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 2021  dicembre 02 Giovedì calendario

LA DONNA CHE FA TREMARE L’AMERICA POTENTONA (E SCOPONA) - LE ORGE E LE RAGAZZE PROCACCIATE A EPSTEIN, IL PADRE CHE FACEVA LA PIPÌ DALL’ELICOTTERO E IL PROCESSO: IACOBONI RACCONTA GHISLAINE MAXWELL - “IN QUALUNQUE STANZA A NEW YORK LA PIÙ BRILLANTE E INTERESSANTE E AFFASCINANTE DI TUTTI ERA SEMPRE LEI” - “EPSTEIN, FORSE, RACCOGLIEVA ANCHE DOSSIER, ACCUMULANDO MATERIALE PER RICATTARE L’AMERICA, QUELL’AMERICA CHE ORA GHISLAINE PUÒ PORTARE CON SÉ ALLA SBARRA, NEL PROCESSO CHE SI È APERTO IERI E STA FACENDO IMPAZZIRE NON SOLO I TABLOID…”



È accusata di otto capi d'accusa per traffico di sesso e altri reati, comprese due accuse di spergiuro che saranno giudicate separatamente, rischia ottant’anni di carcere, c’è chi dice – non è confermato – che in carcere abbia subito lei stessa violenze e molestie, eppure, entrando in aula mercoledì mattina a New York, indosso un maglione a collo alto e pantaloni neri a tubo a coprire un volto ormai segnato, Ghislaine emanava ancora più di una scintilla della Ghislaine Maxwell che fu.

“Ghislaine”, chiamata così, solo col nome, come un’ostentazione di appartenenza e un segno di potere: semplicemente, la donna più affascinante di Londra e di New York, e forse anche la più noir e inquietante. Ghislaine, che era amica del principe Andrea, Bill Clinton e Donald Trump.

Ghislaine, figlia di un magnate dell’editoria ricchissimo e vicino ai servizi segreti di mezzo mondo, dal Mossad agli Stati Uniti, passando per la Russia, morto annegato in circostanze misteriose a Tenerife quando lei era appena maggiorenne, e volò da Londra alle Canarie per andare a riprendersi il corpo di quel padre che l’amava più di tutti gli altri suoi (numerosi) figli, e l’aveva allevata a stranezze e megalomanie, lasciando infine la famiglia nei guai finanziari dopo anni sfavillanti.

Ghislaine Maxwell, che a un certo punto era diventata non si sa se la compagna o il guru o il mentore o, secondo le accuse, la procacciatrice di adolescenti, di Jeffrey Epstein, giovane finanziere rampante nella New York degli anni ottanta, e poi novanta, suicidatosi i prigione a 66 anni per sfuggire a un processo per traffico minorenni che ora, invece, è diventato il “processo a Ghislaine”, Ghislaine la senza morale, secondo quegli stessi tabloid che il padre possedeva (Robert Maxwell era stato, tra l’altro, editore del Daily Mirror).

Se a New York volevi essere qualcuno, ha ricostruito Craig Unger in uno dei capitoli di Kompromat, non potevi non conoscere Ghislaine, soprattutto, e Jeffrey, talentuosi, belli, spregiudicati tardo-ventenni e poi trentenni che sapevano tutto della dolce vita newyorchese, come imporla, procacciarla, usarla.

Dissero di lei: in qualunque stanza a New York, non importa quanto grande fosse la stanza, la più brillante e interessante e affascinante di tutti era sempre lei: Ghislaine. Era lei, dice l’accusa, che portava le ragazze a Epstein, e al suo giro di ricchi e potenti. Epstein, forse, raccoglieva anche dossier, filmando con telecamere, che erano ovunque nelle sue case, orge e sesso, e accumulando materiale per ricattare l’America oggi, quell’America che ora Ghislaine può portare con sé alla sbarra, nel processo che si è aperto ieri e sta facendo impazzire non solo i tabloid.

È comparsa la prima testimone dell’accusa, “Jane” (nome inventato, si tratta di un’attrice ventiduenne ormai conosciuta, che vuole preservare la sua reale identità), che ha subito calato il racconto in quel mix di sesso, potere, orge, che tutti rigettano ma tutti bramano e si aspettano e in sostanza vogliono da quel che resta del mito di Ghislaine.

“Jane” ha ricostruito in aula la prima volta che è stata abusata da Epstein, ha detto che era «congelata dalla paura», ha ricordato che la portavano – lui e Ghislaine – in una sala massaggi dove entrambi hanno approfittato di lei, a volte c’erano altre ragazze («non so di che età») c’erano «orge di sesso orale con altre giovani donne e Maxwell», ha aggiunto la testimone, nominando cinque ragazze, Ghislaine le strizzava i capezzoli, Epstein le chiedeva di «cavalcarle la faccia», e si masturbava strofinandosi su di lei nel divano con la piscina accanto, poi appena finito correva in bagno a pulirsi e tornava come se nulla fosse successo.

Epstein, ha narrato “Jane”, la portò a Mar-a-Lago e la presentò a Donald Trump, non ancora presidente americano, quando la ragazza aveva 14 anni. La testimone giura che il principe Andrea (un noto amico di Ghislaine) era su un volo insieme a lei, in un aereo di Epstein, anche se non ha accusato né Trump né il principe di condotte improprie o di molestie.

E però lei, la grande dama nera accusata di ogni orrore, nega di essere colpevole, e non ha mai piegato la testa anche in mesi di durissima detenzione. Maxwell si è dichiarata non colpevole, e i suoi avvocati hanno prima detto che i procuratori la stanno usando come capro espiatorio per i presunti crimini di Epstein, poi iniziato un contro-interrogatorio dal quale sono emerse incongruenze, reticenze, errori, nel racconto della testimone.

È  stato un metodico esame incrociato. Hanno tirato fuori documenti dell'FBI del 2019 e 2020. Hanno detto che la ragazza aveva riferito al governo che la sua memoria era annebbiata, sul particolare se Maxwell fosse presente quando Epstein la molestava e se l'avesse mai toccata.

Hanno prodotto altri documenti secondo i quali “Jane” ha affermato che nessun abuso si è verificato durante una visita al ranch di Epstein nel New Mexico. Jane però ha detto che queste sue frasi non le ricordava. Che non erano state registrate, «questa roba era solo qualcuno che prendeva appunti, e molti di questi non sono corretti».

«Non ricordo di aver detto ciò che è scritto qui». La difesa di Ghislaine l’ha fatta apparire come un’attrice consumata, e oltretutto specializzata in ruolo di mentitrici o puttane. Come se la vita e i film coincidessero, come non ci fosse più distinzione tra ciò che fai e ciò che sei, figurarsi ciò che racconti vent’anni dopo.

«Puoi essere dispiaciuto per qualcuno, e nello stesso tempo volere comunque che affronti la giustizia», ha detto John Sweeney, autore di un podcast investigativo su Ghislaine, Hunting Ghislaine, decisivo per capire la psicologia di Ghislaine, come sia stata cresciuta nel mito di un padre megalomane che lei adorava, unica riadorata tra i figli, a Headington Hill Hall, villa di 51 stanze vicino a Oxford, dove suo padre si era fatto raffigurare come Sansone che butta già i muri di Gaza.

Il padre di Ghislaine, narra il podcast, che faceva la pipì dall’elicottero sul suo stesso edificio del Daily Mirror, e che quando riceveva le persone, per far capire quanto le disprezzasse, si faceva sentire mentre andava al bagno a evacuare. Ghislaine, nata e cresciuta nella convinzione sostanziale di potere tutto, non immorale, semplicemente: oltre, compreso resistere al carcere duro e alle accuse di essere la più grande maîtresse di adolescenti del mondo.