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 2021  dicembre 02 Giovedì calendario

Vattimo è perfettamente in gradi di gestire il suo patrimonio. Lo dice la corte d’appello

Due perizie, di segno totalmente opposto: una descrive Gianni Vattimo come «debole nelle sue facoltà psichiche», secondo l’altra ha «la capacità di autogestirsi in maniera autonoma». È stata proprio quest’ultima a convincere la Corte d’appello di Torino a revocare l’amministratore di sostegno al filosofo 85enne: può tornare a disporre liberamente del suo patrimonio. «Finalmente, mi sento riabilitato – ha detto il teorico del pensiero debole dopo la decisione dei giudici – Ho dimostrato che sono perfettamente in grado di intendere e volere, sono felice».
Generoso con le persone a cui voleva bene «e verso le quali ha dimostrato un certo prodigalità, una caratteristica della persona fin dai tempi passati», ma non infermo di mente, si legge nelle carte. Il decreto della Corte d’Appello racconta di un uomo «che ha dimostrato di sapere raccontare nel dettaglio tutta la propria vita connotata da un’intensa attività intellettiva. Lo ha fatto – scrivono i giudici – fornendo adeguate spiegazioni relative agli accadimenti della propria vita». Vattimo soffre di «disturbi neurocognitivi assai lievi per i quali però assume adeguate terapie farmacologiche». Ai professionisti incaricati dalla Corte di effettuare una consulenza è apparso «lucido e dal colloquio non sono emersi elementi indicativi dell’esistenza di deficit delle funzioni cognitive». E adesso Vattimo si sfoga: «Ho subito gravi limitazioni della mia libertà. Per avere soldi dovevo sempre chiedere all’amministratore giudiziario. Abbiamo perso troppo tempo».
Ora resta da celebrare il procedimento penale, in cui Vattimo è individuato dalla procura come parte lesa, come vittima del suo assistente personale Simone Caminada, accusato di circonvenzione di incapace. Entrambi negano. L’ex moglie e altre persone vicine al filosofo hanno detto in aula che Caminada «faceva soffrire Gianni» e che «aveva preso in mano tutta la gestione economica dei suoi conti». Per l’accusa, però, l’assistente a partire dal 2015 avrebbe «indotto Vattimo a effettuare bonifici sul suo conto corrente per importi superiori di 19 mila euro rispetto all’ammontare della retribuzione dichiarata da Caminada e a effettuare spese ingiustificate (per quasi 60 mila euro, ndr) che contribuivano a erodere il patrimonio di quest’ultimo». Caminada avrebbe convinto inoltre il filosofo, a giugno 2017, «a stipulare una polizza assicurativa sulla vita da 415 mila euro, di cui il 40% sarebbero a lui spettati in caso di morte». L’auspicio di Vattimo, ora, è che «i giudici penali tengano conto della decisione dei colleghi della giustizia civile. Io credo che per Simone il processo sia in discesa».
L’accusa si fondava su una perizia totalmente opposta a quella maturata nel filone civile. L’aveva stilata il professore Franco Freilone parlando – a proposito di Vattimo – di «debolezza delle facoltà psichiche, che lo renderebbe dipendente dagli altri e andrebbe a interessare la capacità di autodeterminarsi e di scegliere con consapevolezza». Tutte quelle donazioni di denaro a Caminada e a persone vicine a lui farebbero invece parte per i consulenti del filone civile «di una prodigalità risalente nel tempo»