittura di non ricordarselo. Così come non ricordano nei parcheggi attorno agli appartamenti la sua Opel Corsa o il ciclomotore che usava come mezzi di locomozione.

Nel luglio del 2021, però, era in patria, visto che a Seregno ha denunciato ai carabinieri lo smarrimento del portafogli. Ma c'è anche un'altra denuncia recente: il 29 luglio 2018, ovvero, quando uscirono le prime notizie sull'esposto inviato anche all'Inps, qualcuno entrò nel suo appartamento. Dell'Acqua si presentò in Questura a Milano per mettere nero su bianco di aver subito un furto molto sinistro.

Anche il gruppo Sole 24 Ore, almeno nel periodo tra il 2103 e il 2016, avrebbe utilizzato in modo irregolare la cassa integrazione straordinaria e i prepensionamenti dei suoi dipendenti, con il pieno consenso dei sindacati e alle spalle degli enti previdenziali. E' quanto emerge dai bilanci del giornale della Confindustria consultati dalla Verità, oltre che dagli ultimi accordi interni per sfoltire le redazioni.

Meccanismi molto simili a quelli scoperti dall'Inps per il gruppo Espresso ma a differenza dei concorrenti di Repubblica, nel 2018 al Sole avevano affidato un audit a una società esterna, hanno accantonato 1,8 milioni di euro per sanare le irregolarità commesse e hanno restituito almeno mezzo milione all'Inps.

I dati nei bilanci Le informazioni sui rischi per gli azionisti (il gruppo è quotato in Borsa) legati all'utilizzo degli ammortizzatori sociali sono state pubblicate nei bilanci della casa editrice a partire dal 2017, dopo un ribaltone dei vertici. Va detto che per ora non si sa nulla del periodo 2011-2015, ovvero quello che è oggetto d'indagine per il vecchio gruppo Espresso. Nel 2016, Confindustria dà il benservito a Benito Benedini e Donatella Treu travolti, insieme all'ex direttore Roberto Napoletano, dallo scandalo delle copie digitali gonfiate.

Tra giugno e novembre di quell'anno, l'amministratore delegato è Gabriele Del Torchio, che lascia dopo gli scontri con lo stesso Napoletano e con l'uomo forte di quel consiglio di amministrazione, l'editore Luigi Abete. A fine anno gli subentra Franco Moscetti, che poi a fine 2018 lascia il posto a Giuseppe Cerbone.

E allora, nel bilancio 2018 si legge che «nell'ambito dell'attività di verifica avviata dal nuovo management a valle del proprio insediamento, la Società ha conferito nel secondo trimestre 2017 ad una primaria società di consulenza l'incarico di effettuare un assessment in ordine alla gestione e all'applicazione degli ammortizzatori sociali».

I risultati, prosegue il documento contabile, «hanno evidenziato che, nel periodo maggio 2013-aprile 2016, presso l'area manutenzione dello stabilimento di Milano è stato previsto, con accordo sindacale, lo svolgimento di attività aggiuntive durante il periodo di applicazione del contratto di solidarietà difensiva, nella misura di 12 ore/mese pro capite, per il quale è stata corrisposta un'indennità non portata in compensazione con l'integrazione salariale». Insomma, c'erano dipendenti a orario e paga ridotta per i contratti di solidarietà, che però venivano poi impiegati (e pagati) «a parte».

Come riconoscono gli amministratori, «ciò costituisce un'irregolarità che espone la Società all'obbligo di restituire all'Istituto erogatore un importo corrispondente al trattamento di integrazione salariale riconosciuto e non dovuto, relativamente all'orario di lavoro effettivamente non ridotto rispetto al contratto di solidarietà, oltre alle maggiorazioni previste per sanzioni amministrative ed interessi di mora che saranno determinate, nei limiti delle prescrizioni di legge, dallo stesso Istituto e successivamente comunicati alla Società».

La mossa del Sole Il Sole ha dunque presentato una richiesta di regolarizzazione spontanea all'Inps che risulta accolta. Sempre nella stessa paginetta di bilancio, si legge che «la Società non può escludere che l'anomalia riscontrata si sia verificata anche in altre aree aziendali del Gruppo».

E così ha provveduto ad accantonare 1.850.000 euro.Nel documento del 2019, si aggiunge una nuova puntata: «Il 21 ottobre 2019 la società ha provveduto al versamento dell'onere di regolarizzazione». Il fondo rischi però viene mantenuto con la somma di 1.379.000 euro.

Da ultimo, la relazione al 30 settembre 2021 ricapitola ancora la vicenda e stanzia al fondo rischi «un valore residuo pari a 1.252.000 euro». Insomma, gli ultimi quattro bilanci del gruppo della Confindustria non raccontano che cosa sia successo nel periodo per cui è sotto inchiesta il gruppo Espresso-Gedi e non dicono quanto sia stato pagato di preciso all'Inps. Però sembrerebbe che il Sole abbia riparato il torto con almeno 481.000 euro, che è la differenza tra il primo e l'ultimo accantonamento.

E a proposito di accordi sindacali tutti da rivedere, il 4 febbraio del 2017 sempre al Sole 24 Ore viene firmata con il comitato di redazione una modifica a un accordo biennale sullo stato di crisi per stabilire che i giornalisti con i requisiti del prepensionamento (all'epoca, 58 anni compiuti) sarebbero stati messi in cassa integrazione forzata a zero ore dal primo marzo 2017 fino al 31 gennaio 2018 se non avessero accettato di dimettersi.

Eppure, secondo la legge (416 e successive modifiche) il prepensionamento è un atto volontario, che discende dalle dimissioni, ma con la clausola della cassa forzata viene puntata una pistola alla tempia dei giornalisti e con l'assenso dei loro sindacalisti. L'accordo è stato poi confermato al ministero del Lavoro con il via libera della Fnsi, il sindacato unico dei giornalisti, ed è diventato efficace. Chi non ha accettato di dimettersi è stato messo in cassa fino al 31 gennaio 2018.

Le nuove uscite In questi giorni, al Sole, azienda e cdr stanno di nuovo discutendo come obbligare al prepensionamento chi ha 62 anni con l'obiettivo, annunciato in un'assemblea di redazione il 3 dicembre scorso, di mandare via 25 giornalisti entro il 31 luglio 2023.

Chi non dovesse dimettersi «spontaneamente» verrebbe messo in cassa a zero ore fino al 31 luglio 2023. Ma dopo quell'assemblea è calato il silenzio, forse anche perché il sequestro ai danni di Gedi sta consigliando ai grandi editori maggior prudenza. E la paura di nuove indagini, dopo l'imbarazzante salvataggio dell'Inpgi a spese dell'Inps, si fa sentire.