Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  novembre 24 Mercoledì calendario

Edoardo De Angelis e il rapporto tormentato con "Lella"

Il cravattaro. I romani l’hanno sempre creduto un usuraio. “Invece, nella mia immaginazione, il marito dell’uccisa vendeva davvero cravatte. Un ricco commerciante. Un giorno, in bus su via del Tritone, vidi l’insegna di quel negozio e mi venne l’ispirazione”, rivela Edoardo De Angelis. Non un fattaccio di cronaca, ma un “racconto popolare, un tributo a Pasolini o a Gadda. Non esisteva nessun signor Proietti tradito né, fortunatamente, un assassino della moglie”. Ma da mezzo secolo De Angelis convive con il fantasma di Lella, ammazzata da un amante abbandonato. A cantarla alla vigilia della Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne, dati delle breaking news alla mano (un femminicidio ogni tre giorni in Italia nel 2021), c’è da alzare la voce per le vere vittime della subumana bestialità, salvaguardando la suggestione di una narrazione musicale che tutti hanno intonato con noncuranza, dalle scolaresche in gita fino ai calciatori. “Né io né Stelio Gicca Palli, con me autore della ballata, aderimmo al punto di vista dell’assassino, anche se alcuni lo hanno pensato. Non poteva esservi connivenza o comprensione per un simile atto criminale”. Lella è il cuore di un lavoro discografico, con i proventi da destinarsi alla Casa delle Donne, che propone quattro versioni del brano: quello di De Angelis in un nuovo arrangiamento (“stavolta emerge l’amarezza della confessione”); una esecuzione corale con Cristicchi, Cammariere, Tosca, Antonella Ruggiero, Tosca, Ilaria Spada, Barbarossa, Marcoré, Locasciulli; un’attualizzazione del rapper Tommaso Piotta Zanello, infine un “sequel” della storia per mano di Vincenzo Donnamaria, dove il killer torna in scena dopo aver scontato la pena in carcere, perché il suo confidente aveva parlato con la polizia: “Cor core come un cencio ce sei annato/ Ma l’hai voluto di’ solo ar tenente/ Nun hai potuto di’ nun faccio gnente/ Trent’anni nun so’ pochi, nun se sfugge/ E l’ho voluti fa’ tutti d’un fiato/ Sapendo ch’era er minimo de legge …/Ma er debbito nun è che s’è sardato”, vuole il testo di “Lella 50”. Nel cd anche estratti letterari ad hoc, da Tolstoj a Kundera passando per PPP e Flaiano con le voci di Haber, Gioè, Benvenuti, Sena fino a Dacia Maraini che legge pagine del suo Corpo Felice. Il materiale di Lella per sempre verrà presentato domani sera al MAXXI di Roma con molti degli artisti coinvolti. “Siamo di fronte a una assuefazione al massacro delle donne”, riflette De Angelis. “Accadono quotidianamente cose inaccettabili, che non possono essere giustificate da disagi sociali o familiari”. Anche lui, nel rischio di essere frainteso, a un certo punto aveva preso le distanze dalla propria canzone. “Non me la sentivo di proporla dal vivo, ma il pubblico me la chiedeva. Così la facevo seguire da un altro mio pezzo, Non ammazzate Anna”. Eppure, in 50 anni, Lella è stata miccia per la consapevolezza collettiva più che ritornello da falò sulla spiaggia. Di avventure ne ha vissute, il personaggio, assieme a Edoardo & Stelio, ex-compagni di scuola che in quel 1971 si erano appena iscritti all’università. “Il debutto fu un disastro, in un locale di via Boncompagni gestito da un avvocato che abitava nel mio palazzo. Io e Gicca Palli eravamo dilettanti, non pensavamo a una carriera da cantautori. Però qualcuno ci notò per un provino alla RCA”. Arrivò subito il contratto. “Ci catapultarono dentro il Cantagiro-Cantamondo. Sin dalla prima tappa, a Montesano Terme, proponemmo Lella, con le chitarre un tono sotto all’orchestra… Ma la sfangammo, arrivando alla finale dei giovani. E lì”, ricorda De Angelis, “il colpo di scena. C’era la diretta tv, ma la Rai aveva deciso di censurarci. Fummo costretti, in extremis, a eseguire un’altra nostra cosa, di tutt’altro tenore, intitolata Eva. Tre mesi dopo, abbattuto il veto, la rilettura dei Vianella rese famosa Lella”. E i tempi leggendari del Folkstudio? “Al vernissage in via Garibaldi ci fu un applauso scrosciante del pubblico, che era scarso ma giudicante. Si alzò un ragazzo: ‘Ahò, ma che cazzo battete le mani? Non mi pare un pezzo abbastanza politico!’. Era Ernesto Bassignano”. Poi negli anni Ottanta: “Concerto a Formia, si riparte in auto verso sud. Ci ferma la stradale. L’agente mi fa aprire il bagagliaio, gli mostro l’astuccio con la chitarra. Lui estrae la penna dallo stivale: ‘È lei che canta Lella? Anch’io suono, mi scriva gli accordi sul libretto’. Non ci multò”.