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 2021  novembre 24 Mercoledì calendario

Periscopio

Negli ultimi 30 anni il valore di un ettaro dedicato al Brunello di Montalcino è cresciuto del 1962%. WineNews.

Con il niente che mi attribuite ho mandato a casa Conte e fatto nascere un nuovo governo che ora tutti ammirano. Matteo Renzi, alla Leopolda.
Chi si candida al Quirinale non ha la testa a posto e farebbe bene a starsene a casa. Rosy Bindi.
Non so come sarà l’Europa senza la Merkel, ma certamente non sarà migliore. La sua politica è stata in generale molto positiva anche per la Polonia. Lech Walesa. (Elisabetta Rosaspina). Corsera.
La pandemia ci ha insegnato che anche nel terzo millennio siamo vulnerabili, proprio come lo eravamo secoli fa. Ilaria Capua: “La meraviglia è la trasformazione”. Mondadori.
La natura non ci è né madre né matrigna: alla natura, di noi, non importa nulla, ci considera animali. Direttrice del Centro di Eccellenza One Health dell’Università della Florida.

Se in Italia un governo scaduto da mesi e ribaltato dal voto degli elettori avesse preannunciato interventi straordinari per far fronte alla quarta ondata di Covid, ci troveremmo in uno psicodramma. Il governo uscente ma non ancora uscito verrebbe accusato di velleità golpiste e si esorterebbero i vincitori, impegnati in trattative estenuanti, a smetterla con il «teatrino della politica» e a «fare presto». Eppure, è esattamente ciò che è accaduto ieri nella Germania di Scholz, dove però a governare è ancora la Merkel, senza che nessuno vi abbia trovato niente da dire e tantomeno da ridire. Massimo Gramellini. Corsera.
Dopo tre anni, i cambiamenti radicali riguardano Fratelli d’Italia, che era a neppure il 5% e ora è al 19%, e i 5 stelle che dal 30% hanno dimezzato i loro potenziali consensi. Lo schieramento di centrodestra è ancora primo al 47%, con Fratelli d’Italia che controbilancia la discesa di Forza Italia e in parte anche della stessa Lega. Paolo Natale, politologo di Ipsos. (Alessandra Ricciardiì). ItaliaOggi.

Tick Tick Tick. C’è ormai qualcosa di strutturale in questo Transatlantico deserto (ad un certo punto compare la deputata di FI Lorena Milanato: ma dev’essere un’allucinazione). Le notizie delle ultime settimane spiegano molto: Enrico Letta e Giuseppe Conte vanno a pranzo in un ristorante del centro; Luigi Di Maio e Giancarlo Giorgetti ragionano di Quirinale e di Rai in una pizzeria su via Flaminia; Matteo Salvini e Giorgia Meloni accettano l’invito del Cavaliere, nella sua villa sull’Appia Antica; un pezzo di centrosinistra si precipita al compleanno di Goffredo Bettini: strepitosa dimostrazione di autorevolezza, glamour assoluto, la bicchierata organizzata in periferia nel villino del suo storico autista, polpette al sugo anche per Gianni Letta e Carlo Fuortes. Così succede che il Transatlantico riapra: e che tu senta il rumore dei tuoi tacchi. Tick Tick Tick. Telefonare al giornale. Ed essere sinceri: no, ragazzi, oggi qui a Montecitorio non c’è pezzo. Fabrizio Roncone. Corsera.

Era un tipo strano, Mauro De Mauro. Un atipico, un cane sciolto, un bastardo senza branco. Era del 1921, da giovane era stato fascista, fascistissimo, al punto da arruolarsi nella Decima Mas del principe Junio Valerio Borghese, corpo di élite, incursori della Marina che nella repubblica di Salò si sarebbero distinti per durezza e crudeltà nei rastrellamenti antipartigiani. De Mauro si fa le ossa scrivendo per “La Cambusa”, il bollettino dell’ufficio stampa e propaganda della Decima. Ma forse non si limita a scrivere: a fine guerra lo accusano di essere coinvolto nella strage delle Fosse Ardeatine, di aver ucciso personalmente degli ostaggi. Viene arrestato dagli americani, messo in un campo di concentramento per collaborazionisti dal quale evade: finirà a Napoli a vivere sotto falso nome. La condanna in primo grado – in contumacia – nel 1946 si tramuta però in assoluzione “per insufficienza di prove” in Assise nel 1948, poi confermata dalla Cassazione nel ’49. De Mauro ora è un uomo libero, ma è meglio cambiare aria: va in Sicilia, il posto più lontano dall’Italia restando in Italia. Mauro De Muro, fatto scomparire dalla mafia. Maurizio Pilotti. Libertà.

Del Sessantotto, Giussani, Carrón, Scola e in genere Cl hanno sempre avuto un giudizio positivo, almeno sugli inizi. Il grande errore fu quando una parte della ribellione giovanile abbracciò il cadavere ormai putrefatto del marxismo. Ricordo don Giussani all’università di Torino, nel 1985, mettere in guardia le matricole dalla tentazione del comunismo; ma eravamo ragazzi cresciuti al tempo della febbre del sabato sera e del campionato di calcio più bello del mondo, e avevamo tutt’altro per la testa. Carrón ha avuto anche il merito di prendere le distanze dalla politica. Vedremo ora chi sarà il suo successore, e cosa saprà fare. Aldo Cazzullo. Corsera.
Gli anni ’70 furono turbolenti. Dall’esterno penetravano nel Palazzo i bagliori del clima surriscaldato. Il ’68, che fu un fenomeno mondiale, in Italia degenerò in crimine, prolungandosi per ragioni mai chiarite. Fu più ideologia che malessere sociale. Mentre il rumore di fondo era la violenza di sinistra, uno o due morti a cadenza quotidiana, scoppiava a intervalli lo stragismo neofascista inaugurato dalle bombe milanesi di Piazza Fontana (12 dicembre 1969). La paternità di questi eccidi rimane però controversa. Per alcuni, gli estremisti di destra furono affiancati da apparati pubblici, i servizi segreti, e si parlò di stragi di Stato. Giancarlo Perna: “Ring”. Guerini e Associati.
Mio padre faceva la bella vita perché poteva permetterselo. Era uno dei veronesi più facoltosi. Girava su un’Aprilia guidata dallo chauffeur e aveva tre donne di servizio. Dal conte Perez acquistò una villa del 1700 chiamata Castello di Piovezzano, dove abito tuttora. Aveva cominciato come commesso alla merceria La Ruota, in piazza Erbe. Divenne agente del Lanificio Rossi e vinse gli appalti del Regio esercito per le forniture militari, dalle coperte alle gavette delle Smalterie di Bassano. Vittorio Nalin, imprenditore alberghiero. Stefano Lorenzetto. L’Arena.
Il pudore non è frutto della virtù ma dell’ipocrisia. Roberto Gervaso.