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 2021  novembre 24 Mercoledì calendario

Biografia di Chun Doo-hwan

Chun Doo-hwan (1931-2021). Militare e politico sudcoreano. Presidente della Corea del Sud dal 1980 al 1988. Detto il macellaio di Gwangju. «Nato in una famiglia povera nella contea di Hapcheon, quando c’erano i giapponesi a comandare il paese, quarto di dieci figli, finiti gli studi, nel ’51, Chun entra all’Accademia militare. Dieci anni dopo, con il grado di capitano, entra a far parte della cerchia del generale Park Chung-hee, che quell’anno prende il potere con un golpe. Diciotto anni più tardi, nel 1979, Park viene assassinato durante una festa dal direttore della Kcia, l’agenzia di spionaggio. Chun, capo dell’intelligence militare, il 12 dicembre 1979 organizza un nuovo colpo di Stato. Presidente in carica dal 1980, i suoi otto anni alla Casa Blu (la residenza presidenziale) sono stati brutali, gli oppositori politici perseguitati. La Corea del Sud finisce sotto legge marziale, il Parlamento chiuso, così come le università, i dissidenti arrestati e “rieducati” nel suo programma di “purificazione sociale”. Ma sono stati, anche, anni di straordinaria crescita economica per la Corea del Sud, galoppando a un 10% di crescita in media all’anno. Nel 1988 Seul ospitò pure i Giochi Olimpici. L’anno prima, dopo le pressioni interne, Chun acconsentì a libere elezioni: le prime in quasi vent’anni. Poi, per due anni, l’ex dittatore si rifugiò in un monastero buddhista. Fino al processo. Condannato a morte nel 1996 per sedizione e ammutinamento per il suo ruolo nel colpo di Stato del ’79 e per aver represso nel sangue l’anno successivo, con l’esercito, centinaia di manifestanti che nella città di Gwangju chiedevano democrazia, venne graziato nel 1997 dall’allora presidente Kim Dae-jung. Il conto ufficiale delle vittime di quel massacro è intorno a 200, anche se per molti attivisti, in realtà, sarebbero almeno il triplo» [Modolo, Rep]. Morto nella sua casa di Seul dopo una lunga malattia. Prima di morire aveva chiesto di essere sepolto su una collina «che guarda la Corea del Nord».